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Noi continuiamo l'evoluzione dell'arte. Arte informale dalle collezioni della GAM Torino

Dopo la mostra sulla Pop Art italiana, la Fondazione CRC e la GAM - Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino portano a Cuneo un nuovo grande evento espositivo

Dopo la mostra sulla Pop Art italiana, la Fondazione CRC e la GAM - Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino portano a Cuneo un nuovo grande evento espositivo, dal titolo "Noi continuiamo l'evoluzione dell'arte. Arte informale dalle collezioni della GAM Torino". 

 La mostra sarà aperta gratuitamente al pubblico da mercoledì 24 ottobre a domenica 20 gennaio 2019 con i seguenti orari: da martedì a sabato, dalle ore 15,30 alle 18,30, domenica dalle ore 11 alle 18.30. 

La mostra, a cura di Riccardo Passoni, nasce dalla volontà di tracciare una ricerca organica su una serie di esperienze artistiche manifestatesi negli anni Cinquanta e riconducibili alla corrente conosciuta come arte informale. L'esposizione presenta una selezione di sessanta opere provenienti dalla collezione della GAM, di pittori e scultori italiani attivi nel secondo dopoguerra: da Alberto Burri a Lucio Fontana, da Carla Accardi a Giuseppe Capogrossi, passando per il Gruppo degli Otto (Afro, Birolli, Corpora, Moreni, Morlotti, Santomaso, Turcato e Vedova).

 

 

 

BITS BYTES

 

BITS & BYTES

Un ciclo di quattro lezioni per approfondire l’impatto delle tecnologie digitali nel campo dell’arte contemporanea

La Galleria Civica di Modena, tra il 18 ottobre 2018 e il 14 febbraio 2019, ospita BITS & BYTES, un ciclo di quattro lezioni per approfondire l’impatto delle tecnologie digitali nel campo dell’arte contemporanea, parte del programma collaterale delle mostre Jon Rafman. Il viaggiatore mentale e Ryoichi Kurokawa. al-jabr (algebra), prodotte da FONDAZIONE MODENA ARTI VISIVE e attualmente in corso, rispettivamente alla Palazzina dei Giardini e a Palazzo Santa Margherita, fino al 24 febbraio 2019.

L'impatto estremamente significativo delle tecnologie digitali sulla nostra quotidianità non può esimersi dal coinvolgere il contesto dell’arte contemporanea, non solo mettendosi a servizio degli artisti ma influenzandone anche la percezione e la modalità di creazione. Per approfondire questi temi sono stati chiamati esperti capaci di raccontare l'evoluzione che tali tecnologie hanno avuto nell’arte dalla loro nascita ai giorni nostri, per arrivare fino alle mostre di Jon Rafman e Ryoichi Kurokawa che, pur molto diverse fra loro, sono accomunate dalla riflessione che entrambi gli artisti compiono sul mondo digitale.

I quattro appuntamenti, nati con l’obiettivo di fornire degli strumenti di lettura per comprendere il contesto culturale e artistico in cui si muovono artisti quali Jon Rafman e Ryoichi Kurokawa – che interverranno in prima persona a due degli incontri in programma –, vedranno la partecipazione di Valentina Tanni, Docente di Digital Art al Politecnico di Milano, Claudia D’Alonzo, Docente di Net Art all'Accademia di Brera di Milano, Marco Mancuso, Docente di Fenomenologia dell'Arte Contemporanea a NABA, Milano, e Domenico Quaranta, Docente di Sistemi Interattivi all'Accademia di Belle Arti di Carrara.

Programma BITS & BYTES:

Giovedì 18 ottobre 2018, ore 18

L'arte dopo la rivoluzione digitale

Valentina Tanni, Docente di Digital Art al Politecnico di Milano

La lezione di Valentina Tanni analizza la profonda influenza che le tecnologie digitali hanno avuto sull’arte contemporanea, presentando le diverse forme espressive adottate dagli artisti dagli anni Sessanta a oggi, in un percorso che dalle prime sperimentazioni con i computer arriva fino alle ricerche post-internet.

Giovedì 29 novembre 2018, ore 18

Un percorso nell’audiovisivo espanso, dalle avanguardie storiche al contemporaneo

Claudia D’Alonzo, Docente di Net Art all'Accademia di Brera, Milano

La lezione di Claudia D’Alonzo ripercorre l’evoluzione delle pratiche audiovisive e multimediali nel panorama dell’arte contemporanea e la progressiva interazione con il mondo delle performance elettroniche dal vivo: un percorso che ha portato numerosi artisti a dare vita a installazioni spaziali sempre più immersive e tecnologiche, in cui suono e immagine agiscono in perfetta sinergia.

