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Enrico DAVID, June Sky Sunset, 2020. © Enrico DAVID

Gió Marconi ha il piacere di annunciare "Cielo di giugno" di Enrico David

Enrico DAVID "Cielo di giugno" visibile dal 9 febbraio al 20 marzo. 

  1. Gió Marconi ha il piacere di annunciareCielo digiugno, la prima personale di Enrico David in galleria.Il percorso espositivo, palesando una personalissima declinazione alla leggerezza coniugata a una grande sete diorizzonte, nasce in parte a seguito dell’esperienza di Venezia, nel senso che i materiali originari, note, bozze edisegni che normalmente generano tutta l’opera di David sono stati pensatieappuntati durante il periodo diconcepimento dei contributi per il Padiglione Italia della 58° Biennale.Cielo digiugnomarca una soglia nellapratica di Enrico David: è la prima volta che una sua mostra si compone esclusivamente di lavori grafici, di “inizi”e di “indizi” che in altre circostanze vengono poi tramandati inmedia e linguaggi differenti. La loro sequenza,oscillando tra approssimazione e distanza, l’affondare e il sorvolare, sottolinea la posizione di Enrico David comepittore e ha comepretesto un’esteriorità fatta di aria e atmosfera, di pulviscolo e luce, di vento calante e primobuio. Il sole e la luna e il campo largo. L’osservare diventa un qualcosa che equivale al sedersi su una zolla di terrao su un’impossibile panca ad aspettare un resto irriducibile. Ecco allora che l’orizzonte è quell’utopia che comescriveva Edoardo Galeano è piuttosto una tensione, ci si vorrebbe avvicinare ma lei si sposta sempre più in là e inpratica serve solo a questo, a permetterci semplicemente di continuare ad andarle incontro.La mostra si compone essenzialmente di tre nuclei di dipinti. Le opere che occupano le pareti più corte dellospazio costituiscono una sorta di parentesi e, una dirimpetto all’altra, ne racchiudono icontenuti.Il fraternosilenzio del fango(2020) eZattera viva(2020) sono due tele di grandi dimensioni che, come in un’architettura,costituiscono la struttura portante per gli altri lavori e rappresentano i tralicci su cui il resto si inceppa. E ancora,aquiloni che si impigliano nell’aria, in una luce non più trasmettitrice di materia e con l’eterno sogno dellamalinconia si abbandonano alla caducità, ozattere, il cui il colore si fonde e si dissolve con la consuetaintonazione riflessiva e meditativa, che tengono insieme terra e cielo, ciò che è materiale con ciò che non hacorpo e rischia di andare perduto. Le piccole tele sono invece quasi degli studi, composizioni visive che come inuna sorta di acrostico esplorano le possibilità del dipingere, omeglio, del come fare della pittura nel modo menopittorico possibile.Bassa marea al molo,Fossa madre,Cielo trema o niente, oPunti di fiamma,Salvezza trovata in cielotutti del2020, comeCielo di giugnoche da il titolo alla mostra, sono tele in cui l’immagine succede in un tempo piùrapido, con il gesto vivo di un qualcosa che accade o che sta per accadere, momenti che girano in tondo per poiricadere su se stessi seminando segni di sentimento. Sono immagini scultoree che fanno riferimento ad elementidi natura quali l’erba, le canne di bambù o il fango, materiali frequenti nella pratica di Enrico David. Le pareti dellospazio sono dipinte dello stesso colore naturale della tela, una modalità per cercare in maniera artificiale lamaterialità o l’assenza di materialità della superficie che accoglie i dipinti.Cielo di giugno, cielo di Acrab, la “signora del blu”, al di là della scorsa primavera mai vissuta, oltre lo scontro trala caducità umana e l’impassibile ciclicità della natura, al dì la di questo lungo inverno, l’estate non sopravviveall’estate e ciò che resta è una strana e disagiante tenerezza.Enrico David (n. 1966, Ancona, Italia) vive e lavora a Londra.Tra le suemostre più recenti:Gradations of Slow Release,MCA, Chicago,Hirshhorn Museum and SculptureGarden, Washington (2019);58°Biennale di Venezia, Padiglione Italia a cura di Milovan Farronato, Venezia (2019);Fault Work, Sharjah Art Foundation, Sharjah (2016);Autoparent, Lismore Castle Arts, Lismore(2016); TheHepworth Wakefield, West Yorkshire (2015); Collezione Maramotti, Reggio Emilia (2015); UCLA Hammer Museum,Los Angeles (2013);55°Biennale di Venezia a cura diMassimilano Gioni, Venezia (2013);Head Gas, NewMuseum, New York (2011);Repertorio Ornamentale, Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia (2011);How DoYou Love Dzzzzt by Mammy?, Museum für Gegenwartskunst, Basilea (2009);Bulbous Marauder, Seattle ArtMuseum, Seattle (2008);Ultra Paste, ICA, Londra (2007)e50°Biennale di Venezia a cura diFrancesco Bonami,Venezia (2003).
     
