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Matteo Nasini Foto Profilo

Matteo Nasini - Foto Profilo

 

MATTEO NASINI - Unfinished Nights - per l'Hotel Byron di Forte dei marmi

Il progetto espositivo realizzato dall'artista Matteo Nasini a cura di Beatrice Audrito.

Unfinished Nights è il progetto espositivo realizzato dall'artista Matteo Nasini per l'Hotel Byron di Forte dei marmi, a cura di Beatrice Audrito. Il progetto si sviluppa tra la Project Room e il giardino dell'hotel presentando il lavoro di ricerca condotto in questi anni dall'artista romano, vincitore del Talent Prize 2016, nel tentativo di gettare un ponte tra arte e musica. Un'indagine profonda e sistematica sulla materia sonora, poi tradotta da Nasini in materia scultorea.

Nella splendida cornice dell'hotel Byron, un ambiente unico dove l'arte contemporanea trova posto come in una dimora privata, Unfinished Nights riunisce sculture e installazioni realizzate nei materiali più disparati, presentando anche un intervento site-specific progettato dall'artista per il giardino dell'hotel dando forma ad un arcobaleno tessile che unisce i pini marittimi in un abbraccio infinito.

Partendo dallo studio del suono, Matteo Nasini -musicista di formazione ed ex membro dell'orchestra di Riccardo Muti- si serve del medium visivo per dare forma ad esperienze e contenuti immateriali come il mondo della musica. Da questo approccio ne deriva un universo insolito di forme e colori, molto vicino al mondo onirico, dal quale emerge sempre un unico modus operandi, una vera e propria metodologia processuale rintracciabile nelle performance come nelle sculture o nei lavori tessili.

In mostra all'hotel Byron anche le sculture del progetto Sparkling Matter, vincitore del Talent Prize 2016: il risultato di una complessa indagine tra suono, tecnologie applicate alla scultura e neuroscienze con la quale l'artista dà forma al mondo dei sogni registrando, tramite degli elettrodi, l'attività onirica di una persona addormentata per poi tradurne gli input in forma tridimensionale creando affascinanti sculture in porcellana, la forma dei nostri sogni.

Il progetto Sparkling Matter, presentato nel 2017 al Museo MACRO e alla Galleria Nazionale di Roma per poi approdare a Venezia, a Palazzo Fortuny, durante la 57° Biennale d’arte, è da poco stato esposto al Museum of Royal Worcester (Worcester, UK).

 Matteo Nasini - Nota Biografica

Matteo Nasini nasce a Roma nel 1976, dove attualmente vive e lavora. Dopo essersi laureato al Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, intraprende la carriera musicale come contrabbassista. Dal 2003 al 2008, Nasini è membro dell’orchestra Luigi Cherubini, diretta da Riccardo Muti. Durante questo periodo, collabora con numerosi direttori d’orchestra come Kurt Masur, Jurij Temirkanov, Rudolf Barshai, Krisztof Penderecki, Jonathan Webb e Placido Domingo. Partendo dallo studio del suono, la ricerca artistica di Matteo Nasini si traduce in un’indagine profonda delle qualità della materia sonora, poi espressa e tradotta in performance o in materia scultorea. 

Le ricerche di Matteo Nasini sono state esposte in diverse occasioni, in istituzioni pubbliche e private. Tra le mostre e i progetti più importanti, il progetto Sparkling Matter: il risultato di una complessa e sistematica indagine ancora attuale tra suono, tecnologie applicate alla scultura e neuroscienze, vincitore del Talent Prize 2016 e poi presentato al Museo MACRO di Roma nel 2017. Il progetto è esposto per la prima volta nella primavera del 2016 presso gli spazi di Marsèlleria di Milano e New York e della galleria Clima di Milano e, nel 2017, presso la Galleria Nazionale di Roma, per poi approdare a Palazzo Fortuny, durante la 57° Biennale d’arte di Venezia. La mostra Il Giardino Perduto, presentata nel 2017 presso gli spazi del Centro d’Arte Damien Leclere di Marsiglia e poi alla galleria Operativa di Roma. Nel 2018, la mostra personale Neolithic Sunshine, che presentava una ricerca sulle origini del suono in età preistorica e sulle armonie estinte condotta in collaborazione con il Museo di Storia Naturale di Verona, presentata al Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro e poi alla galleria Clima di Milano e all’Auditorium Parco della Musica di Roma, dove si è svolta anche una performance musicale realizzata con le sculture sonore. Quest'anno la mostra The Precious Clay, al Museum of Royal Worcester (Worcester).

