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Emilio Isgrò: Codice ottomano delle tempeste, 2010, acrilico su libro in box di legno e plexiglass CM 57,5 x 82,5 x 13

 

Una nuova e importante antologica: Emilio Isgrò alla Fondazione Cini

La Fondazione Giorgio Cini presenta per la stagione autunnale una nuova, ricca antologica dedicata a un grande artista italiano. La mostra è organizzata con Archivio Emilio Isgrò e propone opere dagli anni Sessanta a oggi in un’ambientazione che trasformerà in modo inedito gli spazi espositivi

La stagione espositiva della Fondazione Giorgio Cini propone per l’autunno una nuova, importante antologica: Emilio Isgrò, dal 13 settembre al 24 novembre. L’esposizione, a cura di Germano Celant, in collaborazione con l’artista e l’Archivio Emilio Isgrò, si propone come un attraversamento e un’ampia ricognizione nel suo percorso creativo e estetico a partire dagli anni Sessanta a oggi. Una ricca esposizione che si dipana dalle prime cancellature di libri, datate 1964, e continua con le poesie visuali su tele emulsionate e le Storie rosse, per arrivare agli imponenti e articolati testi cancellati nei volumi storici de L’Enciclopedia Treccani, 1970, fino a quelli etnici dei Codici ottomani, 2010.

Il viaggio sperimentale e linguistico di Isgrò, in maniera inedita e spettacolare, sarà inscritto in una ambientazione architettonica inglobante e avvolgente. Le sale dell’Ala Napoleonica della Fondazione, arricchite da pareti trasversali e diagonali, utilizzate per spezzare e modificare lo spazio quasi fossero linee su un foglio, funzioneranno infatti da supporti cartacei che veicoleranno un’enorme e nuova operazione di cancellatura, condotta ancora una volta su materiale letterario, così da far entrare il pubblico in un grande libro, modificato visualmente dall’artista.

La scelta del testo che scorrerà sulle superfici dell’involucro espositivo è caduta sul romanzo Moby Dick di Herman Melville, così da sottintendere un transito fantastico nella pancia di un cetaceo, quello del cancellare parole e scritte che ha reso celebre Isgrò: “Il tema che affronto per questa mostra alla Fondazione Cini di Venezia, città dove nel 1964 nacquero le prime cancellature, non può che essere quello del linguaggio. Per questo mi è parso necessario ricorrere alla tradizione biblica filtrata dal Moby Dick, il meraviglioso romanzo di Melville – spiega Emilio Isgrò – Sarà l’opera cancellata di Melville a contenere quindi tutte le altre e chi entra alla mostra si lascerà accompagnare nel ventre della balena, ovvero il ventre del linguaggio mediatico che copre con il rumore il proprio reale e disperante silenzio”.

La mostra si avvale della presenza di lavori provenienti da importanti collezioni pubbliche e private, nazionali e internazionali, tra cui spiccano Il Cristo cancellatore, 1968, installazione composta di 38 volumi cancellati, dal Centre Pompidou di Parigi; Carta geografica, 1970, dal Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto; Storico, libro cancellato del 1972, dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma; la monumentale carta geografica cancellata Weltanschauung, 2007, lunga 9 metri, del Centro d’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato; quattro preziose opere dalla Collezione Gallerie d’Italia; Poesia Volkswagen, 1964, dal Centro Studi e Archivio della Comunicazione di Parma; la Storia rossa La corsa di Alma, 1969, dal Museo Civico Giovanni Fattori di Livorno; e il Corpus Iustinianeum, cancellato in sei volumi, del 2018.

L’antologica è accompagnata da un volume, pubblicato dalla casa editrice Treccani, che include, oltre a pagine cancellate dal Moby Dick e a un’intervista tra l’artista e il curatore, un’ampia cronologia illustrata che approfondisce e documenta il percorso personale e professionale di Isgrò.

Mostra realizzata con il contributo di Intesa Sanpaolo – Direzione Arte, Cultura e Beni Storici nell’Ambito di Progetto Cultura.

Emilio Isgrò

Pittore e poeta – ma anche romanziere, drammaturgo e regista – Emilio Isgrò (Barcellona di Sicilia, 1937) è uno dei nomi dell’arte italiana più conosciuti e prestigiosi a livello internazionale. Isgrò ha dato vita a un’opera tra le più rivoluzionarie e originali nell’ambito delle cosiddette seconde Avanguardie degli anni Sessanta, che gli ha valso diverse partecipazioni alla Biennale di Venezia (1972, 1978, 1986, 1993) e il primo premio alla Biennale di San Paolo (1977), oltre che ad altre importanti rassegne al MoMA di New York nel 1992 e alla Fondazione Peggy Guggenheim di Venezia nel 1994 e le antologiche al Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato nel 2008, alla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma nel 2013 e a Palazzo Reale di Milano nel 2016. Nel 1998, ha realizzato un Seme d’arancia per la sua città natale. Nel 2011 realizza per l’Università Luigi Bocconi l’opera Cancellazione del debito pubblico e per Expo Milano 2015 una scultura in marmo di sette metri d’altezza, Il Seme dell’Altissimo. Iniziatore delle “cancellature” di testi, applicate su enciclopedie, manoscritti, libri, mappe e anche su pellicole cinematografiche, Isgrò ha fatto di questa pratica il perno di tutta la sua ricerca.

