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 THE SZECHWAN TALE China, Theatre and History, INSTALLATION VIEW FM Centro per l’Arte Contemporanea, photo Alessandra Di Consoli

 

The Szechwan Tale. China, Theater and History (Cina, Teatro e Storia)

La mostra si rivolge al contesto cinese, proseguendo la linea d’indagine già tracciata dedicata all’arte dell’Est Europa e all’arte africana.

Fino al 15 luglio 2018 è possibile visitare, presso FM Centro per l’Arte Contemporanea, la mostra The Szechwan Tale. China, Theater and History (Cina, Teatro e Storia), a cura di Marco Scotini, che si rivolge al contesto cinese, proseguendo la linea d’indagine tracciata con le mostre Non-Aligned Modernity, dedicata all’arte dell’Est Europa, e Il Cacciatore Bianco / The White Hunter, sull’arte africana.

Le installazioni della mostra invitano il pubblico alla partecipazione attiva, a mascherarsi per diventare gli attori della mostra: entrando ci si trova in una sorta di backstage o guardaroba di abiti tradizionali cinesi da indossare (l’opera di Michelangelo Pistoletto, Memory Wardrobe, 1968-2017) per poi incontrare pezzi di stage vuoti e da assemblare tra loro, su cui poter salire e esibirsi (l’opera di Céline Condorelli Theatrical Pieces, 2017). I rari materiali documentali sul teatro dell’opera di Pechino e su Bertolt Brecht, con le foto dell’Archivio del Piccolo Teatro, e le molte videoinstallazioni in mostra invitano anch’esse gli spettatori ad immergersi in una serie di storie e ricerche diverse, che delineano un quadro di relazioni tra Oriente e Occidente attraverso i grandi temi del Teatro e della Storia. La mostra è infatti concepita come un meta-teatro in cui più di trenta di artisti internazionali, cinesi e sichuanesi forniscono una decostruzione degli strumenti della macchina teatrale – il pubblico, il sipario, l’attore, i costumi e la scenografia, il testo e la musica – come metafora di altrettanti fenomeni sociali e del loro carattere storico.

Artisti in mostra: Cao Fei, Cornelius Cardew, Chen Zhen, Chia-Wei Hsu, Céline Condorelli, Peter Friedl, Yervant Gianikian & Angela Ricci Lucchi, Piero Gilardi, Dan Graham, Joris Ivens, Jia Zhangke, Joan Jonas, William Kentridge, Lin Yilin, Liu Ding, Mao Tongqiang, Rithy Panh, Michelangelo Pistoletto, Lisl Ponger, Qiu Zhijie, Pedro Reyes, Santiago Sierra, Sun Xun, Marko Tadić, Ulla von Brandenburg, Clemens von Wedemeyer & Maya Schweizer, Wei Minglun, Yang Yuanyuan, Zhang Huan, Zhuang Hui. Mei Lanfang and the Russian Proletarian Theatre (Research Curator Andris Brinkmanis).

 

 

170 invito HOME

 

170 RACCONTI IN BOTTIGLIA

La mostra è realizzata nell’ambito del progetto Curare l’Educazione? ideato da Marcello Smarrelli, direttore artistico della Fondazione Pastificio Cerere 

Martedì 8 maggio, alle ore 19.00, allo Spazio Cerere la Fondazione Pastificio Cerere e la Nando and Elsa Peretti Foundation presentano 170 RACCONTI IN BOTTIGLIA, un progetto ideato e curato da Paolo Marcolongo, scultore, maestro dell’arte orafa padovana e docente presso il Liceo artistico Modigliani di Padova. La mostra è realizzata nell’ambito del progetto Curare l’Educazione? ideato da Marcello Smarrelli, direttore artistico della Fondazione Pastificio Cerere e ha il patrocinio dell’Assessorato delle politiche giovanili del II Municipio di Roma.

In mostra 170 bottiglie che contengono opere in miniatura, realizzate dagli studenti delle classi terze del liceo artistico tra il 2011 e il 2015, per raccontare il lungo viaggio di Claudio Magris in uno dei suoi capolavori, Danubio. 