 
 
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Enrico DAVID "Cielo di giugno" è visibile dal 9 febbraio al 20 marzo. Il percorso espositivo, palesando una personalissima declinazione alla leggerezza coniugata a una grande sete di orizzonte, nasce in parte a seguito dell’esperienza di Venezia, nel senso che i materiali originari, note, bozze e disegni che normalmente generano tutta l’opera di David sono stati pensati e appuntati durante il periodo di concepimento dei contributi per il Padiglione Italia della 58° Biennale. Cielo di giugno marca una soglia nella pratica di Enrico David: è la prima volta che una sua mostra si compone esclusivamente di lavori grafici, di “inizi” e di “indizi” che in altre circostanze vengono poi tramandati in  media e linguaggi differenti. La loro sequenza, oscillando tra approssimazione e distanza, l’affondare e il sorvolare, sottolinea la posizione di Enrico David come pittore e ha come  pretesto un’esteriorità fatta di aria e atmosfera, di pulviscolo e luce, di vento calante e primo buio. Il sole e la luna e il campo largo. L’osservare diventa un qualcosa che equivale al sedersi su una zolla di terra o su un’impossibile panca ad aspettare un resto irriducibile. Ecco allora che l’orizzonte è quell’utopia che come scriveva Edoardo Galeano è piuttosto una tensione, ci si vorrebbe avvicinare ma lei si sposta sempre più in là e in pratica serve solo a questo, a permetterci semplicemente di continuare ad andarle incontro.

La mostra si compone essenzialmente di tre nuclei di dipinti. Le opere che occupano le pareti più corte dello spazio costituiscono una sorta di parentesi e, una dirimpetto all’altra, ne racchiudono i contenuti. Il fraterno silenzio del fango (2020) e Zattera viva (2020) sono due tele di grandi dimensioni che, come in un’architettura, costituiscono la struttura portante per gli altri lavori e rappresentano i tralicci su cui il resto si inceppa. E ancora, aquiloni che si impigliano nell’aria, in una luce non più trasmettitrice di materia e con l’eterno sogno della malinconia si abbandonano alla caducità, o zattere, il cui il colore si fonde e si dissolve con la consueta intonazione riflessiva e meditativa, che tengono insieme terra e cielo, ciò che è materiale con ciò che non ha corpo e rischia di andare perduto. Le piccole tele sono invece quasi degli studi, composizioni visive che come in una sorta di acrostico esplorano le possibilità del dipingere, o meglio, del come fare della pittura nel modo meno pittorico possibile.

Bassa marea al molo, Fossa madre, Cielo trema o niente, o Punti di fiamma, Salvezza trovata in cielo tutti del 2020, come Cielo di giugno che da il titolo alla mostra, sono tele in cui l’immagine succede in un tempo più rapido, con il gesto vivo di un qualcosa che accade o che sta per accadere, momenti che girano in tondo per poi ricadere su se stessi seminando segni di sentimento. Sono immagini scultoree che fanno riferimento ad elementi di natura quali l’erba, le canne di bambù o il fango, materiali frequenti nella pratica di Enrico David. Le pareti dello spazio sono dipinte dello stesso colore naturale della tela, una modalità per cercare in maniera artificiale la materialità o l’assenza di materialità della superficie che accoglie i dipinti.

Cielo di giugno, cielo di Acrab, la “signora del blu”, al di là della scorsa primavera mai vissuta, oltre lo scontro tra la caducità umana e l’impassibile ciclicità della natura, al dì la di questo lungo inverno, l’estate non sopravvive all’estate e ciò che resta è una strana e disagiante tenerezza.