Altre esposizioni: Galleria Fluxia (Milano), Museo MAXXI (Roma), Nomas Foundation (Roma), Auditorio Parco della Musica di Roma, Museo Villa Croce (Genova), Villa Romana (Firenze), Orto Botanico di Palermo, EDF Foundation - Paris La Defance (Parigi), Espace Le Carré - Palais Beaux-Art (Lille), spazio La Panacée e ICC (Montpellier), Hammer Museum (Los Angeles).

 

MATTEO NASINI

Unfinished Nights

A cura di:

Beatrice Audrito

Dal 5 al 30 luglio 2019

HOTEL BYRON, Forte dei Marmi

Con il supporto di:

Galleria Clima

Inaugurazione:

venerdì 5 luglio 2019, ore 19:00

 

 

 

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Aldo Rota, Energy of Space per celebrare la ricorrenza lo storico sbarco dell’uomo sulla Luna nel 1969

Una mostra ideata da Erica Tamborini allestita nelle Club SEA Lounges Terminal 1 dell’Aeroporto di Milano Malpensa. 

Martedì 16 luglio 2019, alle ore 11.00, in occasione delle celebrazioni dello storico sbarco dell’uomo sulla Luna nel 1969, inaugurerà la mostra monografica
del pittore Aldo Rota dal titolo Aldo Rota, Energy of Space visibile dal 27 giugno al 30 novembre 2019. Una mostra ideata da Erica Tamborini allestita nelle Club SEA Lounges del Terminal 1 dell’Aeroporto di Milano Malpensa, un luogo che si impone sempre più come polo culturale in grado di coniugare istanze territoriali e internazionali.
I viaggiatori, in transito presso lo scalo aeroportuale, saranno accolti fino al 30 novembre da questa mostra che propone una serie dipinti selezionati dai reiterati
cicli che, negli ultimi anni, il maestro Aldo Rota ha dedicato all’astro sidereo.

Sono trenta opere pittoriche del Maestro, realizzate fra il 2015 e il 2019, distribuite nelle sale vip dell’aeroporto.

“Si tratta di intense ed emozionanti pitture che – spiega Erica Tamborini – sono costituite da tele di straordinario impatto visivo in virtù delle loro elaborate cromie in cui l’iconografia lunare si fa pretesto per la realizzazione di una splendida action painting dove astrazione e figurazione si fondono generando inattesi testi pittorici di indubbia valenza estetica”. Sono quadri “astratti” e “materici”, “figurativi e non-figurativi” di grande suggestione, in merito a cui dichiara ancora Tamborini: “Realizzati con pigmenti puri, trattano il tema della Luna attraverso un susseguirsi di immagini, di impronte e rilievi che conferiscono all’astro sidereo un carisma particolare ora declinato in un valore simbolico, ora in un sogno, ora piuttosto in un’allusiva restituzione naturalistica, se non in una proiezione scientifica richiamante sottotraccia i precedenti studi leonardeschi sul tema”.

L’evento che alle ore 11.00 del 16 luglio inaugurerà ufficialmente la mostra si propone come uno ‘happening’ che coniuga l’eccezionale concomitanza di due
celebrazioni: il cinquantesimo anniversario dello storico allunaggio di Apollo 11 e la ricorrenza dei cinquecento anni della scomparsa di Leonardo da Vinci.
L’evento sarà scandito da più momenti: istituzionali, culturali, ma anche artisticoperformativi.
Una esperienza sinestetica che, nella concezione di Erica Tamborini, ideatrice e curatrice della manifestazione, si attua attraverso l’incontro delle “Lune” dipinte da Aldo Rota con un brano musicale inedito, realizzato come colonna sonora per questa occasione da Dario Baldan Bembo.
Per questo, è stato coinvolto il noto cantautore de L’amico è, sigla del memorabile Superflash di Mike Buongiorno, e di musiche indimenticabili interpretate da artisti assai noti come Mia Martini, Renato Zero, Mina.
Nel corso dell’inaugurazione, il maestro Aldo Rota presenterà un nuovo dipinto, realizzato per l’occasione: un grande trittico che da una parte condensa le sue
ricerche pittoriche coronando la serie Above us dedicata alla Luna, dall’altra è un omaggio a Leonardo e alla sua Ultima cena di Santa Maria delle Grazie, a Milano.