Dopo le tappe di Padova e Barcellona, le 170 bottiglie - allestite lungo un percorso di oltre 60 metri - saranno esposte dal 9 al 29 maggio 2018 allo Spazio Cerere in una spettacolare installazione.

Gli studenti hanno ripercorso con sorprendente creatività quasi tremila chilometri tra le sorgenti tedesche del fiume fino alla foce nel Mar Nero, riproducendo all’interno di 170 bottiglie altrettante istantanee di vita raccontata da Magris nel suo taccuino di viaggio.

Micro paesaggi fatti di boschi e di case, mondi lillipuziani abitati da contadini e arciduchi, mercanti, poeti e sacrestani, tracce del passato più funesto marchiato dalla svastica e attimi di affettuosa vita domestica. Una fantasmagorica, suggestiva traduzione dalle parole alle immagini tridimensionali realizzate dai ragazzi con le tecniche più diverse e inserite nelle bottiglie, le classiche bordolesi.

“Gli studenti hanno scoperto che Danubio non si limita a raccontare semplici storie del passato, fatte di piccoli gesti quotidiani, ma li mette in contatto con diverse culture, superando ogni tipo di frontiera, politica, sociale, religiosa – spiega Marcolongo – anche il nostro progetto non riguarda soltanto il laboratorio di figurazione, ma abbraccia anche altre materie come lettere, filosofia, storia, architettura e storia dell’arte”.

Le 170 micro installazioni custodite nelle bottiglie sono cariche di significati metaforici: messaggi da affidare all’acqua per viaggiare tra terre remote, un affidarsi al caso nella speranza di un approdo accogliente. Ecco che il Danubio raccontato da Magris e riproposto dal liceo Modigliani può trasmettere un messaggio di alto valore etico ed educativo, quanto mai attuale in quest’epoca di grandi migrazioni.


Durante il periodo di apertura della mostra, nell’ambito di Curare l’educazione?, saranno organizzati laboratori didattici rivolti alle scuole in collaborazione con l'associazione culturale Informadarte.

“170 Racconti in bottiglia” partecipa alla seconda edizione della "Biennale dei Licei artistici italiani", promossa da ReNaLiArt - Rete Nazionale dei Licei Artistici e finanziata MIUR - Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. La manifestazione si terrà a Roma dal 28 Aprile al 3 Giugno 2018 presso il WEGIL e presso il Palazzo del Ministero della Pubblica Istruzione.



 

1968

 

Dreamers. 1968: come eravamo, come saremo

Al Museo di Roma in Trastevere una mostra fotografica  e multimediale in occasione del 50° anniversario del 1968 

In occasione del 50° anniversario del 1968, AGI Agenzia Italia  ricostruisce l’archivio storico di quell’anno, recuperando il patrimonio di tutte le storiche agenzie italiane e internazionali, organizzando questa affascinante mostra fotografica e multimediale che sarà allestita al  Museo di Roma in Trastevere dal 5 maggio al 2 settembre 2018.

La mostra a cura di AGI Agenzia Italia, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale-Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e con il patrocinio del MIUR – Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca è resa possibile dalle numerose fotografie provenienti dall’archivio storico di AGI e completata con gli altrettanto numerosi prestiti messi a disposizione da AAMOD-Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, AFP Agence France-Presse, AGF Agenzia Giornalistica Fotografica, ANSA, AP Associated Press, Marcello Geppetti Media Company, Archivio Riccardi, Contrasto, Archivio Storico della Biennale di Venezia, LUZ, Associazione Archivio Storico Olivetti, RAI-RAI TECHE, Corriere della Sera, Il Messaggero, La Stampa, l’Espresso. I servizi museali sono di Zètema Progetto Cultura.

L’iniziativa nasce da un’idea di Riccardo Luna, direttore AGI e curata a quattro mani con Marco Pratellesi, condirettore dell’agenzia, e intende delineare un vero e proprio percorso nell’Italia del periodo: un racconto per immagini e video del Paese di quegli anni per rivivere, ricordare e ristudiare quella storia. Come scrive Riccardo Luna nel testo del catalogo dell’esposizione: “Questa non è una mostra sul passato ma sul futuro. Sul futuro che sognava l’ultima generazione che non ha avuto paura di cambiare tutto per rendere il mondo migliore. Che si è emozionata e mobilitata per guerre lontane; che ha sentito come proprie ingiustizie subite da altri; che ha fatto errori, certo, ha sbagliato, si è illusa, è caduta, ma ha creduto, o meglio, ha capito che la vera felicità non può essere solo un fatto individuale ma collettivo, perché se il tuo vicino soffre non puoi non soffrire anche tu. Nessuno si salva da solo.