Enrico David (n. 1966, Ancona, Italia) vive e lavora a Londra.
Tra le sue mostre più recenti: Gradations of Slow Release, MCA, Chicago, Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Washington (2019); 58° Biennale di Venezia, Padiglione Italia a cura di Milovan Farronato, Venezia (2019); Fault Work, Sharjah Art Foundation, Sharjah (2016); Autoparent, Lismore Castle Arts, Lismore (2016); The Hepworth Wakefield, West Yorkshire (2015); Collezione Maramotti, Reggio Emilia (2015); UCLA Hammer Museum, Los Angeles (2013); 55° Biennale di Venezia a cura di Massimiliano Gioni, Venezia (2013); Head Gas, New Museum, New York (2011); Repertorio Ornamentale, Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia (2011); How Do You Love Dzzzzt by Mammy?, Museum für Gegenwartskunst, Basilea (2009); Bulbous Marauder, Seattle Art Museum, Seattle (2008); Ultra Paste, ICA, Londra (2007) e 50° Biennale di Venezia a cura di Francesco Bonami, Venezia (2003).

 

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Il fotografo Rudolf Steiner allo spazio Choisi di Lugano

Una serie di immagini che documentano la sua attrazione per il misterioso.

Con Ricochet, l'artista e fotografo Rudolf Steiner presenta dal 28.01.2021 al 09.04.2021 una serie di immagini che documentano la sua attrazione per il misterioso. Le fotografie, scattate negli ultimi sei anni nei dintorni del suo studio a Rondchâtel, vicino a Bienne, traducono – grazie all'uso di una speciale tecnica di ripresa digitale – paesaggi di aspre rocce, tunnel abbandonati e grandi impianti industriali in "tableaux" di strana bellezza.

Il termine Ricochet deriva dal francese e significa "rimbalzo" o "contraccolpo" ed è spesso usato in connessione con armi da fuoco o artiglieria. Con questa parola, Steiner si riferisce a una teoria della visione di Platone, che afferma che un "raggio di visione" emana dall'occhio in movimento e scansiona il mondo nel campo visivo - come un cieco con il suo bastone che scansiona la strada di fronte a lui, o come uno scanner che registra il visibile riga per riga per emetterlo come immagine.

A causa della lunga durata della sessione di registrazione, le influenze atmosferiche come il vento, i cambiamenti di luce dovuti alle nuvole e alla nebbia sono inscritti nell'immagine - il "raggio visivo" rimbalza, i "ricochet" vengono registrati.

Spazio Choisi 1, via Pelli 13, Lugano
per visite contattate Spazio Choisi 01 Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

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Il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato riapre al pubblico

 Dal 20 gennaio il museo è pronto ad accogliere il suo pubblico in piena sicurezza e con una ricca programmazione.

In ottemperanza al Dpcm del 16 gennaio 2021 che ufficializza l’apertura dei musei nelle regioni in zona gialla, il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato annuncia che da mercoledì 20 gennaio potrà accogliere nuovamente i suoi visitatori, in piena sicurezza e con le proroghe delle mostre e progetti in corso: Jacopo Benassi. Vuoto; Protext! e Litosfera.

Il museo sarà visitabile dal mercoledì al venerdì dalle 12.00 alle 20.00 (chiuso nel fine settimana). L’ingresso sarà gratuito per le prime due settimane, salvo la mostra Protext! a prezzo ridotto.

“Abbiamo già dimostrato come un luogo della cultura possa essere un presidio importante e sicuro per la collettività in un periodo difficile come quello che stiamo tutti vivendo – dichiara Cristiana Perrella, Direttrice del Centro Pecci –. Con la riapertura vogliamo continuare a dare un segnale positivo di energia e accoglienza. Le nostre procedure di sicurezza sono state sempre accurate: siamo un museo grande, con sale ampie e spazi esterni importanti, in cui il distanziamento fisico e la gestione contingentata del flusso di visitatori sono facili da attuare. Riaprire le porte del museo al pubblico è un’opportunità per aumentare la familiarità con il museo e con il suo ruolo di servizio d’interesse generale, per offrire ai cittadini cibo per la mente e una forma di socialità e condivisione sicura, in un momento in cui ce n’è un enorme bisogno.”

