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Emilio Tadini 1967-1972 - Davanti agli occhi, dietro lo sguardo

La terza mostra dedicata all’artista e intellettuale milanese Emilio Tadini.

Fondazione Marconi presenta da mercoledì, 27 marzo, dalle 18.00 alle 21.00Emilio Tadini 1967-1972, la terza mostra dedicata all’artista e intellettuale milanese Emilio Tadini. Dopo Emilio Tadini 1960-1985. L’occhio della pittura del 2007 e Emilio Tadini 1985-1997. I profughi, i filosofi, la città, la notte del 2012, questo nuovo progetto espositivo visitabile dal 28 marzo al 28 giugno pone l’attenzione sugli esordi della produzione artistica di Tadini, dal 1967 al 1972, ovvero dal primo ciclo Vita di Voltaire, che segna la nascita del suo linguaggio pittorico, fino ad Archeologia.

Considerato uno tra i personaggi più originali del dibattito culturale del secondo dopoguerra italiano, fin dagli anni Sessanta Emilio Tadini sviluppa la propria pittura per grandi cicli, popolati da un clima surreale in cui confluiscono elementi letterari, onirici, personaggi e oggetti quotidiani, spesso frammentari, dove le leggi di spazio e tempo e quelle della gravità sono totalmente annullate.

Le opere di Tadini nascono da un clima emotivo, da un flusso mentale “in qualche zona semibuia della coscienza” dove le immagini emergono in un procedimento freudiano di relazioni e associazioni e dove le situazioni “reali” che il pittore raffigura sono immerse nell’atmosfera allucinata del sogno, in un clima surrealista-metafisico. Questo processo automatico si sviluppa, più che sulla prima immagine del quadro, sulla serie: da un’immagine ne scaturiscono altre, modificandola e alterandola.

Ogni volta l’artista produce un racconto, tanto che la sua pittura cresce a cicli, come una serie di romanzi a puntate.
La lettura delle sue opere richiede strumenti di natura concettuale, le immagini apparentemente semplici e immediate, nascondono molteplici significati (“tutto accade davanti ai nostri occhi… il pensiero si ripara… dietro lo sguardo”), non mancano i riferimenti al Surrealismo e alla Metafisica di de Chirico, come anche alla psicanalisi di Lacan e Freud. Tadini domina con singolare capacità due tipi di linguaggi, il visivo e il letterario, lavorare per cicli lega anche la sua pittura alla cultura letteraria e in particolare alla pratica della scrittura, di cui è maestro. Il suo lavoro è dunque luogo di convergenza di linguaggi differenti.

Tra il 1967 e il 1972 l’attività pittorica dell’artista è particolarmente prolifica e va delinandosi la sua modalità operativa e stilistica.
Punto di partenza è la pop art: le prime due grandi serie di opere per cui Tadini concepisce un linguaggio pop sono la Vita di Voltaire, del 1967, e L’uomo dell’organizzazione, dell’anno successivo. Seguono, nell’ordine, Color & Co. (1969), Circuito chiuso (1970), Viaggio in Italia (1971), Paesaggio di Malevič e Archeologia (1972).

Non sono tuttavia le aggressive manifestazioni tipiche del pop americano a interessarlo, bensì le varianti più introspettive e personali, a volte intellettuali, politiche e critiche, del pop britannico. Un occhio particolare è rivolto all’arte di Kitaj, Blake, Hockney e Allen Jones ma anche a Francis Bacon e Patrick Caufield, alla Figuration narrative di Adami, Arroyo e Télémaque. Sarà questa una fase di passaggio che l’artista abbandonerà negli anni Ottanta, destinata comunque a lasciare un segno indelebile nei suoi lavori successivi.

Accanto ai quadri, la mostra presenta una selezione di disegni e opere grafiche a testimonianza del fatto che Tadini ha sempre affiancato nei suoi “racconti per immagini” tela e carta, pittura e disegno.
Obiettivo finale del progetto espositivo Emilio Tadini 1967-1972 è riportare “alla luce” il lavoro grafico e pittorico del maestro milanese per ricostruire la figura di un artista totale (pittore, disegnatore, intellettuale, scrittore e poeta) colto e profondo, anche alla luce del particolare rapporto con Giorgio Marconi, gallerista, collezionista e soprattutto amico di Tadini.