Sarà presente Dario Baldan Bembo che, per parte sua, proporrà il brano musicale inedito realizzato per Malpensa, che dà voce alla Luna attribuendole una
commovente personificazione. Si tratta di una composizione classica richiamante i suoi brani più mistici ed eterei, da Aria a Soleado, da Gabbiani ad alcuni brani
contenuti dell’album Spirito della Terra, facendo rivivere l’emozione e lo stupore che hanno accompagnato la sua carriera.
Infine, sarà presentato un video d’autore come sintesi visiva che, unendo le immagini di Rota, la musica di Baldan Bembo, con le immagini e la voce che hanno annunciato in mondovisione lo sbarco sulla Luna del 1969, insisterà sul valore della comunicazione che ha giocato allora un ruolo cruciale nel veicolare nell’immaginario collettivo questo avanzamento scientifico. Il video di Erica Tamborini è stato realizzato appositamente per rendere esplicita la poetica che disciplina la manifestazione e proporre per immagini il senso dell’evento. L’idea di questo video è quella di dare piena visibilità a questo accadimento sinestetico in cui arte, musica, storia offriranno, nel misurarsi con la contemporaneità, un’inedita riflessione sulla percezione visiva come atto conoscitivo e al tempo stesso come inatteso e spaesante svelamento di un altro vedere attraverso l’incontro con l’arte. Un vedere oltre ogni possibile vedere.
Durante il vernissage si brinderà con “Apollo 11”, il liquore-aperitivo originale del 20 luglio 1969, creato da Piero Pirola il giorno stesso in cui il primo uomo è
sbarcato sulla Luna.

Vernissage:
16 luglio 2019, ore 11.00
presso la Sala Albinoni
Arrivi, Aeroporto di Milano Malpensa, Terminal 1
INGRESSO LIBERO

Per l’occasione Parcheggio riservato - piano arrivi adiacente alla porta 1
(prima sbarra sulla destra).

La mostra, allestita nelle Club SEA Lounges dell’aeroporto rimarrà aperta dal 27 giugno al 30 novembre 2019
Per Info
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+39 366 3488261
www.ericatamborini.com

 

 

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Helen Cammock in mostra alla Whitechapel Gallery

Helen Cammock, finalista del Turner Prize e vincitrice del Max Mara Art Prize for Women, presenta la sua nuova opera alla Whitechapel Gallery

"Che si può fare" Max Mara Art Prize for Women: Helen Cammock (nata nel 1970 nel Regno Unito), settima vincitrice del Max Mara Art Prize for Women, presenta la sua nuova mostra alla Whitechapel Gallery dal 25 giugno al 1 settembre.

Dopo la sua presentazione presso la Whitechapel GalleryChe si può fare sarà esposto alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia (13 ottobre 2019 – 16 febbraio 2020).

Nella sua opera si intrecciano la narrativa femminile incentrata sulla perdita e sulla resilienza con la musica barocca composta da musiciste del Seicento. Cammock espone un film, una serie di incisioni su vinile e un fregio serigrafato che esplorano il concetto del lamento nella vita delle donne attraverso storie e geografie. La mostra è il risultato di una residenza di sei mesi in Italia nel 2018, organizzata da Max Mara, Whitechapel Gallery e Collezione Maramotti, e ideata a misura dell’artista in quanto vincitrice del prestigioso premio biennale. Nel suo percorso, che l’ha portata a fare tappa a Bologna, Firenze, Venezia, Roma, Palermo e Reggio Emilia, Cammock ha deciso di esplorare l’espressione del lamento e riscoprire voci femminili nascoste. Nel corso della residenza storici, musicisti, artisti e cantanti hanno aperto i loro archivi e condiviso narrazioni e ricerche.