Quello che ci ha colpito costruendo questa mostra, sfogliando le migliaia di foto che decine di agenzie e archivi ci hanno messo a disposizione con una generosità davvero stupefacente, come se tutti sentissero il dovere di contribuire alla ricostruzione di una storia che riguarda i nostri figli molto più che i nostri genitori; quello che ci ha colpito sono gli sguardi dei protagonisti, l’energia dei loro gesti, le parole nuove che usavano”.

Da qui, AGI ha ricreato un archivio storico quanto più completo del ’68 attraverso le immagini simbolo dell’epoca. Non solo occupazioni e studenti, ma anche e soprattutto la dolce vita, la vittoria dei campionati europei di calcio e le altre imprese sportive, il cinema, la vita quotidiana, la musica, la tecnologia e la moda.

Un viaggio nel tempo fra 171 immagini, tra le quali più di 60 inedite; 19 archivi setacciati in Italia e all’estero; 15 filmati originali che ricostruiscono più di 210 minuti della nostra storia di cui 12 minuti inediti; 40 prime pagine di quotidiani e riviste riprese dalle più importanti testate nazionali; e inoltre una ricercata selezione di memorabilia: un juke boxe, un ciclostile, una macchina da scrivere Valentine, la Coppa originale vinta dalla Nazionale italiana ai Campionati Europei, la maglia della nazionale italiana indossata da Tarcisio Burgnich durante la finale con la Jugoslavia, la fiaccola delle Olimpiadi di Città del Messico.

Tutti questi temi verranno raccontati attraverso la cronaca, gli usi, i costumi e le tradizioni in diverse sezioni tematiche, dando vita e facendo immergere il pubblico in questo lungo e intenso racconto nell’Italia del ’68.

 

Kerstin Brätsch. Ruine KAYA KOVO

 

Kerstin Brätsch. Ruine KAYA KOVO

La Fondazione Memmo presenta Kerstin Brätsch_Ruine / KAYA_KOVO presso le Scuderie di Palazzo Ruspoli. 

La Fondazione Memmo presenta Kerstin Brätsch_Ruine / KAYA_KOVO presso le Scuderie di Palazzo Ruspoli.

La mostra a cura di Francesco Stocchi, sarà aperta al pubblico da venerdì 4 maggio a domenica 11 novembre 2018. Come suggerito dal duplice titolo, la mostra è articolata in due sezioni distinte: la Casa e la Stalla. Nella Casa, spazio principale della Fondazione, Ruine presenta la pratica individuale di Kerstin Brätsch; KOVO occupa invece lo spazio più raccolto della Stalla e propone il lavoro di KAYA, il progetto collaborativo di Brätsch e Debo Eilers.

La mostra, il cui titolo è mutuato dall’espressione tedesca Ruine – ruin in inglese, rovina in italiano – testimonia la volontà ormai consolidata di Brätsch di espandere e destabilizzare il linguaggio pittorico. Tale approccio comporta continue collaborazioni con artigiani, al fine di interrogare e mettere in crisi la nozione di soggettività storicamente attribuita alla figura del pittore. Un corpo inedito di marbling paintings [Psychopompo] della serie in corso Unstable Talismanic Rendering, realizzata con Dirk Lange maestro tedesco della marmorizzazione, sarà esposto al fianco di nuovi lavori in stuccomarmo creati in collaborazione con l’artigiano romano Walter Cipriani.

Nell’insieme, l’allestimento degli spazi e delle opere restituisce la suggestione di un sito antico, una rovina catturata in bilico tra decadenza e ricostruzione, uno spazio di transizione liminale e visionario. Nei marbling paintings Brätsch fa gocciolare inchiostri e solventi su una superficie liquida per creare un motivo, che successivamente si deposita su di un foglio di carta. Il lavoro è il risultato di una collaborazione a quattro mani – quelle dell’artigiano e quelle dell’artista – ma che impiega anche la forza di gravità, la repulsione, l’adesione. Gli elementi non strettamente legati all’intervento dell’uomo lavorano ora a favore, ora contro le scelte dell’artista, offuscandone gli istinti.