“L’incontro con Marconi è stato importante, mi ha dato una grande fiducia di potere fare questo lavoro di pittore professionalmente”, racconta lo stesso Tadini. “E subito dopo, lavorando, viene fuori la prima grande serie che è quella della ‘Vita di Voltaire’, dove si vede l’influenza della Metafisica, si alleggerisce la materia pittorica, uso fondi chiari monocromi e comincia un po’ la storia della mia pittura. A questo punto c’è ormai questa come attività professionale, tanto che io sospendo il lavoro letterario: prendo appunti, per me, come se volessi autorizzare davanti a me stesso una scelta.”
(A.C. Quintavalle, Emilio Tadini, Fabbri Editori, 1994)


INFO:
Fondazione Marconi
Via Tadino 15 - 20124 Milano
T. +39 02 29 419 232
F. +39 02 29 417 278
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www.fondazionemarconi.org

 

 

 

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Fondazione Carriero presenta Lygia Pape

La prima mostra personale, a cura di Francesco Stocchi, dedicata da un’istituzione italiana a una delle maggiori esponenti del Neoconcretismo in Brasile

Dal 28 marzo al 21 luglio la Fondazione Carriero presenta Lygia Pape, a cura di Francesco Stocchi, prima mostra personale mai dedicata da un’istituzione italiana a una delle maggiori esponenti del Neoconcretismo in Brasile, organizzata in stretta collaborazione con l’Estate Projeto Lygia Pape.

A quindici anni dalla scomparsa di Lygia Pape (Rio de Janeiro, 1927-2004), la Fondazione Carriero intende raccontare e approfondire il percorso dell’artista brasiliana sottolineandone in particolare l’eclettismo e la poliedricità. Nell’arco dei quarantacinque anni della sua carriera, Pape si è confrontata con una molteplicità di linguaggi – dal disegno alla scultura, dal video al balletto, sconfinando nell’installazione e nella fotografia – facendo propria la lezione del modernismo europeo per poi fonderlo con le istanze della cultura del suo Paese, fino ad arrivare a una personalissima sintesi tra le pratiche artistiche. Seguendo l’architettura della Fondazione, la mostra rappresenta un vero e proprio viaggio nel mondo dell’artista, che si articola in diversi ambienti, ciascuno deputato all’approfondimento di un aspetto del suo lavoro attraverso la presentazione di nuclei di opere realizzate tra il 1952 e il 2000. La mostra propone un’occasione di conoscenza, analisi e confronto con un’artista la cui pratica contiene alcune delle ricerche chiave dell’arte del secondo dopoguerra.

Il lavoro di Lygia Pape presenta una particolare declinazione del modernismo, dove la figura umana acquisisce centralità e il linguaggio si apre alla sensualità, in una sorta di sincretismo artistico che riesce ad attrarre e far convivere mondi diametralmente opposti. Il rapporto con la sua terra natale, il Brasile, si fonde con lo studio delle istanze del costruttivismo russo, assorbito e riformulato in un linguaggio multiforme e originale. Mentre il modernismo europeo propone il superamento del passato tramite un sistema organizzato di teoria e metodo, di rigore e razionalità, la proposta modernista di Lygia Pape si nutre della sua cultura d’origine e riesce a muoversi e trasformarsi più liberamente traendo ispirazione dalla natura e dall’uomo. Il risultato di questo processo dà vita a un corpus di opere che, alchemicamente, miscela diversi mezzi espressivi, stimolando tutti i canali percettivi fino a reinventare il rapporto tra opera e spettatore in un’ottica fortemente contemporanea, per cui il percorso verso il futuro è veicolato dall’istinto e dall’assenza di un processo preordinato.