Sabato 19 gennaio 2019, ore 17

Dall'infinitamente grande all'infinitamente piccolo: l’arte di Ryoichi Kurokawa

Ryoichi Kurokawa, artista

Marco Mancuso, Docente di Fenomenologia dell'Arte Contemporanea a NABA, Milano

L'incontro tra il critico e curatore Marco Mancuso e l'artista Ryochi Kurokawa verterà sull'analisi e la conoscenza del lavoro di uno dei più grandi esponenti della sensibilità digitale contemporanea, partendo dalle opere esposte all'interno della mostra al-jabr per allargare i confini della discussione alla sua pratica artistica e la sua ricerca a cavallo tra tecnologia e natura, suono e immagine, astrazione e poesia, impianto estetico e modellazione algebrica.

Giovedì 14 febbraio 2019, ore 18

Il viaggiatore mentale: l’arte post-internet di Jon Rafman

Jon Rafman, artista

Domenico Quaranta, Docente di Sistemi Interattivi all'Accademia di Belle Arti, Carrara

L’incontro tra il curatore e critico Domenico Quaranta e l’artista Jon Rafman approfondirà le tematiche suggerite dalle opere esposte nell’ambito della mostra Il viaggiatore mentale, presentando la ricerca artistica dell’autore canadese, tra i primi artisti internazionali a dedicare il suo intero lavoro all’impatto e alle conseguenze che le tecnologie digitali hanno avuto nella società contemporanea.

Tutti gli incontri si svolgono alla Galleria Civica di Modena, presso Palazzo Santa Margherita.

Il biglietto di ingresso alle mostre (Intero: 6 € | Ridotto: 4 €) è valido per tutti i quattro incontri in programma. Ingresso gratuito per gli under 18 e gli over 65.

 

Informazioni

tel. +39 059 2032911/2032940 - fax +39 059 2032932

www.galleriacivicadimodena.it

 

 

 

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Field, prima mostra personale in Italia dell’artista inglese Phoebe Unwin

La Collezione Maramotti presenta una serie di nuovi disegni e dipinti realizzati appositamente per la Pattern Room della Collezione. 

Collezione Maramotti dal 14 ottobre fino al 10 marzo presenta Field, prima mostra personale in Italia dell’artista inglese Phoebe Unwin, costituita da una serie di nuovi disegni e dipinti realizzati appositamente per la Pattern Room della Collezione.

Il titolo dell’esposizione evoca molteplici connotazioni. Il ‘campo’ rimanda al paesaggio, ma anche alle campiture di colore e al taglio della visione. È un luogo di mezzo, un soggetto pittorico tradizionale che permette all’artista di oscillare fra il figurativo e l’astratto, di investigare le qualità formali della pittura.

Sviluppando una ricerca sul paesaggio e sull’interazione fra la figura umana e l’ambiente circostante Unwin costruisce con la pittura una delicata alternanza di orizzonti, distanze variate che generano un’osservazione a diverse velocità. Anche la superficie stratificata e porosa delle opere e la messa a fuoco appannata dei soggetti generano un dinamismo della visione all’interno di ogni quadro e un’intima relazione tra un’opera e l’altra.

Il lavoro da cui prende avvio il progetto è un quadro del 2017, Approach, in cui Unwin dipinge due persone sospese in un incontro; i loro contorni si fondono, in parte, con il paesaggio, che viene così modellato dalla percezione.
L’esplorazione delle percezioni attraverso i colori, le forme e le loro combinazioni, lo studio dei percorsi visivi e delle reazioni emozionali, si uniscono a un interesse per i diversi tempi e i ritmi interni all’opera. Attraverso un processo che muove dall’astrazione verso la figurazione, in cui la materia si fa segno e le figure affiorano nel colore, Unwin crea immagini sospese in un tempo e in uno spazio indeterminati. L’artista stessa ha definito il guardare un’opera come un’esperienza che è “sentita fisicamente e si svolge, in un certo senso, sempre nel presente”.

Le influenze artistiche, letterarie, cinematografiche e personali di Unwin sono liberamente elaborate, agiscono come suggestioni aperte che l’artista incorpora nell’esplorazione del processo e del gesto della pittura. I suoi quadri sono luoghi visivi con infinite possibilità; la narrazione intrinseca delle opere non è definita né definitiva, si rivela in modi nuovi e diversi, emerge attraverso lo sguardo attivo di chi osserva.