Il video in tre parti che è al cuore della mostra consiste in interviste con alcune delle donne che Cammock ha incontrato nel suo viaggio, tra cui attiviste nel sociale, migranti, rifugiate, un’appartenente a un ordine religioso, una suora cattolica e donne che hanno combattuto la dittatura. L’opera rievoca il potere delle voci femminili dall’epoca del Barocco all’Italia di oggi.

Le loro testimonianze sono intercalate con brani musicali e filmati girati in Italia in un complesso collage visivo e orale. Tre stampe dai colori saturi rappresentano musica e voce mediante disegni al tratto e un fregio dipinto di sei metri di lunghezza contiene immagini e parole legate alle donne che Cammock ha incontrato in Italia. Che si può fare riprende il titolo di un lamento preoperistico risalente al 1664 della compositrice italiana Barbara Strozzi (1619- 1677).

Cammock ha preso lezioni di canto lirico per imparare quest’aria e si è esercitata nel corso di tutta la sua residenza. La musica è un elemento ricorrente nella nuova opera video e nella performance dal vivo. Sono previste due repliche della performance nel periodo di apertura della mostra, durante le quali Cammock eseguirà la musica di Strozzi accompagnata da una trombettista jazz, facendo così rivivere l’eredità della compositrice attraverso la sua voce. La musica della coeva musicista italiana Francesca Caccini (1587- 1641) viene incorporata nella performance come colonna sonora ad accompagnare la parte di movimento. Strozzi e Caccini erano famose presso i loro contemporanei ma ben presto i loro nomi sono caduti nell’oblio e soltanto ora le loro composizioni vengono riprese ed eseguite ancora una volta. Poetessa visiva i cui disegni, stampe, fotografie e filmati si affiancano a parole e immagini, Cammock nella sua pratica artistica multimediale abbraccia testo, fotografia, video, canzone, performance e incisione, ed è determinata dal suo impegno a mettere in discussione le narrative storiche tradizionali sull’identità dei neri, delle donne, sulla ricchezza, sul potere, la povertà e la vulnerabilità.

L’artista attinge dalla sua stessa esperienza personale, insieme ai riferimenti alle storie di oppressione e resistenza, incorporando influenze provenienti da jazz, blues, poesia e danza, oltre alle parole di altri scrittori, tra cui James Baldwin, Maya Angelou e Audre Lorde. Cammock scava e riporta in superficie voci perdute, inascoltate o sepolte. Per l’artista, la musica – da Nina Simone e Alice Coltrane alla seicentesca musica preoperistica italiana – consente di perseguire questa ricerca che esplora la complessità del concetto di storia. Il Max Mara Art Prize for Women nasce da una collaborazione tra la Whitechapel Gallery, Max Mara e la Collezione Maramotti. Istituito nel 2005, il Premio, che ha cadenza biennale, intende sostenere artiste che vivono e lavorano nel Regno Unito e a cui non è ancora stata dedicata un’importante mostra personale. Il Premio, noto per aver contribuito al lancio di importanti artiste, è l’unico riconoscimento per le arti visive nel Regno Unito con queste finalità. Le vincitrici delle edizioni precedenti sono Emma Hart, Corin Sworn, Laure Prouvost, Andrea Büttner, Hannah Rickards e Margaret Salmon.

La giuria del settimo Max Mara Art Prize for Women è stata presieduta da Iwona Blazwick OBE, direttrice della Whitechapel Gallery, e composta da Vanessa Carlos, gallerista, Carlos/Ishikawa, Londra; Laure Prouvost, artista e già vincitrice del Premio; Marcelle Joseph, collezionista, e Rachel Spence, critica d’arte. Dopo la sua presentazione presso la Whitechapel Gallery, Che si può fare sarà esposto, con alcuni nuovi elementi, alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia (13 ottobre 2019 – 16 febbraio 2020).