La mostra Lygia Pape offre ai visitatori l’occasione di avvicinarsi alla produzione dell’artista e osservarla da molteplici punti di vista, a partire dall’analisi della sua ricerca, una sintesi tra invenzione e contaminazione, da cui emergono colore, gioia e sensualità. Il pieno e il vuoto, la presenza e l’assenza convivono ponendo in risalto la figura di Pape e la sua continua sperimentazione, supportata dalla capacità di fondere in maniera inedita materiali e tecniche mediante l’utilizzo di modalità espressive e linguaggi non convenzionali. Il complesso della sua produzione evidenzia infatti come ogni nuova ricerca nasca e si sviluppi come naturale evoluzione delle precedenti. Queste connessioni sono messe in risalto dall’allestimento delle opere in mostra, che si articolano negli ambienti della Fondazione e rimangono legate a una radice comune; il filo conduttore trova la sua origine nell’osservazione della natura e nella sua traduzione in segno.

Tra le opere esposte troviamo ad esempio Livro Noite e Dia e Livro da Criação, alcuni dei suoi principali lavori, libri intesi come oggetti con cui entrare in relazione che condensano esperienze mentali e sensoriali. I Tecelares, la serie di incisioni su legno in cui si fondono tradizione popolare brasiliana e ricerche costruttiviste di origine europea. E ancora, Tteia1, la celebre installazione che racchiude tutta l’indagine di Lygia Pape sui materiali, la tridimensionalità e la costante propensione all’innovazione e reinterpretazione del suo linguaggio.

Ancora oggi il suo lavoro offre interessanti strumenti per interpretare le istanze del nostro presente con un approccio meno intriso di regole e più orientato alla spontaneità, che già l’artista aveva adottato come chiave di lettura per rappresentare il mondo che ci circonda.

Lygia Pape si inserisce coerentemente nel percorso iniziato dalla Fondazione Carriero con imaginarii (settembre 2015), FONTANA • LEONCILLO Forma della materia (aprile 2016), FASI LUNARI (ottobre 2016), PASCALI SCIAMANO (marzo 2017), Sol Lewitt. Between the Lines (novembre 2017-giugno 2018, co-curata con Rem Koolhaas) e Giulio Paolini. del Bello ideale mostre curate da Francesco Stocchi il cui punto cardine è l’approccio dialogico e la tensione costante verso ricerca e sperimentazione.

La mostra è resa possibile grazie alla stretta collaborazione con l’Estate Projeto Lygia Pape e a prestiti provenienti da prestigiose istituzioni pubbliche e importanti collezioni private.

Per tutta la durata della mostra verranno organizzati gratuitamente laboratori didattici per le scuole e durante i fine settimana saranno pianificati percorsi educativi per i bambini per le loro famiglie.

La mostra sarà accompagnata da un catalogo (italiano e inglese), edito da Koenig Books, curato da Francesco Stocchi, che raccoglierà testi critici, materiale di archivio e immagini delle opere allestite negli spazi della Fondazione Carriero.

 

 

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  Contadina al lavoro per la manutenzione delle siepi del tè di Dazhangshan, fattoria di Kaoshui, ottobre 2018. Fotografia di Davide Gambino per Fondazione Benetton Studi Ricerche.

 

 Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino a I giardini del tè di Dazhangshan

La Fondazione Benetton Studi Ricerche ha deciso di dedicare la trentesima edizione del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino a I giardini del tè di Dazhangshan.

Il Comitato scientifico della Fondazione Benetton Studi Ricerche ha deciso di dedicare la trentesima edizione del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino a I giardini del tè di Dazhangshan, situati nella contea di Wuyuan, nella parte nord-orientale della provincia del Jiangxi, nella Cina meridionale.

Ai piedi della montagna Dazhangshan, un vasto sistema di rilievi collinari accoglie in questa regione le coltivazioni del tè: campi ondulati, inconfondibili per il disegno ordinato delle piantagioni che scorrono in forma di siepi parallele e a tratti interrompono la copertura del manto boschivo o la distesa delle risaie nei fondivalle. La pianta del tè – quella Camellia sinensis che in quest’area della Cina ha avuto buona parte delle sue origini storiche – dà forma a un paesaggio contemporaneo condotto secondo rigorosi criteri agroecologici, in grado di raccogliere il senso della storia e di proiettare nel futuro il valore di un ambiente rurale nel quale l’uomo stabilisce una relazione di armonia con la natura.