Indagando i modi in cui astrazione e figurazione si confondono e sovrappongono Unwin ci invita a riflettere sulla complessità di piccoli momenti apparentemente senza importanza, e nello stesso tempo esplora e forza i limiti della pittura come mezzo di espressione.
L’artista non prende spunto da fotografie, né dall’immensa quantità di immagini che circolano in rete, ma da memorie personali o da blocchi da disegno sui quali traccia schizzi delle sue esperienze quotidiane.
La Collezione Maramotti include già una sua opera del 2015, anno in cui Unwin era stata nominata tra le finaliste della sesta edizione del Max Mara Art Prize for Women, in collaborazione con Whitechapel Gallery.

Nel 2019 sarà pubblicato un libro ad accompagnamento della mostra.


Visita con ingresso libero negli orari di apertura della collezione permanente.
Giovedì e venerdì 14.30 – 18.30
Sabato e domenica 10.30 – 18.30
Chiuso: 1 novembre, 25–26 dicembre, 1 e 6 gennaio


 

 

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TAN LINES di FREDRIK VÆRSLEV alla Fondazione Giuliani

Una riflessione sulla pittura intesa come risultato di un processo creativo dominato dalla tensione tra attenta programmazione e casualità 

Fondazione Giuliani è lieta di presentare Tan Lines, la mostra personale dell’artista norvegese Fredrik Værslev visibile dal 13 ottobre fino al 22 dicembre. Il lavoro di Fredrik Værslev è una riflessione sulla pittura intesa come risultato di un processo creativo dominato dalla tensione tra attenta programmazione e casualità. Interessato a ribaltare definizioni, convinzioni e limiti del medium pittorico, la genesi delle sue tele in larga scala è il risultato di un perpetuo incontro/scontro tra controllo e caso. Dopo aver progettato e realizzato un’opera con rigore scientifico, spesso la altera con l’intervento di circostanze fortuite (esponendola agli agenti atmosferici, lasciandola nella natura o in luoghi pubblici della città) o chiede agli amici di modificarla liberamente e completarla, portando agli estremi l’idea di appropriazione. Grazie a questi processi la realtà si deposita fisicamente sulla superficie della tela, entrando a far parte di una composizione astratta dove campiture di colore e pattern dialogano con un linguaggio fatto di numeri e simboli. Nei suoi quadri astrazione e figurazione convivono, materiali tradizionali si alternano a quelli industriali, pittura e graphic design si fondono, così come i gesti pianificati dell’artista e quelli accidentali del fato.

In Tan Lines sono esposte per la prima volta due nuove serie di lavori: i monumentali Sail Paintings e i Garden Paintings.

Nella serie Sail Paintings, su uno sfondo monocrome, l’artista combina frammenti di tele di varia lavorazione provenienti da quadri sia datati che recenti, creando una composizione che ricorda le vele di una barca. Le opere si presentano come un ibrido complesso dove le tele ritagliate, combinate e minuziosamente ricucite si fondono con simboli dipinti che rievocano sia l’ambiente marittimo che numerologie, gesti e tracce appartenenti alla sfera privata dell’artista (come ad esempio il numero ‘79’, il suo anno di nascita). Cercando di eludere qualsiasi classificazione dei suoi lavori, Værslev li sottopone ad un processo di continua distruzione e ricostruzione per creare una frammentazione sia visiva che di contenuto, lasciando spazio a nuove connessioni.

I Garden Paintings oscillano invece tra il quadro e l’installazione e si presentano come lastre di legno che ricordano le panchine dei giardini ma installate a muro all’altezza dello sguardo. Oltre a rispecchiare il grande interesse dell’artista per l’architettura urbana e suburbana, queste opere sono il risultato di un lento processo di verniciatura a dieci strati con una copertura appositamente studiata per le barche. Questo elemento stabilisce un dialogo intrigante tra le serie Sail e Garden, concepite per coesistere come un paesaggio metaforico e allo stesso tempo reale nel quale immergersi liberamente.

Tan Lines alla Fondazione Giuliani è il terzo appuntamento di una mostra itinerante concepita in collaborazione con Kunst Halle Sankt Gallen in Svizzera (novembre 2017 – gennaio 2018) e Bonner Kunstverein in Germania (febbraio – aprile 2018).

In occasione di Videocittà (dal 23 al 27 ottobre), la rassegna culturale dedicata al cinema e all’audiovisivo con diversi eventi a Roma, verrà proiettato in Fondazione Giuliani il cortometraggio di Gordon Matta-Clark, Splitting (1974), selezionato appositamente da Fredrik Værslev.