Ciascuna marmorizzazione, creata appositamente per _Ruine, funziona come un talismano, una macro-proiezione sulla meccanica dell’ignoto. Il secondo corpus di lavori di Brätsch presenta l’uso dello stucco (scagliola), una forma di intonaco importata nel XVI secolo dalla Baviera come tecnica imitativa del marmo e di altre pietre rare. Tale trattamento unifica ed estende la logica della materia stabilita nelle precedenti serie, in particolare le antiche vetrerie che contengono porzioni di pietre d'agata, e le marmorizzazioni che imitano i fenomeni geologici miasmatici. Le lastre di pietra artificiale di Brätsch restituiscono l’apparenza degli oggetti che imitano, ottenendo un effetto di mimetismo marmoreo. Questa inversione temporale riflette l’indagine di Brätsch sulla soggettività della pittura, intesa come fenomeno composito e non lineare. La produzione degli stucchi, tuttavia, è in apparente contrasto con il processo creativo che caratterizza i marbling paintings – che prevedono il gocciolamento, l’intervento del caso e il flusso acquoso – presentandosi come un processo resistente e scultoreo, in cui la modellazione a mano sostituisce il segno fluido del pennello.

Lo stucco pertanto potrebbe essere letto come una goccia marmorizzata, materializzata e appiattita. La firma di Kerstin Brätsch si configura come un sottotesto: soprannominata Brätschwurst (in riferimento alla salsiccia tedesca di Bratwurst) la distorsione e la materializzazione del proprio nome fornisce un indizio sulle manipolazioni materiche dell’artista, creando forme simili a "salsicce", che vengono in seguito pressate in strati piatti. Con il titolo Fossil Psychic, i colori vivaci degli stucchi evocano mostri prescientifici; frammenti di serie passate e future si dividono in ossa, parti del corpo e amuleti rituali ma resistono all'erosione persistendo come rocce, dipinti intrappolati in un’età della pietra. Le opere sembrano prefigurare un “wurst-case scenario” 1 , la comparsa tormentata e insieme magica di un’energia proveniente da uno dei più elementari materiali viventi, il minerale, che si esprime con un alfabeto di gesti pre-verbali, un linguaggio depositato sotto la superficie. Nell’ambito della residenza della Fondazione Memmo, il collettivo KAYA trascorrerà un mese lavorando presso la sede della fondazione per creare un intervento in-situ: _KOVO. Per questa iterazione, il collettivo KAYA – che può essere immaginato come una violenta collisione tra pittura e scultura – presenta una serie di lampade e pelli KAYA. KOVO – covo in Italiano, cave in inglese – è anche un termine che indica un ibrido uomo-mucca (man-cow).

Questa collisione offre la cifra del processo creativo di Brätsch e Eilers: i dipinti di KAYA sono per metà umani, evocando spettri di animismo e fantascienza. Nell’oscurità della caverna, sotto il bagliore delle lampade, il duo celebra un rito di evocazione, sfuggendo alla condizione umana e sfociando nella barbarie, in un regno animale fatto di rituali e trasgressioni. Per _KOVO, Brätsch e Eilers saranno affiancati dal sound artist e musicista An, di base a Napoli, la cui ricerca si rivolge agli stati preverbali di coscienza e materia, nelle loro fasi simultanee di 1 Gioco di parole tra la parola inglese worst, peggiore e la parola tedesca wurst, salsiccia. La formula “worst – case scenario” significa nella peggiore delle ipotesi, nel peggiore scenario possibile. composizione / decomposizione. Per l’occasione sarà prodotto The Year Of The Dog, un album in edizione limitata la cui uscita inaugurerà l’etichetta VS. Questo progetto è reso possibile grazie alla mission a suo modo unica della Fondazione Memmo, che ha permesso agli artisti di creare opere in situ e di impiegare liberamente nel tempo materiali e tecniche precedentemente sconosciute, in comunione con il tessuto storico e artigianale della città di Roma.