In questo luogo il Comitato scientifico ha individuato quei valori ricercati ogni anno dal Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, iniziativa che costituisce, dal 1990, uno dei principali e originali progetti condotti dalla Fondazione nell’ambito della sua attività scientifica rivolta al paesaggio, allo studio e alla cura dei luoghi, coniugando il campo della ricerca, della documentazione, dell’editoria e della divulgazione culturale.
Il Premio, così intitolato in onore di Carlo Scarpa (1906-1978), architetto e inventore di giardini, è una campagna di studio e di cura rivolta ogni anno a uno specifico luogo del mondo, scelto dal gruppo di studiosi che costituisce il Comitato scientifico perché particolarmente denso di valori di natura, di memoria e di invenzione e individuato a seguito di momenti di confronto, ricerche specifiche, viaggi di studio e approfondimento.

La campagna del Premio Carlo Scarpa consiste in una serie di attività ritenute utili per la conoscenza, la salvaguardia e la valorizzazione del luogo designato. In particolare sono previste: la cura e pubblicazione di un libro in italiano e in inglese, la produzione di un film documentario, la realizzazione di una mostra, l’organizzazione di uno o più incontri di studio e di una cerimonia pubblica nel corso della quale viene consegnato all’ente o alla persona responsabile del luogo un riconoscimento simbolico costituito da un “sigillo” disegnato da Carlo Scarpa.

In occasione della trentesima edizione si è scelto, nell’ambito della mostra connessa al Premio, di coinvolgere anche il linguaggio dell’arte per raccontare alcuni valori fondativi del Premio stesso e ripercorrerne brani di storia. Le Gallerie delle Prigioni di Treviso, luogo dedicato alla cultura contemporanea, spazio di esposizioni e programmi educativi, casa dei progetti di arte contemporanea promossi da Luciano Benetton sotto l’egida della Fondazione Benetton, sono parse l’ambiente ideale dove dar vita a questo inedito percorso. L’esito sarà una mostra che unirà ricerca nell’ambito dello studio del paesaggio e ricerca in ambito artistico e indagherà un tema centrale nelle attenzioni della Fondazione e in molte edizioni del Premio, quale quello del “curare la terra”, attraverso lo sguardo di alcuni artisti.

Il Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 2019 prevede nel mese di maggio, a Treviso, i suoi principali appuntamenti pubblici.
Venerdì 10 maggio alle ore 18 è in programma, nelle Gallerie delle Prigioni, l’apertura dell’esposizione The Ground We Have in Common, che vede la curatela di Patrizia Boschiero, Fondazione Benetton, e di Nicolas Vamvouklis, Gallerie delle Prigioni. La mostra durerà fino al 30 giugno.

Sabato 11 maggio si svolgeranno un convegno internazionale di approfondimento nella sede della Fondazione Benetton (ore 9.30-13.30) e la cerimonia pubblica del Premio nel Teatro Comunale di Treviso (ore 17), con la presentazione di un film documentario realizzato dalla Fondazione con il regista Davide Gambino e la collaborazione di Gabriele Gismondi, e di un volume collettivo, curato da Patrizia Boschiero, Luigi Latini e Maurizio Paolillo, entrambi dedicati a I giardini del tè di Dazhangshan, e con la consegna del sigillo disegnato da Carlo Scarpa, simbolo del Premio, a Hong Peng, figura responsabile dell’Associazione dei coltivatori di tè biologico di Dazhangshan e delle sue coltivazioni, nonché presidente della Jiangxi Wuyuan Dazhangshan Organic Food Company. Il Premio, posto nelle sue mani, intende essere espressione di vicinanza e riconoscimento per tutte quelle persone che in questo luogo, dove la complessità degli aspetti economici, ecologici, etici ed estetici che definiscono un paesaggio appaiono unirsi armoniosamente, testimoniano con il proprio lavoro la necessità di sviluppare una relazione sempre più consapevole con la terra e con i suoi frutti, nella dimensione fisica di questi “giardini” radicati nel loro contesto e insieme nella realtà mobile delle contemporanee “rotte del tè” che da quest’angolo di Cina portano altrove foglie depositarie di valori culturali ed ecologici profondi.