Il museo riapre con la collettiva Protext! Quando il tessuto si fa manifesto, prorogata fino al 14 marzo: attraverso il lavoro di Pia Camil, Otobong Kkanga, Vladislav Shapovalov, Tschabalala Self, Marinella Senatore, Serapis Maritime and Güneş Terkol la mostra esplora il ruolo del tessuto non solo nei dibattiti critici su lavoro, identità e cambiamento ambientale, ma anche come medium per eccellenza nella rappresentazione del dissenso. In occasione della riapertura sarà disponibile la pubblicazione di Nero Editions in due volumi: il catalogo della mostra con il testo critico delle curatrici Camilla Mozzato e Marta Papini, le interviste agli artisti, biografie e fotografie delle opere, e un secondo volume, un vero e proprio libro d’artista firmato da Marinella Senatore, introdotto da Cristiana Perrella, Direttrice del Centro Pecci.

Tornerà visibile anche il progetto Litosfera – prorogato fino al 18 aprile – che mette in dialogo il video A Fragmented World (2016) di Elena Mazzi e Sara Tirelli con l’installazione ambientale Produttivo (2018-2019) di Giorgio Andreotta Calò: due progetti nati dal desiderio di rappresentare forze e materie che nel corso di ere geologiche hanno dato forma al nostro pianeta. Proseguirà anche l’esposizione della nuova acquisizione RAID, video di Marcello Maloberti.

Dato il grande successo di pubblico e critica, si è deciso di prorogare fino al 30 gennaio anche Jacopo Benassi. Vuoto, la prima personale in un museo dedicata al fotografo ligure. La riapertura della mostra, accompagnata dalla pubblicazione del libro FAGS, diventa l’occasione per rilanciare la campagna di fundraising: acquistando una fotografia di Benassi a tiratura limitata, sarà possibile sostenere le attività del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci.

In parallelo alla riapertura fisica delle sale del museo, prosegue il palinsesto digitale PECCI ON: un programma creato per alimentare il pensiero critico e il confronto con la scena culturale globale, ma anche un modo per sottolineare come un’istituzione d’arte contemporanea come il Centro Pecci abbia la vocazione e il ruolo di catalizzatore per la propria comunità, di antenna che capta il presente attraendo idee, voci, artisti per leggere le evoluzioni del nostro tempo per restituirle amplificate al territorio e al mondo.

In occasione della riapertura, per EXTRA FLAGS, sul pennone davanti al Centro verrà issata una nuova bandiera, quella di Jeremy Deller (Londra, 1966). Intitolata A flag for a new Pangolin Nation, la bandiera riporta quello che l’artista considera come l’animale forse più perseguitato al mondo, indicato da alcuni centri di ricerca come il probabile ospite intermedio che ha consentito il passaggio del virus Covid-19 dal pipistrello all’uomo. Dedicargli una bandiera è dedicarla al capro espiatorio, alla vittima inconsapevole, ma è anche un commento sarcastico sulle strumentalizzazioni politiche nazionaliste e populiste generate dalla pandemia. Come sempre nel suo lavoro, Deller attiva anche qui un dialogo trasversale che cortocircuita tra significati opposti, creando un’immagine allo stesso tempo ironica e provocatoria, che rivela il rimosso dei nostri sistemi di convivenza ed espressione. Nonostante il suo approccio anticonvenzionale e controverso, l’artista è diventato un’icona dell’arte inglese, vincendo il prestigioso Turner Prize nel 2004 e rappresentando la Gran Bretagna alla Biennale di Venezia nel 2013. Nel 2019 ha esposto al Centro Pecci il suo progetto Wiltshire Before Christ, realizzato in collaborazione con il marchio di streetwear Aries e il fortografo David Sims.

Per rafforzare il legame con Prato anche in questi tempi difficili, da febbraio il Centro Pecci lancerà una promozione con i ristoranti della città: il coupon, distribuito nei ristoranti aderenti, darà diritto a ricevere un ingresso omaggio per ogni biglietto acquistato per la mostra Protext!

 

 

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GAMeC: Odissea nell’Arte - Afternoon Edition

 Dal 24 febbraio, 16 appuntamenti pomeridiani con il nostro corso di storia dell'arte!

Terza e ultima annualità del corso Odissea nell’Arte - Afternoon Edition: 16 incontri che vi permetteranno di scoprire artisti e movimenti dal Romanticismo all'arte contemporanea.