 

rsz daniele bongiovanni exist a cura di claudio strinati palazzo broletto pavia

 

EXIST di Daniele Bongiovanni

Apre a Palazzo Broletto di Pavia la mostra "Exist" del pittore Daniele Bongiovanni, l'evento, a cura di Claudio Strinati, avrà luogo dal 4 al 27 maggio

Dal 4 al 27 maggio, presso lo Spazio per le Arti contemporanee del Broletto di Pavia, si terrà la mostra personale "Exist" del maestro Daniele Bongiovanni, pittore operante tra Italia, Svizzera e Stati Uniti.

L'evento, a cura di Claudio Strinati, con la co-curatela di Giosuè Allegrini, metterà in mostra opere appartenenti a diversi cicli realizzati dall'artista italiano.

Bongiovanni, già reduce quest'anno di importanti eventi internazionali, a Pavia porterà quello che è lo stilema portante della sua opera omnia, ovvero le dimensioni "rinascimentali" che s'incontrano con l'informalità "concettuale" del gesto pittorico. Il percorso monografico racchiuderà 50 opere, provenienti da collezioni pubbliche (musei e fondazioni) e private.

Nel concept è compresa anche l'installazione pittorica "Natura con Deus" presentata con successo alla 57. Biennale d'Arte di Venezia e la serie "Aesthetica Bianca", esposta nel 2017 all'Ambasciata d'Italia a Londra. Il progetto espositivo racconterà la carriera e le ricerche formali dell'autore, che in questi anni ha lavorato sia con una pittura prettamente figurativa, sia con una pittura dall'approccio estremamente rarefatto e pregno di sperimentazioni cromatiche.

Il concept racchiude per Bongiovanni un doppiosenso: Exist - il quid dell'esistenza ed Exit - l'uscita da tutto ciò che è schematico e artificioso. Il corpo, il volto e le vedute naturali, sono "spazio immaginato", illimitato e luminoso. Nella pittura del maestro, forte è la presenza del bianco, il possente "non-colore", che nei vari corpus dedicati al paesaggio, si sostituisce alla pigmentazione classica del cielo, inteso come metafora di un apice assoluta.

Info

Inaugurazione sabato 5 maggio, ore 18.00
Spazio per le Arti contemporanee del Broletto
Piazza della Vittoria, Pavia

La mostra è aperta dal 4 maggio fino al 27 maggio 2018 nei seguenti giorni e orari:
dal giovedì al venerdì: 16.00 - 19.00
sabato e domenica: 10.00 - 12.30, 16.00 - 19.00

 

Daniele Bongiovanni (Palermo, 11 Aprile 1986), è un pittore italiano.

Compie i suoi studi conseguendo la laurea e, successivamente, la laurea magistrale in Arti Visive, con 110 e lode, presso l'Accademia di Belle Arti di Palermo. Rispettivamente con una tesi sull'espressionismo austriaco di Oskar Kokoschka e con una tesi sulla destrutturazione della materia nella pittura occidentale, dal XVI al XX secolo. Oggi lavora principalmente tra Italia, Svizzera e Stati Uniti. 

Bongiovanni fino ad oggi è stato protagonista di più di 90 mostre in tutto il mondo. Si ricordano luoghi come: MACIA - Museo d'Arte Contemporanea Italiana in America di San Josè, Caroline Spring Gallery a Melbourne, Dublin City University, CD Arts Gallery di Lugano, Centro Documentazione ''Amedeo Modigliani'' di Colle di Val d'Elsa (SI), Centro Svizzero di Milano, Officine Caos e Palazzo della Luce di Torino, MACRO - Museo d'Arte Contemporanea di Roma, Fondazione Whitaker, Palazzo Sant'Elia, Museo RISO di Palermo, RoCo Gallery di Rochester (NY), Ambasciata d'Italia a Londra. Durante la sua

carriera Bongiovanni ha esposto nei principali eventi di arte contemporanea, tra cui due edizioni della Biennale d'Arte Venezia. Oggi le sue opere sono presenti nelle collezioni permanenti di numerosi musei.