Domenica 12 maggio alle ore 18 sarà proposto, nella chiesa di San Teonisto, un concerto di musica cinese in omaggio al luogo designato dal Premio.

Iniziativa culturale con il patrocinio di: Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo; Ministero per i beni e le attività culturali; Regione del Veneto; Città di Treviso.

Comitato scientifico e coordinamento del Premio

Luigi Latini, architetto, Università Iuav di Venezia (presidente);
Maria Teresa Andresen, paesaggista, Università di Porto;
Giuseppe Barbera, agronomo, Università degli Studi, Palermo;
Hervé Brunon, storico del giardino, CNRS, Centre André Chastel, Parigi;
Anna Lambertini, paesaggista, Università di Firenze;
Monique Mosser, storica dell’arte, Scuola superiore di architettura, Versailles;
Joan Nogué, geografo, Università di Girona;
José Tito Rojo, botanico, Università di Granada.

Membri onorari: Carmen Añón, paesaggista, Università di Madrid; Domenico Luciani, architetto, direttore della Fondazione Benetton Studi Ricerche dal 1987 al 2009, ideatore e responsabile del Premio 1990-2014 (membro onorario dal 2015).

Partecipano ai lavori del Comitato il direttore della Fondazione, Marco Tamaro e i responsabili dei diversi settori, Patrizia Boschiero, Francesca Ghersetti, Massimo Rossi, Simonetta Zanon.

Le attività del Premio Carlo Scarpa sono coordinate da Patrizia Boschiero e dal presidente del Comitato scientifico, Luigi Latini.

Info: www.fbsr.it

 

 

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MODENA RENDE OMAGGIO A FRANCO FONTANA

Modena rende omaggio a Franco Fontana (1933), uno dei suoi artisti più importanti e tra i più conosciuti a livello internazionale.

Dal 23 marzo al 25 agosto alla Fondazione modena arti visive Sintesi la mostra che ripercorre l’intera carriera del fotografo modenese Franco Fontana. 

Nelle tre sedi della Palazzina dei Giardini, del MATA - Ex Manifattura Tabacchi e della Sala Grande di Palazzo Santa Margherita, ospita la mostra, dal titolo Sintesi, che ripercorre oltre sessant’anni di carriera dell’artista modenese e traccia i suoi rapporti con alcuni dei più autorevoli autori della fotografia del Novecento.

L’esposizione è suddivisa in due sezioni.

La prima, curata da Diana Baldon, direttrice di FONDAZIONE MODENA ARTI VISIVE, allestita nella Sala Grande di Palazzo Santa Margherita e nella Palazzina dei Giardini, rappresenta la vera sintesi - come recita il titolo - del percorso artistico di Franco Fontana, attraverso trenta opere, la maggior parte delle quali inedite, realizzate tra il 1961 e il 2017, selezionate dal vasto archivio fotografico dell’artista.

Questo nucleo si concentra su quei lavori che costituiscono la vera cifra espressiva di Fontana. Sono paesaggi urbani e naturali, che conducono il visitatore in un ideale viaggio che lega Modena a Cuba, alla Cina, agli Stati Uniti e al Kuwait.

Fin dagli esordi, Fontana si è dedicato alla ricerca sull’immagine fotografica creativa attraverso audaci composizioni geometriche caratterizzate da prospettive e superfici astratte significandone e testimoniandone la forma. Queste riprendono soggetti vari, che spaziano dalla cultura di massa allo svago, dal viaggio alla velocità, quale allegoria della libertà dell’individuo, in cui la figura umana è quasi sempre assente o vista da lontano.