Nel 2017 espone a Londra e Parigi e lo stesso anno, tre sue importanti opere (tra cui la celebre installazione de Il Cristo cancellatore del 1969) sono entrate a far parte della collezione permanente del Centre George Pompidou di Parigi. L’anno si conclude con Fondamenta per un’arte civile alla Triennale di Milano; un’intera giornata dedicata all’artista che lo vede protagonista della presentazione del suo ultimo libro, Autocurriculum, edito da Sellerio; dell’inaugurazione della mostra I multipli secondo Isgrò, promossa dal Gruppo Treccani, e infine della cerimonia di collocazione permanente de Il Seme dell’Altissimo negli spazi antistanti la Triennale.

Nel 2018 Isgrò inaugura l’opera Monumento all’Inferno, realizzata appositamente per l’Università IULM di Milano. In aprile espone in Belgio alla MDZ Art Gallery, in una doppia personale che lo vede protagonista insieme a Christo. In estate apre Lettere, mostra dialogo tra l’artista e Osvaldo Licini presso il Centro Studi Casa Museo Osvaldo Licini di Monte Vidon Corrado.

 

 

 

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ITALIA MODERNA 1945-1975. Dalla Ricostruzione alla Contestazione

La seconda tappa "Il benessere e la crisi visibile", a cura di Marco Meneguzzo, presenta oltre centocinquanta opere tutte selezionate dalle collezioni di Intesa Sanpaolo. 

Fondazione Pistoia Musei presenta ITALIA MODERNA 1945-1975. Dalla Ricostruzione alla Contestazione a cura di Marco Meneguzzo. La mostra, allestita negli spazi di Palazzo Buontalenti e suddivisa in due tappe accomunate dal medesimo intento storico critico – Le macerie e la speranza visibile dal 18 aprile al 25 agosto 2019Il benessere e la crisi visibile dal 13 settembre al 17 novembre 2019 – presenta oltre centocinquanta opere tutte selezionate dalle collezioni di Intesa Sanpaolo.

La rassegna punta a mostrare il complesso tessuto artistico italiano in uno dei periodi di trasformazione del Paese tra i più fecondi. La “Ricostruzione” e la “Contestazione” non sono infatti solo due poli cronologici entro cui si dipana l’idea della Modernità, declinata alla maniera italiana, ma sono due indicazioni culturali e mostrano già un arco di sviluppo di idee e di costumi che hanno portato l’Italia alla ribalta internazionale, sia come economia che come cultura.

Suddivisa in sezioni che non seguono solo l’andamento tradizionale ma preferiscono evocare contesti sociali e culturali in cui si incontravano anche tendenze diverse, ITALIA MODERNA 1945-1975 vuole evidenziare il clima, l’atmosfera, il tessuto connettivo dell’arte italiana, più ancora della presenza di nomi e opere già molto conosciute. “Il contesto dell’arte italiana tra il ’45 e gli anni ’70 – spiega il curatore Marco Meneguzzo – accompagna l’evoluzione del Paese e spesso la anticipa: questa rassegna vuole mostrare proprio il fermento, il “brodo di coltura” entro cui si è sviluppata una nuova grande stagione dell’arte italiana, ormai riconosciuta anche internazionalmente”

La novità espositiva della mostra sta anche nella formula adottata per l’allestimento, che mira a essere esaustivo e al contempo a “fidelizzare” il visitatore. Gli spazi di Palazzo Buontalenti – sede della Fondazione Pistoia Musei dedicata alle mostre temporanee, restaurati per l’occasione – non sarebbero infatti stati sufficientemente vasti per accogliere le circa centocinquanta opere scelte dal curatore, e d’altro canto una scelta numericamente inferiore non sarebbe stata sufficiente a mostrare il contesto ricco e variegato dell’arte italiana, privilegiando soltanto i “soliti noti”.

Ecco dunque la scelta di raccogliere due mostre sotto lo stesso titolo e di offrire al pubblico un percorso in due capitoli: nella prima tappa si possono quindi ammirare opere tradizionali, per quanto innovative nel linguaggio, che vanno dal 1945 e il 1960, mentre nella seconda tappa, quasi a ostentare il distacco anche dei materiali e dei concetti da quella precedente, il fulcro cronologico essenziale è quello che va dal 1960 al 1975.