Fredrik Værslev è nato nel 1979 in Norvegia, vive e lavora tra Dramman e Vestfossen. Tra le sue mostre personali più recenti si annoverano: Fredrik Værslev as I Imagine Him, Astrup Fearnley Museet, Oslo, Norvegia (2018); Tan Lines, Bonner Kunstverein, Bonn, Germania (2018); Tan Lines, Kunst Halle Sankt Gallen, Svizzera (2017); La Constance du jardinier, Kunsthal Aarhus, Aarhus, Danimarca (2016); All Around Amateur, Le Consortium, Dijon, Francia (2016); All Around Amateur, Le Bergen Kunsthall, Bergen, Norvegia (2016); Inner beauty, Museo Marino Marini, Firenze (2015); Querelle of Brest, CAC – Passerelle, Brest, Francia (2015); La Constance du jardinier, CNEAI, Chatou, Francia (2015).

Con il supporto di OCA – Office for Contemporary Art Norway

 

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Alberto Fontana e Paolo Giannarelli

 

Si arricchisce il patrimonio della Fondazione Ragghianti con l'acquisizione dell'archivio UIA

Il nuovo presidente Alberto Fontana firma l’acquisizione dell’archivio dell’Università Internazionale dell’Arte di Firenze e della storica rivista “Critica d’Arte”

Si è conclusa nei giorni scorsi la trattativa che ha portato all’acquisizione da parte della Fondazione Ragghianti dell’archivio dell’UIA (Università Internazionale dell’Arte) di Firenze, importante istituzione fondata da Carlo Ludovico Ragghianti nel 1968.

Questa operazione culturale, attuata in accordo con la direzione e attraverso una trattativa già avviata durante il mandato del predecessore Giorgio Tori, è il primo importante atto del nuovo presidente Alberto Fontana, che, nominato nel maggio scorso, ha firmato l’accordo con Paolo Giannarelli, presidente e commissario liquidatore dell’Università Internazionale dell’Arte di Firenze.

La trattativa ha condotto all’acquisizione da parte della Fondazione Ragghianti dell’archivio e della fototeca dell’UIA e della testata della rivista “Critica d’Arte”, già di proprietà dell’UIA, che ne ha curato la pubblicazione con la casa editrice Le Lettere fino al 2016.

«È un motivo di grande soddisfazione” dichiara Alberto Fontana “esserci potuti assicurare il patrimonio di questa importante istituzione, un’occasione per continuare l’opera di Carlo Ludovico Ragghianti e rinnovare il suo fondamentale apporto agli studi storico-artistici, che è ancora di grande attualità. Rilanceremo la rivista “Critica d’Arte” allargando il comitato scientifico e dandogli un respiro internazionale, che permetterà di accrescere ulteriormente il prestigio e la conoscenza della nostra Fondazione».

Che cos’è l’UIA

L’UIA, nata come scuola di levatura universitaria e a vocazione internazionale per la conservazione e valorizzazione del patrimonio artistico, nasce nel 1968 a opera di Carlo Ludovico Ragghianti, quando, a seguito della terribile alluvione del 1966, si presenta come urgente e improrogabile la necessità di disporre di tecnici specializzati nel restauro e nella conservazione dei beni culturali. Nel 1982 l’Università Internazionale dell’Arte è riconosciuta dal Presidente della Repubblica come ente morale dotato di personalità giuridica. Oltre all’UIA di Firenze esiste anche l’UIA di Venezia, tuttora attiva.

L’Università Internazionale dell’Arte di Firenze, operante fino ad alcuni anni fa, conserva un archivio importante dal punto di vista storico-documentario, nonché una notevole fototeca. I fondi constano quindi di materiali ragghiantiani legati a questo importante istituto creato dallo storico dell’arte lucchese e da lui a lungo animato. La loro collocazione più naturale appare quindi quella della Fondazione Ragghianti, che arricchisce con questo ragguardevolissimo fondo il suo già straordinario patrimonio di documenti.

“Critica d’Arte”

Fondata da Carlo Ludovico Ragghianti nel 1935 insieme a Ranuccio Bianchi Bandinelli e grazie all’interessamento di Giovanni Gentile, la rivista “Critica d’Arte” si impose come la più significativa rivista di storia dell’arte del periodo, tesa a promuovere un rinnovamento estetico e metodologico degli studi in materia.

Il periodico, che prese in qualche modo le mosse da “La Critica” di Benedetto Croce, punto di riferimento di Ragghianti (e Croce rilasciò il suo “nulla osta” ai fondatori di “Critica d’Arte”), può ancor oggi essere considerata una delle più importanti riviste italiane di storia dell’arte. Con l’acquisizione della testata da parte della Fondazione Ragghianti non soltanto se ne è scongiurata la chiusura, che avrebbe rappresentato un atto grave per la cultura italiana e internazionale, ma se ne prospetta una nuova vita, perché è ferma intenzione del presidente Fontana e del direttore Bolpagni rilanciarla come merita.