Le sue fotografie sono state spesso associate alla pittura astratta modernista, per la quale il colore è un elemento centrale, mentre le linee geometriche delle forme dissimulano la rappresentazione della realtà. Questo suo innovativo approccio si è imposto, a partire dagli anni sessanta del secolo scorso, come una carica innovatrice nel campo della fotografia creativa a colori.

La seconda sezione, curata dallo stesso Franco Fontana, ospitata dal MATA - Ex Manifattura Tabacchi, propone una selezione di circa cento fotografie che Franco Fontana ha donato nel 1991 al Comune di Modena e Galleria Civica che costituisce un’importante costola del patrimonio collezionistico ora gestito da Fondazione Modena Arti Visive. Tale collezione delinea i rapporti intrecciati dall’artista con i grandi protagonisti della fotografia internazionale. A metà degli anni settanta, Fontana inizia infatti a scambiare stampe con altri fotografi internazionali, raccogliendo negli anni oltre 1600 opere di molti tra i nomi più significativi della fotografia italiana e internazionale, da Mario Giacomelli a Luigi Ghirri e Gianni Berengo Gardin, da Arnold Newman a Josef Koudelka e Sebastião Salgado. Questa sezione testimonia la vastità e la genuinità delle relazioni di Fontana con colleghi di tutto il mondo, in molti casi divenute legami di amicizia profonda, e la stima di cui è circondato, attestata dalle affettuose dediche spesso presenti sulle fotografie.

La mostra sarà accompagnata da un catalogo edito da Franco Cosimo Panini disponibile in mostra.

La mostra Franco Fontana. Sintesi è realizzata in collaborazione con il festival Fotografia Europea di Reggio Emilia, che nell’edizione 2019 sarà dedicato al tema LEGAMI. Intimità, relazioni, nuovi mondi.

Note biografiche

Franco Fontana è nato a Modena nel 1933, dove vive e lavora. Tra le principali personali si ricordano Vita Nova, Palazzo Ducale, Genova (2014); La luz del paisaje, IVAM, Valencia (2011); Franco Fontana, Museo de Bellas Artes, Buenos Aires (2007); Ombre e colori, Palazzo Reale, Milano (2004); Franco Fontana, Galleria Civica d’Arte Moderna, Torino (2001); Sorpresi nella luce americana, Galleria Civica, Modena (2000); Varivalokuvia fargfotografier, Finnish Museum of Photography, Helsinki (1990). Le sue opere fanno parte di importanti collezioni museali internazionali tra le quali Maison Européenne de la Photographie, Parigi; International Museum of Photography, Rochester, NY; Museum of Modern Art, San Francisco; Ludwig Museum, Colonia; Pushkin Museum, Mosca; Stedelijk Museum, Amsterdam; Metropolitan Museum, Tokyo; Museum of Modern Art, Parigi; Victoria & Albert Museum, Londra. Ha tenuto workshop e conferenze al Guggenheim Museum di New York, all’Institute of Technology di Tokyo, all’Académie Royale des Beaux-Arts di Bruxelles, all’Università di Toronto. Ha collaborato con il Centre Georges Pompidou, il Ministero della Cultura giapponese e il Ministero della Cultura francese.

Sedi espositive:

Palazzo Santa Margherita, Sala Grande, Corso Canalgrande 103, Modena

Palazzina dei Giardini, Corso Cavour 2, Modena

MATA - Ex Manifattura Tabacchi, via della Manifattura dei Tabacchi 83, Modena

 

 

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PROJECT ROOM 2019

Project Room #10. Sophia Al-Maria. Mirror Cookie è dunque il primo appuntamento del ciclo Project Room 2019 a cura di Cloé Perrone.

La Fondazione Arnaldo Pomodoro apre il 2019 inaugurando il 13 marzo un nuovo ciclo di Project Room affidato alla guest curator Cloé Perrone.