“La Modernità – afferma Marco Meneguzzo – può così essere guardata e interpretata nei suoi mutamenti generali e radicali, ma anche nelle peculiarità e nelle varianti proposte dai singoli artisti, in una sorta di grande affresco corale sul recente passato.”

 

 

 

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Tellas, dettaglio.

 

Wrapped nuova opera d'arte urbana di Tellas

Un nuovo murales monumentale realizzato dall'artista Tellas nel quartiere romano della Balduina, a cura di Marcello Smarrelli.

Mercoledì 11 settembre alle ore 19 la Fondazione Pastificio Cerere e Aparthotel Adagio Rome Vatican sono orgogliosi di presentare Wrapped, un nuovo murales monumentale realizzato dall'artista Tellas nel quartiere romano della Balduina, a cura di Marcello Smarrelli.

L'opera interessa l'edificio di recente costruzione che completa la sede esistente dell’Adagio aparthotel che sorge a pochi passi dalla metro Balduina, fra la pista ciclabile e il Parco del Pineto. L’intervento di street art, nato dal confronto con l’architetto Massimo Marinozzi che ha progettato l’edificio, rappresenta uno dei primi esperimenti a Roma di collaborazione tra un'istituzione che si occupa di arte contemporanea, uno studio di architettura e un muralista. Questo ha permesso di realizzare un progetto innovativo, che parte dallo studio attento del territorio, della sua conformazione e della sua storia, insieme al recupero della tradizione della pittura murale molto diffusa nella capitale nel XVI secolo, quando le facciate dei palazzi erano riccamente affrescate con tecniche avanzatissime di graffito.

Wrapped, questo il titolo del murales, si estende su tutte le facciate dell’edificio e sul lastrico solare, configurandone l’aspetto in maniera inedita con i suoi toni caldi e il soggetto rappresentato: una composizione vegetale che si integra con il contesto urbano caratterizzato dal Parco del Pineto, su cui affaccia la nuova costruzione.

L'area verde, di proprietà della famiglia Sacchetti dal 1598, fu dichiarata Parco Regionale Urbano nel 1987 e si estende in quattro quartieri (Balduina, Monte Mario, Torrevecchia-Primavalle e Aurelio) per una superficie complessiva di 240 ettari. Il parco è caratterizzato dalla presenza di molte specie arboree ed arbustive, tipiche della macchia mediterranea, fra cui il lentisco, che Tellas ha scelto di utilizzare per il suo intervento pittorico. Questo arbusto sempreverde è altamente diffuso anche nella regione di provenienza dell'artista, la Sardegna, dove è impiegato fin dall’antichità per scopi alimentari e utilizzi fitoterapici. È proprio dai luoghi in cui Tellas è cresciuto che prende il via la sua ricerca, le sue opere, infatti, possono considerarsi una visione personale e intima degli elementi e dei paesaggi naturali che lo circondano.

Il termine “wrapped” (avvolto, incartato, ecc.) rafforza ed evidenzia l'andamento delle foglie e dei rami del lentisco che sembrano lentamente ricoprire l’hotel. È come se la natura si stringesse in un abbraccio lussureggiante con l’architettura, quasi a volersi riappropriare dello spazio, ne accompagna le forme, le esalta e crea uno stretto legame tra l’edificio, il contesto urbano e il parco retrostante. L’opera si carica così di valori simbolici e metaforici, ricchi di suggestioni romantiche che riportano alla memoria il Grand Tour, le teorie di John Ruskin e la sua poetica del rudere, ricollegandosi inoltre al programma CSR del Gruppo Accor, Planet 21, e alla sua ecologica visione "green".

Come ogni pratica artistica, anche la street art rappresenta un potente strumento di riqualificazione urbana e di diffusione della cultura, su cui vale la pena investire beneficiando della sua grande popolarità, grazie ad un linguaggio immediato e trasversale. È di fondamentale importanza che tali interventi, come dimostra l’attività della Fondazione Pastificio Cerere, vengano inseriti in ambiti progettuali ampi, basati sul dialogo tra artisti, cittadini, istituzioni, committenti pubblici e privati, realmente interessati a promuovere politiche di sviluppo e di integrazione.

Grazie al brand Adagio, che ha sostenuto la realizzazione dell’opera, alle istituzioni, agli abitanti del quartiere, e alla Fondazione Pastificio Cerere, che ha saputo far dialogare tutte queste entità eterogenee, l’intervento intende contribuire al miglioramento di una porzione di spazio pubblico, stimolando un saldo spirito di appartenenza e un maggiore senso civico nei cittadini di tutte le generazioni.