Docenti del corso sono Giovanna Brambilla, Responsabile dei Servizi Educativi della GAMeC; Manuela Bandini, Educatrice museale della GAMeC, Architetto e Docente del Liceo Scientifico “F. Lussana”; Silvia Gervasoni, Educatrice dell’Accademia Carrara e Docente del Liceo Artistico “Manzù” e Daniela Mancia, Educatrice museale della GAMeC e Guida turistica abilitata. Alessandra Pioselli, Direttrice dell’Accademia di belle arti “G. Carrara” di Bergamo sarà il nostro “special guest” di quest’anno: a lei il compito di affrontare un tema cruciale per la città contemporanea.

PER CHI 

Rivolta a ragazzi interessati che a scuola non affrontano questa materia, a insegnanti desiderosi di un corso che possa colmare un sapere, o ad adulti col pallino di questo tema, la nostra “Odissea” è pensata come una mappa, per fornire le coordinate culturali essenziali alla luce delle quali decifrare e approfondire le proprie passioni.

DOVE

Gli incontri inizieranno in modalità online sulla piattaforma Zoom.

Non appena le condizioni lo permetteranno, si riprenderà la fruizione in presenza, presso lo Spazio ParolaImmagine della GAMeC.

QUANDO

Dal 24 febbraio al 15 dicembre 2021

Ogni 2 settimane, il mercoledì pomeriggio dalle 15:00 alle 16:30.

QUANTO

Quota di partecipazione: € 180,00

(Ridotta: € 160,00 - Le categorie di sconto sono indicate nel modulo di adesione)

TERMINE ISCRIZIONI: 10 FEBBRAIO 2021

 

Il corso è a numero chiuso – max. 60 iscritti – e verrà attivato al raggiungimento di 20 partecipanti.

Per ulteriori informazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.  /  gamec.it

 

 

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Sul sito di OGR sette nuove produzioni artistiche originali

 Da CRIPTA747 a MAMbo - Nuovo Forno del Pane al via OGR Art Corner | Meet the Artwork - Contenuti online su www.ogrtorino.it

Al via OGR Art Corner | Meet the Artwork, la nuova sezione del palinsesto digitale delle OGR Torino: sette nuove produzioni artistiche originali pensate per il web e realizzate in collaborazione con istituzioni impegnate in programmi di residenze d'artista. Le OGR Torino si confermano "Officine" della contemporaneità al servizio del territorio, locale e nazionale.

Con Meet the Artwork la fruizione delle opere d'arte diventa digitale: una nuova visione sull'espressione e la ricerca artistica contemporanea che nasce e vive nell'etere, liberamente accessibile da tutti, ovunque, solo per poche settimane. Da qui Meet the Artwork | The Impermanent Collection, un'opportunità per chiunque e in qualunque luogo di fruire e condividere contenuti artistici fino al 28 marzo 2021.

Tutti i contenuti saranno pubblicati attraverso il sito secondo il seguente calendario:

15.01.2021 - Beatrice Marchi, Your reflection is my possession of your projection in my direction: l'artista - già invitata lo scorso febbraio a prendere parte alla mostra Dancing is what we make of falling - MYBODIES - con il suo video inedito d'animazione Your reflection is my possession of your projection in my direction crea un gioco di riflessi tra sguardi che emerge dal buio dello schermo per indagare questioni legate all'identità.

L'opera è stata realizzata con il sostegno di OGR – Officine Grandi Riparazioni di Torino.

22.01.2021Iocose, Pointing at a New Planet: un'animazione 3D che indaga le narrative intorno al NewSpace, dove l'umanità viene chiamata in causa dai progetti di colonizzazione extra-terrestre, e sulle ideologie di progresso tecnologico che nascono dalla Silicon Valley promettendo un miglioramento individuale e collettivo, un grande moving forward. L'opera è stata realizzata con il sostegno di OGR – Officine Grandi Riparazioni di Torino in collaborazione con INBTWN Rassegna digitale di Centrale Fies, a cura di Claudia D'Alonzo, Dro.

29.01.2021 - Eleonora Luccarini, Just 1 poem: per l'occasione l'artista prosegue la ricerca interdisciplinare legata alla poesia come pratica performativa. La poesia si trasforma in video, sviluppando la narrazione dell'artista e dando corpo digitale al suo alterego. Just 1 poem è l'anteprima di 4 hooves don't leave footprints, opera video dedicata alle ultime poesie di Léonard Santé e realizzata completamente in CGI. L'opera è stata realizzata con il sostegno di OGR – Officine Grandi Riparazioni di Torino in collaborazione con MAMbo - Nuovo Forno del Pane a cura di Lorenzo Balbi con Caterina Molteni e Sabrina Samorì, Bologna.