La fototeca

La fototeca dell’UIA contiene, tra gli altri, faldoni di fotografie di allestimenti di mostre curate da Ragghianti dalla fine degli anni Quaranta agli anni Sessanta, e anche fotografie di allestimenti di musei del mondo, usate come materiale didattico nelle lezioni che si tenevano all’UIA. Rappresenta quindi una documentazione molto importante dal punto di vista museologico, che non mancherà di destare grande interesse nel mondo degli studi e della ricerca storica museografica.

 

Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti

Complesso monumentale di San Micheletto

Via San Micheletto 3, Lucca

e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. | sito web: www.fondazioneragghianti.it

info: tel. +39 0583 467205

 

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Osvaldo Licini, Angelo ribelle con cuore rosso, 1953. Collezione privata © Osvaldo Licini, by SIAE 2018

 

OSVALDO LICINI. Che un vento di follia totale mi sollevi

Undici sale espositive, oltre cento opere, ripercorrono il dirompente quanto tormentato percorso artistico di Licini, la cui carriera fu caratterizzata da momenti di crisi e cambiamenti stilistici apparentemente repentini.

Alla XXIX Biennale di Venezia del 1958 l’artista marchigiano Osvaldo Licini (1894 – 1958) fu insignito del Gran Premio per la pittura, un dovuto omaggio a una delle personalità più originali del panorama artistico italiano della prima metà del XX secolo. A 60 anni da quel prestigioso riconoscimento e dalla sua scomparsa, il museo ricorda il grande maestro con una retrospettiva a cura di Luca Massimo Barbero.

Undici sale espositive, oltre cento opere, ripercorrono il dirompente quanto tormentato percorso artistico di Licini, la cui carriera fu caratterizzata da momenti di crisi e cambiamenti stilistici apparentemente repentini. La mostra OSVALDO LICINI. Che un vento di follia totale mi sollevi intende mostrare la sostanziale coerenza di tale percorso: quelle che all’apparenza sembrano delle cesure si rivelano infatti tappe di un’esperienza singolare che risalta all’interno della storia dell’arte del Novecento per risultati di assoluto lirismo e poeticità.

La mostra si apre con le tele giovanili, quei paesaggi marchigiani da cui Licini non si staccò mai, soprattutto pittoricamente, tanto da farne il soggetto della sua prima fase figurativa degli anni '20, a cui appartengono opere come Paesaggio con l’uomo (Montefalcone), del 1926 e Paesaggio marchigiano (Il trogolo), del 1928. E sono queste stesse vedute a fare da sfondo anche alla successiva transizione dal realismo all’astrattismo dei primi anni ‘30, come si può già notare in Paesaggio Fantastico (Il Capro) del 1927. Si prosegue poi con la fase non figurativa degli anni ’30, anni dell’inevitabile coinvolgimento dell’artista nelle attività della Galleria "Il Milione". Il linguaggio astratto di Licini è atipico, attento alla geometria, una geometria intrisa di lirismo, evidente in opere come Castello in aria, del 1933-36, o Obelisco, del 1932. È proprio in "bilico", titolo e soggetto di varie opere di Licini degli anni '30, tra i due poli di astrazione e figurazione che si giocano la sua carriera e i grandi capolavori della maturità dedicati ai temi dell’Olandese volante, dell’Amalassunta e dell’Angelo ribelle, tutti soggetti presenti nella mostra veneziana. Le opere più iconiche di Licini, presentate in gruppo alla Biennale di Venezia del 1950, sono tuttavia quelle dedicate al soggetto di Amalassunta. L’ampia selezione di quadri di Amalassunta offerta lungo il percorso espositivo propone le molteplici sfaccettature della personalità di Licini, dal lato lirico e contemplativo a quello più ironico e dissacrante. Nelle opere realizzate dal finire degli anni '40 in poi convergono tematiche, stilemi e il mai risolto rovello della pittura, che fanno emergere Licini come un grande protagonista del modernismo italiano e internazionale, confermato dal premio conferitogli pochi mesi prima della morte alla Biennale di Venezia del 1958. La mostra è accompagnata da un’esaustiva pubblicazione illustrata, edita da Marsilio Editore in italiano e inglese, con contributi di Luca Massimo Barbero, Federica Pirani, Sileno Salvagnini, Chiara Mari.