 

 

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"Regno Sottile" di Giulia Manfredi al Museo Francesco Messina di Milano

Cramum con la mostra "Regno Sottile" trasforma il Museo Francesco Messina in una serra-giardino in cui le opere d'arte vivono e crescono.

Il 26 giugno lo Studio Museo Francesco Messina e Cramum presentano Regno sottile, mostra personale di Giulia Manfredi a cura di Sabino Maria Frassà. La mostra completa il percorso di Giulia Manfredi con il Premio Cramum, vinto dall'artista nel 2017.
Con Regno Sottile l'artista trasforma il Museo in una serra e in un giardino all'italiana - fatto di marmo e piante - e riflette sul rapporto uomo-natura e vita-morte. Saranno infatti presentate fino al 19 luglio per la prima volta le "opere vive" di Giulia Manfredi, in cui la crescita delle piante nel marmo è parte integrante delle opere, che si trasformano e crescono come in una serra con il passare del tempo; la mostra è infatti completata da sistema di irrigazione e luci "rosa" necessarie per la crescita delle piante. 
Con questa mostra, fatta di vita, l'artista ha avuto il coraggio di andare oltre le opere in resina, che tanto successo le hanno portato, non ultima la mostra A room of my own da Ventura Centrale durante la design week 2019.

Come spiega il curatore Sabino Maria Frassà: Regno Sottile non è però una mostra ambientalista, quanto una riflessione sul concetto di "responsabilità umana" e sul tempo che si vive, il Presente, ovvero il regno sottile, così precario e schiacciato tra passato e futuro. Il titolo della mostra, fortemente voluto dall'artista, evoca appunto quella sensazione e idea di transitorietà alla base di tutta la ricerca artistica di Giulia Manfredi. L'artista è del resto fortemente convinta che nulla sia per sempre, anche l'arte, che può solo aspirare a sublimare la finitezza dell'uomo, cercando di lasciare qualcosa di ciò che è stato a chi verrà. Perciò il senso di responsabilità e del mondo che stiamo lasciando ai nostri figli è la vera chiave di lettura da cui partire per comprendere questa mostra in cui opere precedenti realizzate con elementi privi di vita sono affiancate alle nuove "opere vive". Le nuove opere vive sono sculture in marmo che riprendono le geometrie e l'ordine dei giardini all'italiana e al cui interno crescono e si impongono piante. Il regno sottile è perciò quello spazio al contempo di precarietà e di possibilità in cui si colloca la vita di ogni essere umano: un arco temporale limitato in cui ognuno di noi - più o meno consapevolmente - agirà e lascerà traccia. Per quanto piccoli noi esseri umani, più delle altre forme di vita, abbiamo la possibilità di "determinare" il mondo che ci circonda non solo oggi, ma soprattutto domani.

L'artista Giulia Manfredi spiega così la genesi della mostra: "Questa mostra e e le opere in essa contenute hanno avuto un lunghissimo tempo di gestazione, perché volevo creare arte con la vita, volevo qualcosa che potesse crescere e modificarsi nel tempo all'interno di strutture "rigide", ordinate e predefinite. Le nuove opere - "Still waters run deep" e "Geomanzia" - riprendono la logica e le geometrie dei giardini all'italiana. In particolare mi affascina l'idea alla base della progettazione di queste realtà ci sia una sorta di diagramma magico che prevedeva il posizionamento delle piante in determinati contesti geometrici per convogliare energie astrali e sfruttarne le proprietà. Ogni segmento del giardino era concepito come microcosmo dalla valenza sacra e veniva delimitato per non dissipare gli influssi "magici" che la geometria sacra canalizzava e conteneva. Al centro, a partire dall'hortus conclusus medioevale, si trovava simbolicamente l'acqua. Allo stesso modo l'elemento centrale della mostra è un "fiume" che ha scavato dei solchi in sei blocchi di marmo, ciascuno contenente una ecosistema botanico in miniatura".