Tellas

Tellas (Cagliari, 1985) nasce e cresce nelle aspre terre sarde. Da questi luoghi inizia la sua ricerca artistica, un processo meditativo e pittorico che unisce lo spazio e le forme che caratterizzano il suo lavoro.

Nel 2015 per The Urban Contemporary Art Guide, a cura del noto Graffiti Art Magazine, Tellas entra a far parte della classifica dei 100 migliori artisti emergenti dell’anno a livello mondiale. Le sue partecipazioni a festival internazionali sono innumerevoli, tra le altre si ricordano Artmosphere, prima Biennale di Street Art tenutasi a Mosca nel 2014 (70 artisti internazionali) e La Tour Paris Project 13. Nel 2015 completa un’enorme opera pubblica a Cagliari, città capitale della cultura italiana per quell’anno, mentre nel 2016 compie importanti interventi pubblici a Madrid, Perth ed Helsinki. Alcune delle ultime opere pubbliche si trovano a Klaipeda in Lithania, Delhi in India, e Palermo. Di rilievo sono anche le collaborazioni con alcuni brand storici di moda italiana, tra cui Ferragamo e Marni. Con quest’ultimo, Tellas realizza in due periodi differenti dei progetti murali e il documentario "A grande terra do Sertão", presentato in occasione della 56° Biennale di Venezia. Il lavoro di Tellas è rappresentato da Wunderkammern Gallery a Roma , e Magma Gallery a Bologna.

www.tellas.org

Fondazione Pastificio Cerere

La Fondazione Pastificio Cerere nasce a Roma nel 2004 per volontà del suo presidente, Flavio Misciattelli, con l’obiettivo di promuovere e diffondere l’arte contemporanea. La Fondazione – in linea con la ricerca curatoriale del direttore artistico Marcello Smarrelli – offre un'articolata programmazione che dimostra un forte interesse nei confronti della formazione e della sperimentazione, sollecitando la partecipazione delle scuole e incentivando il coinvolgimento di un pubblico sempre più eterogeneo: residenze per giovani artisti, attività per studenti di ogni ordine e grado, oltre ad un ricco programma di mostre, conferenze, workshop e studio visit. La Fondazione intende sempre più affermarsi ed offrirsi come un luogo aperto alla città, un hub culturale in cui si intersecano diverse discipline, uno spazio per la rigenerazione delle energie creative che operano e convivono nel territorio, con uno sguardo sempre attento alla scena artistica internazionale. www.pastificiocerere.it

Aparthotels Adagio
Accor presenta Adagio, gli aparthotel situati nei centri cittadini che offrono il comfort di un appartamento con servizi alberghieri per una maggiore comodità. La principale rete di aparthotel in Europa, l'innovativo concetto di Aparthotel di Adagio® , offre appartamenti confortevoli e spaziosi nelle zone urbane, con cucina completamente attrezzata e servizi alberghieri per soggiorni prolungati con tariffe agevolate a partire dalla quarta notte. Nato dalla collaborazione tra Accor e Pierre & Vacances Center Parcs Group, il marchio ha tre fasce di prodotto:
• Adagio®, gli aparthotel di fascia media nel cuore delle principali città europee;
• Adagio® access, di fascia economica, aparthotel situati alle porte della città;
• Adagio® premium, gamma upscale in città iconiche.
Il marchio avrà 115 aparthotel entro la fine del 2019, con oltre 13.000 appartamenti in 13 paesi.
adagio-city.com | group.accor.com

 CONTATTI

Fondazione Pastificio Cerere
Segreteria organizzativa: Claudia Cavalieri ed Emanuela Pigliacelli
+39 06 45422960
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
www.pastificiocerere.it

 

 

 

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Locandina. Osvaldo Cavandoli, La Linea © 2019 CAVA/QUIPOS


Carosello. Pubblicità e Televisione 1957-1977 alla Fondazione Magnani-Rocca

Un nuovo capitolo nell’indagine della storia della Pubblicità in Italia.