6.02.2021Ruben Patiño / Kay Schuttel, What you are hearing right now: una traccia audio e una passeggiata guidata, in solitaria ma sincronizzata con altri, che cerca di ampliare gli immaginari dei partecipanti a partire dalle suggestioni sonore. L'opera è stata realizzata con il sostegno di OGR – Officine Grandi Riparazioni di Torino, in collaborazione con CRIPTA747 a cura di Elisa Troiano, Alexandro Tripodi, Renato Leotta, Marianna Orlotti, Torino.

12.02.2021 - Teresa Cos, The Monarch: la narrazione, distorta e incompleta, degli ultimi 10 anni a partire dai discorsi della regina Elisabetta e le foto di farfalle del museo di storia natura di Londra. L'opera è stata realizzata con il sostegno di OGR – Officine Grandi Riparazioni di Torino, in collaborazione con VISIO-European Programme on Artists' Moving Images / Lo schermo dell'arte a cura di Leonardo Bigazzi, Firenze.

19.02.2021 - Jacopo Jenna, Found Choreographies: found footage che usa internet come archivio di performance da cui attingere materiali da risemantizzare. L'opera è stata realizzata con il sostegno di OGR – Officine Grandi Riparazioni di Torino, in collaborazione con Mattatoio, Prender-sì cura, a cura di Ilaria Mancia, Roma.

26.02.2021 - Giulio Scalisi, Blessed by the Algorithm: una festa di immaginari influencer e ombre ingigantite dagli algoritmi, presenza online e identità indagate in una nuova animazione digitale. L'opera è stata realizzata con il sostegno di OGR – Officine Grandi Riparazioni di Torino, in collaborazione con la Q-Rrated, Quadriennale a cura di Sarah Cosulich e Stafano Collicelli Cagol, Roma.

Il progetto OGR Open Sessions, coerente con la volontà di OGR di porsi nell'ecosistema nazionale e internazionale come fabbrica di idee, tra cultura e innovazione, mira a sostenere il lavoro e la ricerca degli artisti coinvolti in un momento particolarmente sfidante per le attività espositive, sospese a causa dell'emergenza sanitaria, scorgendo opportunità nuove dischiuse dal digitale.

 

 

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Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol curatori della Quadriennale d’arte 2020 assieme a Guglielmo Castelli partecipano ai LUNEDÌ DI CASA TESTORI

 Ottava puntata dei Lunedì di Casa Testori, format settimanale varato in occasione del secondo lockdown per raccontare attraverso la voce dei protagonisti le mostre e gli spettacoli teatrali che non sono possibili da vedere.

Lunedì 11 gennaio 2021, a partire dalle 21.15 ottava puntata dei Lunedì di Casa Testori, format settimanale varato in occasione del secondo lockdown per raccontare e far vivere attraverso la voce dei protagonisti le mostre e gli spettacoli teatrali che a causa delle regole imposte per la pandemia non è possibile vedere.

In diretta Facebook sulla pagina dell’Associazione Culturale milanese, dopo un intervento di Andrée Ruth Shammah che racconterà i programmi di festeggiamento dei 48 anni del Teatro Franco Parenti, Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol, co-curatori della Quadriennale d’arte 2020, con Guglielmo Castelli, uno dei 43 artisti chiamati ad esporre, parleranno della mostra allestita a Palazzo delle Esposizioni a Roma in attesa della riapertura.

La Quadriennale di Roma è sempre un’occasione importante per fare il punto sullo stato delle arti figurative in Italia. L’edizione di quest’anno inaugurata il 30 ottobre scorso, ha un titolo particolarmente evocativo: FUORI, titolo che indica la volontà dei curatori di superare le solite categorizzazioni e anche misurarsi con un “incommensurabile”, a testimoniare il bisogno dell’arte di superare i confini di quanto è conosciuto per varcare la soglia dell’inimmaginabile.

L’incontro si concluderà con un omaggio al grande poeta milanese Carlo Porta in occasione del bicentenario della morte, con Federica Fracassi che leggerà un articolo pubblicato sul Corriere della Sera nel 1975.