Maria Fratelli, direttrice del Museo, conclude riflettendo su come "nulla è più disturbante che far pensare alla morte in tempi in cui nemmeno la saggezza della vecchiaia è un valore. Nell’eterno presente dell’orchestrina del Titanic l’arte delle donne esce dal salone delle feste e getta un velo di tristezza per tutta la bellezza destinata ad affondare. Giulia Manfredi è partita così, intensamente e ostinatamente, con i suoi bonsai privi di vita, raggelati nella resina e le ali di farfalle spillate. Allo Studio Museo Francesco Messina l'artista cerca di ribaltare la prospettiva e ci presenta dubbi e paure in un bosco di speranza".

REGNO SOTTILE 
Mostra di Giulia Manfredi 
a cura di Sabino Maria Frassà
Studio Museo Francesco Messina 
Via San Sisto 4 Milano

Inaugurazione Mercoledì 26 giugno ore 18:00

Ingresso libero dal 27 giugno al 19 luglio
martedì-domenica 10:00 - 18:00

 

 

 

 

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BIENNALE DELL'IMMAGINE IN MOVIMENTO - The Sound of Screens Imploding

Per la prima volta in oltre 30 anni di storia, la Biennale de l’Image en Mouvement lascia la sua sede storica di Ginevra per trasferirsi a Torino alle OGR.

Ieri 20 giugno è stata presentata alla stampa la Biennale de l’Image en Mouvement la quale per la prima volta in oltre 30 anni di storia,lascia la sua sede storica di Ginevra per trasferirsi a Torino. Grazie a un’inedita e articolata collaborazione tra il Centre d’Art Contemporain Genève e le OGR – Officine Grandi Riparazioni di Torino, l’edizione 2018 della Biennale viene riconfigurata e presentata nei suggestivi spazi delle ex officine di Corso Castelfidardo, sotto la guida e curatela di Andrea Lissoni, Senior Curator della Tate Modern di Londra, e di Andrea Bellini, Direttore del Centre d’Art Contemporain Genève. Dal 21 giugno al 29 settembre 2019 si potranno così ammirare le opere di otto artisti internazionali all’interno di un allestimento scenografico realizzato grazie al supporto di Andreas Angelidakis, già architetto della Biennale di Berlino 2014 e di Documenta 2017.

"Nella nostra mission le OGR rappresentano un luogo di sperimentazione della città ma aperto al mondo, un posto in continua evoluzione dove le eccellenze e i talenti si uniscono in nuove idee e progetti. Con questo obiettivo, fin dalla loro apertura di circa due anni fa abbiamo costruito legami e sinergie con istituzioni e operatori locali ed internazionali  – spiega Massimo Lapucci, Direttore Generale di OGR –, siglando partnership importanti come quella che oggi viene presentata con il Centre d'Art Contemporain Genève che non solo ha portato per la prima volta la Biennale dell’Immagine in Movimento fuori dalla sua casa madre, ma che ha anche permesso la co-produzione di alcune opere in mostra e la realizzazione di un catalogo congiunto. Una collaborazione che pone ancora una volta le OGR come un polo di cultura contemporanea internazionale ad ampio spettro dall’arte espositiva e performativa fino all’innovazione e al tech che proprio a partire dalla prossima settimana vede l’apertura del nuovo spazio OGR Tech e l’avvio della Torino Startupweek”.

La Biennale, dal titolo The Sound of Screens Imploding, prende il via dall'idea che l'era della proiezione su schermi stia volgendo al termine per lasciare spazio a nuove e riverberanti realtà, indagando lo stato odierno delle immagini e il loro display espositivo, sottolineando il potenziale sperimentale dei nuovi linguaggi e analizzando quelle che sono le peculiarità che li determinano. L’analisi sull'attualità e sulla politica è messa in scena grazie a una serie di dialoghi tra artisti differenti per poetica e provenienza geografica, ma tutti solidamente radicati nella storia del loro tempo. 

Troviamo così esposti in mostra i lavori di Lawrence Abu Hamdan, Korakrit Arunanondchai & Alex Gvojic, Meriem Bennani, Ian Cheng, Elysia Crampton, Tamara Henderson e Kahlil Joseph. Andreas Angelidakis, oltre a presentare in una nuova forma la sua opera precedentemente esposta a Ginevra, ha realizzato per l’occasione un'installazione ambientale coinvolgente, che ha il compito di mettere in dialogo opere video e architettura attraverso un unico progetto coerente.