Alla Fondazione Magnani-Rocca si apre un nuovo capitolo nell’indagine della storia della Pubblicità in Italia.
La mostra “Carosello. Pubblicità e Televisione 1957-1977” - allestita alla Villa dei Capolavori, sede della Fondazione a Mamiano di Traversetolo presso Parma dal 7 settembre all’8 dicembre 2019 – segue infatti dopo due anni la prima esposizione dedicata alla storia della pubblicità dal 1890 al 1957, che fu l’occasione per ripercorrere la nascita e l’evoluzione della comunicazione pubblicitaria e in particolare del manifesto, permettendo al visitatore di comprenderne la genesi, dai primi schizzi ai bozzetti, fino al manifesto stampato. Se in quella prima tappa della storia della pubblicità fu possibile ammirare le creazioni di cartellonisti come  Leonetto Cappiello, Sepo, Marcello Dudovich o Plinio Codognato - per citarne alcuni tra i principali - questa nuova occasione espositiva permette di continuare a seguire l’evoluzione della storia della grafica pubblicitaria e del manifesto con grandi designer come Armando Testa, Erberto Carboni, Raymond Savignac, Giancarlo Iliprandi, Pino Tovaglia, affiancandola a un nuovo media - la televisione - che con Carosello mosse i primi passi nel mondo della pubblicità. 
Il visitatore quindi troverà tantissimi, celebri manifesti di quel periodo, affiancati ai bozzetti e agli schizzi, e insieme avrà la possibilità, grazie a una serie di schermi distribuiti nelle sale espositive, di ripercorre l’unicità e l’innovazione degli inserti pubblicitari di Carosello, vincolati al tempo a rigide regole di novità e lunghezza. Si scoprirà così l’universo dei personaggi animati che sono nati con la televisione, come La Linea di Osvaldo Cavandoli, Re Artù di Marco Biassoni, Calimero di Pagot o Angelino di Paul Campani, fino alla moltitudine di personaggi nati dalla matita di Gino Gavioli. Bozzetti, schizzi, rodovetri, storyboard sono gli elementi a complemento della serie di cartoni animati presentati in mostra a cui si aggiungono gli inserti pubblicitari in cui sono protagonisti i più importanti cantanti dell’epoca da Mina (Barilla) a Frank Sinatra, da Patty Pravo a Ornella Vanoni e Gianni Morandi o grandi attori come Totò, Alberto Sordi, Virna Lisi, Vittorio Gassman e grandi registi come Luciano Emmer, Mauro Bolognini, Ettore Scola, i fratelli Taviani, oltre a personaggi tv popolarissimi come Mike Bongiorno, Pippo Baudo, Raffella Carrà, Sandra Mondaini e Raimondo Vianello.

La cultura di massa - Una selezione dei più importanti oggetti promozionali dell’epoca come l’ippopotamo Pippo, o i gonfiabili di Camillo il Coccodrillo, della Mucca Carolina, di Susanna tutta Panna completano la presentazione della pubblicità dei primi trenta anni della seconda metà del Novecento. Carosello, infatti, ebbe successo anche perché creò e impose i suoi caratteristici personaggi. Umberto Eco all’epoca sosteneva, nel saggio Ciò che non sappiamo della pubblicità televisiva, che si trattava di personaggi ambigui ed esili, di personaggi cioè che, a differenza degli eroi e dei personaggi mitologici tradizionali, non erano «portatori di un’idea» e avevano perso «la nozione di ciò che dovevano simboleggiare». Eppure, forse proprio grazie a questa loro apparente debolezza comunicativa, tali personaggi hanno saputo integrarsi efficacemente con la cultura di massa della società italiana. Hanno saputo cioè diventare vere e proprie “icone”, esseri senza profondità, spesso, come ha sottolineato lo stesso Eco, anche indipendentemente dai prodotti da cui erano nati. 

La fiabesca rivoluzione dei consumi - La pubblicità di quel periodo - dal 1957 al 1977, non solo televisiva - introdusse una vera e propria rivoluzione nel patrimonio culturale e visivo di tutti. Carosello era trasmesso in bianco e nero, ma per gli italiani era ricco di colori. Aveva infatti i colori del consumo, i colori di un nuovo mondo di beni luccicanti che si presentavano per la prima volta sulla scena sociale: lavatrici, frigoriferi, automobili, alimenti in scatola, etc.
Carosello non era semplicemente pubblicità, ma un paesaggio fiabesco dove regnavano la felicità e il benessere, un paesaggio estremamente affascinante per una popolazione come quella italiana che proveniva da un lungo periodo di disagi e povertà. Un paesaggio onirico che esercitava un effetto particolare nei piccoli paesi, nelle campagne e nelle regioni più arretrate, dove rendeva legittimo l’abbandono di quell’etica della rinuncia che apparteneva alla vecchia cultura contadina, in favore dell’opulenza della città e dei suoi beni di consumo. Carosello, dunque, ha insegnato a vivere la modernità del mondo dell’industria, ha insegnato cioè che esistevano dei nuovi beni senza i quali non ci si poteva sentire parte a pieno diritto del nuovo modello sociale urbano, industriale e moderno. E ha insegnato anche come tali beni andavano impiegati e collocati all’interno del modo di vita di ciascuno. 
Seppure vincolato dalle rigide norme imposte dalla Rai puritana dell’epoca, ha comunque potuto mostrare le gratificazioni e le diverse fonti di piacere che erano contenute nei nuovi beni di consumo. Forse non è un caso che a Carosello lavorassero insieme i migliori creativi e le migliori intelligenze del teatro e del cinema italiano dell’epoca. 