Seguendo il percorso di rinnovamento tracciato a partire dal 2016, il Comitato Scientifico della Fondazione – composto da Lorenzo Respi (direttore di produzione della FMAV – Fondazione Modena Arti Visive), Andrea Viliani (direttore generale della Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee / MADRE – Museo d'Arte Contemporanea Donnaregina di Napoli) e da Luca Massimo Barbero (direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini di Venezia e curatore associato presso la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia) che ha fatto il suo ingresso nel gennaio 2019 con mandato triennale – ha nominato un curatore ospite a cui ha affidato il compito di individuare e segnalare tre figure rilevanti all’interno del panorama artistico internazionale, a cui commissionare un intervento pensato per coinvolgere l’intero spazio espositivo. La Fondazione Arnaldo Pomodoro si presenta oggi come un vivace osservatorio della scena contemporanea, con particolare attenzione verso artisti under 40 che indagano in modo innovativo la scultura come pratica artistica e disciplina linguistica.
 
Project Room #10. Sophia Al-Maria. Mirror Cookie è dunque il primo appuntamento del ciclo Project Room 2019 a cura di Cloé Perrone, che quest’anno propone tre mostre personali di giovani artiste internazionali: Sophia Al-Maria, Caroline Mesquita e Rebecca Ackroyd. Le tre protagoniste scelte da Cloé Perrone sono tutte artiste che utilizzano la scultura all’interno di una pratica multidisciplinare, espandendone così la definizione stessa. La scultura, non essendo trattata come risultato ma come processo, diventa nel loro lavoro uno strumento per costruire ambienti nei quali il visitatore è costretto a interfacciarsi con progetti che trattano fenomeni socio-culturali quali la misoginia, l’apocalisse e l’identità nazionale.
 
Fino al 31 maggio l’artista qataro-americana Sophia Al-Maria porta alla Fondazione Arnaldo Pomodoro Mirror Cookie, un’installazione composta da un video - co-prodotto da Project Native Informant, London e Anna Lena Films - proiettato su uno schermo appoggiato su un boudoir, immerso in una stanza circondata da specchi.
Fan del blog dell’attrice Bai Ling sin dai primi anni 2000, Al-Maria era incuriosita da un tema ricorrente nei post di Bai: cookie (biscotto). Sophia ha pensato per lungo tempo che cookie fosse una persona, forse un amante segreto. In realtà, Bai stava scrivendo affermazioni di amore e positività rivolte a se stessa.
L’installazione Mirror Cookie (2018) raccoglie una serie dei cookies di Bai, riorganizzati in un monologo sconnesso che richiama la “tecnica dello specchio”, una pratica di rafforzamento dell’autostima. Un’improvvisazione appassionata consegnata alla macchina da presa, come se la “quarta parete” da abbattere fosse il proprio riflesso.

 

 

 

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Prospettiva Arte Contemporanea. La Collezione di Fondazione Fiera Milano – Gallerie d'Italia, Piazza Scala
Veduta dell'installazione © Emmestudio, Jacopo Menzani 

 

Prospettiva Arte Contemporanea. La Collezione di Fondazione Fiera Milano

La mostra nasce con l’intento di evidenziare la diversità di linguaggi, materiali e provenienza delle opere acquisite a partire dal 2012.

La collezione d’arte di Fondazione Fiera Milano fa il suo debutto alle Gallerie d’Italia con la mostra Prospettiva Arte Contemporanea. La Collezione di Fondazione Fiera Milano. Organizzata in collaborazione con Intesa Sanpaolo, l’esposizione sarà visitabile dal 14 marzo al 7 maggio 2019 presso la Sala delle Colonne delle Gallerie.

Prospettiva Arte Contemporanea presenta per la prima volta al pubblico le opere acquisite da Fondazione Fiera Milano nell’ambito di miart, la fiera internazionale di arte moderna e contemporanea. La mostra nasce con l’intento di evidenziare la diversità di linguaggi, materiali e provenienza delle opere acquisite a partire dal 2012.

 Le 43 opere in esposizione sono state selezionate da Fondazione Fiera – tra le 82 che compongono la sua collezione – per restituire uno spaccato della ricerca contemporanea internazionale attraverso il lavoro di artisti attivi dalla seconda metà del Novecento fino ai giorni nostri.