La Biennale dell'Immagine in Movimento di Ginevra è l’unica biennale al mondo che presenta solo ed esclusivamente opere inedite, commissionate e prodotte nel contesto della mostra. Nel 2018 lo sforzo organizzativo ed economico di un evento così complesso e ambizioso è stato possibile grazie alla collaborazione tra l’istituzione ginevrina e quella torinese, che hanno co-prodotto alcune delle opere in mostra – in particolare quelle di Meriem Bennani e Tamara Henderson. Il CAC e OGR stanno inoltre lavorando assieme alla realizzazione di un catalogo congiunto edito da Corraini Edizioni, in vendita nei prossimi mesi presso il bookshop delle OGR transliteral shop.

 

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“La Biennale dell'Immagine in Movimento racchiude in sé alcuni aspetti fondanti per le Officine Grandi Riparazioni, che sono state motivo e motore di questa partnership – sottolinea Nicola Ricciardi, Direttore Artistico di OGR – non solo per l'idea di movimento, che è alla base di tutta la nostra programmazione artistica, ma anche e soprattutto per la possibilità di confrontarsi con il medium del video. Dopo aver portato all’interno degli spazi espositivi la performance, la musica e la danza, adesso, sempre mossi dal desiderio di reinterpretare, riadattare e allo stesso tempo di enfatizzare lo spazio architettonico, esploriamo questo nuovo mezzo espressivo, in tutte le sue declinazioni”.

“È stato una bellissima esperienza vedere la Biennale ginevrina trasformarsi negli spazi delle OGR. Devo dire – aggiunge Andrea Bellini, Direttore del Centre d'Art Contemporain Genève – che qui a Torino la mostra è particolarmente potente.  Le Officine Grandi Riparazioni sono un luogo affascinante, gli spazi sono favolosi e -insieme all'allestimento pensato per l'occasione da Andreas Angelidakis-  riescono a dare nuova vita alle opere. Il mio auspicio è che la partnership tra la Biennale e le OGR possa rinnovarsi anche in futuro: adoriamo il luogo, abbiamo amato lavorare con questo team e il risultato finale è straordinario, spero quindi si possa proseguire su questa strada.”

La Biennale dell'Immagine in Movimento è di consueto accompagnata da un calendario di proiezioni capaci di restituire al pubblico uno sguardo complessivo sul progetto: in occasione del suo spostamento a Torino, grazie all'inedita collaborazione tra le OGR e il Museo Nazionale del Cinema, nel mese di settembre verrà presentata una ricca programmazione di film selezionati dai due curatori. Infine, il 28 e 29 settembre, il finissage della Biennale sarà l'occasione per festeggiare il secondo anniversario dalla riapertura delle OGR con una serata di musica e performance organizzata in sinergia con il festival avant-pop Club To Club.

"È particolarmente significativo che il secondo compleanno delle OGR venga festeggiato in concomitanza con la chiusura della Biennale dell'Immagine in Movimento, manifestazione da sempre focalizzata nel dare spazio alla sperimentazione di linguaggi innovativi. – Aggiunge il Presidente delle OGR Fulvio Gianaria – Innovazione è infatti una delle parole chiave attorno alle quali è stata elaborata la mission delle rinate Officine Grandi Riparazioni, con l'obiettivo di renderle concretamente non solo un contenitore di eventi, ma un ecosistema per lo sviluppo e la crescita del capitale culturale, sociale ed economico del territorio. In quasi due anni di apertura le Officine Grandi Riparazioni hanno dimostrato di essere diventate un polo culturale complesso, con un'offerta ampia e di qualità, inclusiva e formativa, capace di parlare a un bacino di persone vasto ed eterogeneo. Uno spazio di aggregazione per tutte le tipologie di pubblico, diverse per formazione e interessi, un luogo aperto alla città e al mondo, dove contenuti unici e discipline differenti trovano sede di produzione e contaminazione culturale in continua trasformazione".