Le collaborazioni - L’esposizione, fra gli altri contributi, si avvale della collaborazione col prestito di un importante numero di bozzetti originali e manifesti di Carboni, Iliprandi, Testa, Tovaglia del Centro Studi e Archivio della Comunicazione (CSAC) dell’Università di Parma, e di manifesti d’epoca del Museo nazionale Collezione Salce di Treviso e della Collezione Alessandro Bellenda – Galleria L’IMAGE, Alassio (SV), della Fondazione Luigi Micheletti di Brescia, di archivi aziendali e di importanti collezioni private. Per tutta la parte filmica si avvale del contributo dell'Archivio Generale Audiovisivo della Pubblicità Italiana e del personale apporto del suo Fondatore e Direttore, lo storico della pubblicità Emmanuel Grossi.

La mostra e il catalogo - La mostra - a cura di Dario Cimorelli, cultore di storia della pubblicità, e Stefano Roffi, direttore scientifico della Fondazione, come il precedente capitolo dedicato alla pubblicità del periodo 1890-1957 - è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale, dove, oltre ai saggi dei curatori e alla riproduzione di tutte le opere esposte, vengono ripubblicati testi fondamentali di Omar Calabrese su Carosello e su Armando Testa, a cui vengono affiancati nuovi testi di Emmanuel Grossi su cinema, musica e animazione in rapporto a Carosello, Roberto Lacarbonara sull’attività di Pino Pascali in ambito pubblicitario, Stefano Bulgarelli sulla Scuola modenese di Carosello.

CAROSELLO. Pubblicità e Televisione 1957-1977
Fondazione Magnani-Rocca, via Fondazione Magnani-Rocca 4, Mamiano di Traversetolo (Parma).
Dal 7 settembre all’8 dicembre 2019.  Aperto anche tutti i festivi. Orario: dal martedì al venerdì continuato 10-18 (la biglietteria chiude alle 17) – sabato, domenica e festivi continuato 10-19 (la biglietteria chiude alle 18). Aperto anche 1° novembre e 8 dicembre. Lunedì chiuso.
Ingresso: € 12,00 valido anche per le raccolte permanenti - € 10,00 per gruppi di almeno venti persone - € 5,00 per le scuole.
Informazioni e prenotazioni gruppi: tel. 0521 848327 / 848148  Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.  www.magnanirocca.it    
Il sabato ore 16.00 e la domenica e festivi ore 11.30, 15.30, 16.30, visita alla mostra con guida specializzata; è possibile prenotare via mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. , oppure presentarsi all’ingresso del museo fino a esaurimento posti; costo € 17,00 (ingresso e guida).
Presentando il biglietto d’ingresso della Fondazione è possibile visitare lo Csac a prezzo scontato www.csacparma.it.
Mostra e Catalogo (Silvana Editoriale) a cura di Dario Cimorelli e Stefano Roffi,
saggi in catalogo di Omar Calabrese, Stefano Bulgarelli, Dario Cimorelli, Emmanuel Grossi, Roberto Lacarbonara, Stefano Roffi.


La mostra è realizzata grazie al contributo di:
FONDAZIONE CARIPARMA, CRÉDIT AGRICOLE ITALIA.
Media partner: Gazzetta di Parma.
Con la collaborazione di: AXA XL Art & Lifestyle, parte di AXA XL, divisione di AXA, e di Aon
Angeli Cornici, Cavazzoni Associati, Fattorie Canossa, Società per la Mobilità e il Trasporto Pubblico.

 

 

ONIRONAUTICA

ONIRONAUTICA mostra alla Fondazione Luciana Matalon di Nello Taietti

Una mostra fotografica e una rappresentazione teatrale, il cui fil rouge è il sogno lucido, ossia quello stato in cui il soggetto si accorge di sognare e agisce consapevolmente all’interno dello stesso.

Dal 18 al 28 Settembre gli spazi della Fondazione Luciana Matalon ospiteranno la mostra personale di Nello Taietti, Onironautica. Onironautica si articola in una mostra fotografica e in una rappresentazione teatrale, il cui fil rouge è il sogno lucido, ossia quello stato in cui il soggetto si accorge di sognare e agisce consapevolmente all’interno dello stesso. Il percorso espositivo si articola in quarantotto scatti tra fiori, paesaggi naturali e figure femminili. Le immagini soffuse, sovraesposte alla luce e i toni pastello sottolineano la loro provenienza da luoghi onirici.