Il progetto allestitivo, a cura dell’Architetto Andrea Anastasio, si snoda come all’interno di una domus immaginaria: un susseguirsi di stanze e rientranze che rivelano e, al tempo stesso, proteggono le opere. 

«La Mostra alle Gallerie d’Italia – spiega Giovanni Gorno Tempini, Presidente di Fondazione Fiera Milano – rappresenta un viaggio nella nostra collezione d’arte che, in 7 anni dall’istituzione del nostro fondo acquisizioni, ha ormai raggiunto una consistenza significativa di qualità oltre che in quantità. Fondazione Fiera Milano intende rafforzare il proprio ruolo come attore protagonista, non solo economico, ma anche restituendo un valore fruibile, sotto il profilo culturale, del proprio patrimonio alla società. Così come è stato un successo l’esposizione, conclusa a gennaio 2019, in Triennale Milano, dedicata ad un “viaggio” nei cent’anni di storia imprenditoriale e sociale italiana durante la Fiera Campionaria di Milano attraverso il nostro Archivio Storico, così con Prospettiva Arte Contemporanea mi auguro un analogo importante risultato di pubblico, grazie anche alla consolidata e fruttuosa collaborazione con Intesa Sanpaolo, per una mostra aperta alla cittadinanza nel cuore di Milano che, dallo scorso anno, è tra le prime dieci capitali al mondo per la cultura e l’arte contemporanea». 

Michele Coppola, Direttore Centrale Arte, Cultura e Beni Storici di Intesa Sanpaolo, afferma: «Da alcuni anni le Gallerie d’Italia dedicano la propria Sala delle Colonne ad esposizioni di arte contemporanea in dialogo con le nostre raccolte del Novecento. Dopo rassegne temporanee incentrate su singoli protagonisti dell’arte contemporanea, questo spazio accoglie oggi le opere dalla collezione internazionale di Fondazione Fiera Milano, a un mese dall’avvio di miart e in piena sintonia con il sostegno che Intesa Sanpaolo garantisce alla manifestazione in qualità di main partner. Ancora una volta, la nostra Banca si dimostra profondamente coinvolta nella vita artistica della città e concretamente impegnata, in stretta sinergia con musei e istituzioni, ad arricchirne l’offerta culturale».

Dal 2012 Fondazione Fiera Milano attraverso il proprio fondo acquisisce a miart e a Investec Cape Town Art Fair – la mostra d’arte contemporanea organizzata ogni anno da Fiera Milano a Città del Capo – le opere d’arte con cui, anno dopo anno, sta arricchendo la propria collezione. Le acquisizioni vengono stabilite da una commissione presieduta dal Presidente di Fondazione Fiera Milano e composta da esperti di livello internazionale. Dal 2017 sono entrate a far parte della collezione anche le opere acquisite in passato dall’Associazione Amici di miart.

La raccolta, nella sua interezza, si trova nella storica Palazzina degli Orafi in largo Domodossola, sede di Fondazione Fiera. L’archivio digitale completo delle opere è consultabile sul sito www. fondazionefieramilano.it.

Prospettiva Arte Contemporanea costituisce un ideale prologo a miart, che vede Fondazione Fiera Milano nel ruolo di Partner e Intesa Sanpaolo in quello di Main Partner. miart è la fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea organizzata da Fiera Milano: dal 5 al 7 aprile 2019 nel padiglione 3 di Fieramilanocity, 185 gallerie provenienti da 19 paesi esporranno opere di maestri moderni, artisti contemporanei affermati ed emergenti e designer storicizzati e sperimentali.

La mostra rientra nel palinsesto dell’Art Week, un ricco calendario di iniziative dedicate all’arte moderna e contemporanea promosso dal Comune di Milano|Cultura e miart per accompagnare la Fiera con una settimana di appuntamenti e di eventi collaterali che hanno confermato il posizionamento della città come nuovo centro culturale internazionale, come indicato anche dal rapporto 2018 sul mondo dell’Arte redatto da Deloitte.