Come sottolinea Roberto Borghi: “sono immagini scaturite da un intento lucido, cioè selezionate e proposte secondo un criterio ben rintracciabile, quelle che vediamo scorrere in mostra: scatti effettuati secondo una logica duale, che vede alternarsi la natura e la figura umana, in un avvicendamento che tende alla massima fluidità.” Livio Moiana aggiunge: “Il mio consiglio a chi guarda le sue opere è di andare immediatamente oltre il soggetto che cattura la nostra attenzione al primo impatto. Sullo sfondo, a volte celato e in modo discreto c’è l’essenza della sua foto. Non sarà mai davanti a noi come un cartello. Le sue foto richiedono la nostra partecipazione coi sensi.”

Le ultime immagini del percorso espositivo introducono lo spettatore alla rappresentazione teatrale, ideata da Nello Taietti, interpretata dall’attore Daniele Crasti e accompagnata dalle note al pianoforte di Luca Arnaldo Maria Colombo. Nello spettacolo viene liberamente reinterpretata la nota opera lirica Madama Butterfly; tale rappresentazione nasce da un sogno dell’autore e si trasforma in una narrazione poetica per immagini, che racconta in chiave moderna il dramma pucciniano. Nella sua dimensione onirica, Nello Taietti prova un amore non corrisposto per Cio-Cio-San, un’icona di amore e di bellezza ed un personaggio caro all’autore fin dal 2002, quando mise in scena l’Opera al Teatro Piccolo di Milano.

NELLO TAIETTI

Dagli anni Ottanta si dedica alla fotografia analogica e alla stampa, passione che gli viene trasmessa dal padre in tenera età. Segue un corso al Circolo Filologico Milanese guidato sapientemente da professori illustri quali Virgilio Carnisio e Gianni Berengo Gardin. In quegli anni partecipa inoltre alla SICOF (Salone Internazionale Cine Ottica Fotografia) presentando due fotografie scattate nelle movimentate strade milanesi. Nel 2000 apre la Galleria d’Arte contemporanea MILARTE, una realtà internazionale impegnata, nel panorama artistico e culturale, a garantire fecondi scambi tra la cultura italiana, giapponese e coreana, nonché ad offrire ampia visibilità tanto ad artisti affermati quanto a giovani promesse. Il 7 Marzo 2002 porta in scena la Madama Butterfly di Puccini al Nuovo Piccolo Teatro Strehler di Milano grazie alla bravura e all’interpretazione di artisti coreani, italiani e giapponesi, accomunati dall’amore per la lirica e dal desiderio di celebrare il connubio tra due culture ancora così lontane, quella orientale e quella occidentale. Dal 2002 al 2004 ha insegnato ‘Marketing del mercato dell’arte’ all’Accademia di Belle Arti di Brera. Contemporaneamente ha progettato e realizzato corsi di formazione in ambito artistico finanziati dalla Regione Lombardia e destinati ai giovani disoccupati. Nel 2007 diventa prima direttore e poi presidente della Fondazione Luciana Matalon. Nel Maggio 2014 cura la mostra fotografica di Yoshie Nishikawa dal titolo ‘Purificazione’. Nell’Aprile 2019 compie un viaggio fotografico in Hokkaido (Giappone) con Amanda Ronzoni, fotogiornalista del National Geographic.

SCHEDA TECNICA: ONIRONAUTICA

Fondazione Luciana Matalon, Foro Buonaparte 67, Milano

Da mercoledì 18 a sabato 28 settembre Vernissage: mercoledì 18 settembre alle 18.

Apertura: da martedì a sabato dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 19.00.

RAPPRESENTAZIONE TEATRALE:

sabato 21 settembre alle 16 e alle 18 (2 spettacoli);

domenica 22 settembre ore 16 (replica per i soci dell'Associazione Notturno Musica)

Ingresso libero ro previa prenotazione Regia, testi, coordinamento: Nello Taietti Voce Narrante: Daniele Crasti Al Pianoforte: Luca Arnaldo Maria Colombo

 

 

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Spencer Tunick, Aletsch Glacier, Switzerland (2007), Fujicolor crystal archive print, 120 x 150 cm. Courtesy: Collezione Martine e Pierino Ghisla-Jacquemin

LOOK AT ME! Il Corpo nell’Arte dagli anni ’50 a oggi alla Fondazione Ghisla

Una lettura traversale dell’arte, dal dopoguerra a oggi, attraverso il tema del corpo in fotografia, nei lavori di artisti e fotografi internazionali.

La Fondazione Ghisla dall' 8 settembre al 5 gennaio presenta Look at me! Il Corpo nell’Arte dagli anni ’50 a oggi, una lettura traversale dell’arte, dal dopoguerra a oggi, attraverso il tema del corpo in fotografia, nei lavori di artisti e fotografi internazionali.
Un’immagine del grande americano Irving Penn, datata 1949-1950, introduce la mostra, curata da Angela Madesani e Annamaria Maggi.
 
Look at me! è un’articolata indagine attraverso il mezzo fotografico, che, dai lavori socialmente impegnati degli anni Sessanta e Settanta, porta ai grandi autori della fotografia degli anni Ottanta e giunge sino alla contemporaneità.
«La prospettiva dalla quale si è partiti è un’indagine sulla relazione tra il corpo femminile e maschile e le ricerche di alcuni importanti artisti che hanno lavorato con il cinema, il video, la fotografia, l’installazione. Una ricerca che esce dal riduttivo concetto di genere per porre in dialogo artisti e opere assai diversi fra loro», afferma Angela Madesani.

“Il corpo – spiega Annamaria Maggi – nella storia dell'arte è il soggetto più antico: sin dalle prime forme di rappresentazione, e per molti versi ancor oggi, il corpo umano è il soggetto principe delle diverse pratiche artistiche. Senza il corpo non ci sarebbe l’arte. In passato la figura umana è stata l'imprescindibile strumento per comunicare storie e per dare forma visibile a sentimenti, credenze e concetti; ancor oggi, nonostante il moltiplicarsi di tendenze e prassi non figurative succedutesi nell’ultimo secolo, il corpo rimane ancora il protagonista della ricerca di molti degli autori contemporanei più radicali e interessanti: il corpo continua a venir chiamato dall'arte ad esser simbolo».
 
I lavori, cronologicamente collocati fra i Sessanta e i Settanta, sono quasi sempre testimonianza di azioni performative come nel caso di Marina Abramovic, di Vito Acconci, di Urs Lüthi, di Ana Mendieta, di Fabio Mauri, di Bruce Nauman, di Denis Oppenheim e di Gina Pane.
Vengono quindi proposte opere di grandi fotografi, che hanno posto il corpo, al centro delle loro ricerche, come Robert Mapplethorpe con le immagini di nudo maschile, in chiave perlopiù sadomaso e omoerotica.
Moda, pubblicità, sono il fulcro del lavoro di uno dei più irriverenti autori della fotografia degli ultimi trent’anni, David Lachapelle: le sue immagini dai colori molto forti presentano soggetti talvolta provocatòri, come nell’opera in mostra.
Donne in pose inequivocabilmente erotiche sono ritratte dall’artista-fotografo giapponese Nobuyoshi Araki. Della stessa nazionalità è anche Izima Kaoru, che alle giovani modelle che fotografa, chiede in che circostanza desidererebbero morire e come vorrebbero essere vestite. Immagini di grande eleganza, in aperto contrasto con quelle dure, esplicite dell’americana Nan Goldin.  Eros e thanatos è anche il soggetto delle immagini in mostra dell’americano Andres Serrano, in cui vecchiaia e giovinezza sono poste a confronto.
Delicati, struggenti sono gli autoritratti di Francesca Woodman, suicida a poco più di vent’anni. Autoritratti sono anche quelli di Cindy Sherman, che sin dai primi passi in ambito artistico, ha utilizzato il travestitismo e il trasformismo. Così come Luigi Ontani, che dagli anni Settanta si autoritrae in diverse fogge.
L’opera degli anni Novanta dell’inglese John Coplans è costituita da autoritratti dell’artista da vecchio in cui sono posti in evidenza i segni del passare del tempo.
Donne, anche in declinazioni erotiche e voyeuristiche, sono i soggetti delle immagini della francese Bettina Rheims.

Soggetti delle fotografie di grandi dimensioni di Spencer Tunick sono gruppi di persone nude ritratti in contesti spiazzanti, come nel lavoro in mostra, che ha come sfondo il grande ghiacciaio dell’Aletsch in Svizzera.
In mostra anche un grande lavoro di Vanessa Beecroft, una delle più importanti artiste del panorama contemporaneo italiano, ideatrice e regista da oltre vent’anni di performance, in cui giovani donne danno vita a tableaux vivants di diversa natura.
Il corpo, il suo, è il fulcro dei lavori dell’iraniana Shirin Neshat, tesi a sottolineare la complessità delle condizioni esistenziali della donna nella cultura iraniana e del suo rapporto con i maschi.
«Il mio corpo funge da barometro, diventa un ago che unisce gente di tempi e luoghi diversi», ha affermato l’artista sudcoreana, newyorchese di adozione, Kimsooja.
Collage costituiti da fotografie di membra umane sono il soggetto di Study for a portait di Peter Welz, in cui il corpo assume una valenza del tutto diversa dalle altre opere in mostra.
Same Same But Different sono due foto molto grandi di Stefano Scheda, allestite una di fronte all’altra, in cui i corpi di due uomini nudi, uno bianco e uno nero spuntano dal mare e si salutano alzando il braccio. Un’opera che invita a riflettere, ad andare oltre le apparenze, in un momento storico in cui la paura del diverso sembra diventata la parola d’ordine.
 
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Scalpendi Editore.