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LIVING GRAINS - Ibrahim Mahama alla Fondazione Giuliani

La personale include una serie di opere realizzate ex-novo, tra cui un’installazione su larga scala, fotografie, disegni e un film in virtual reality.

Fondazione Giuliani dal 26 ottobre al 21 dicembre è lieta di presentare Living Grains, la prima mostra a Roma dell’artista ghanese Ibrahim Mahama. La personale include una serie di opere realizzate ex-novo, tra cui un’installazione su larga scala, fotografie, disegni e un film in virtual reality. Vernissage venerdì 25 ottobre dalle ore 18.00 alle 21.00.

Immersi nella trama storica, culturale e socio-politica del Ghana, i lavori di Ibrahim Mahama affrontano i problemi legati alla globalizzazione, al lavoro, alla circolazione delle merci e alla creazione di comunità, evidenzia ndo una condizione sociale universale. Mahama è noto soprattutto per la sua pratica di avvolgere le strutture architettoniche con sacchi di juta. Realizzati originariamente nel Sudest Asiatico e importati nel Ghana per trasportare i chicchi di cacao, questi sacchi diventano oggetti multifunzionali, impiegati sia dai venditori locali, che per diverse esigenze domestiche. Il materiale e il tragitto stesso della merce, la quale imprime nelle trame del suo involucro le tracce della propria storia, rappresentano il punto cruciale della ricerca di Mahama: l’indagine della memoria e del declino della storia, i frammenti culturali, lo scarto e la trasformazione futura di oggetti raccolti dall’ambiente urbano. Tramite l’analisi della loro storia, Mahama evidenzia come l’evoluzione nel tempo di questi oggetti denoti lo sviluppo e i cambiamenti nella società contemporanea.

Per la mostra in Fondazione Giuliani, Mahama ha lavorato a lungo con una rete di “collaboratori”, collezionando quasi duecento macchine da cucito in disuso per dar vita all’installazione su grande scala Capital Corpses I (2014-2019). Queste macchine, legate in maniera intrinseca alla moda e all’industria tessile, simboleggiano metaforicamente un contesto dove l’industria, e ogni ambito ad essa correlato, ignora completamente il processo di decadimento dell’oggetto. L’installazione esplora anche il suono, una componente importante e spesso trascurata dell’oggetto, che qui crea un’ulteriore connessione o eco con i due film in mostra. Il film Parliament of Ghosts (2014-2019) ritrae i lavoratori del mercato Agbogbloshie di Accra, la più grande discarica di rifiuti al mondo, mentre rimodellano incessantemente oggetti di latta, legno e acciaio, caduti in disuso con il progresso. La voce fuori campo che accompagna le scene di questo lavoro disumano sono le registrazioni dei dibattiti nel Parlamento ghanese degli anni ‘50. In questi dialoghi l’urgenza di valorizzare le capacità e il potenziale dei giovani ghanesi viene enfatizzata con un’ironia che risulta allo stesso tempo possibile e tragica. Il film in realtà virtuale Promises of hanging living men have no dead weight (2014-2019) crea un ulteriore eco, accompagnando lo spettatore nei funzionamenti interni e nelle dinamiche degli edifici in stato di degrado, dei silos abbandonati e degli altri scenari architettonici.

Maps of the Gold Coast (1898-2019) consiste in un gruppo di mappe del 1920-1950 oggi obsolete, prodotte durante il periodo coloniale in Ghana. Le mappe presentano tracce delle ricerche eseguite dagli inglesi durante la costruzione della ferrovia (ora quasi interamente in disuso) realizzata per il trasporto di merci e minerali, sulle quali Mahama è intervenuto con dei disegni. Queste mappe sono affiancate da una serie di fotografie che ritraggono l’avanbraccio di alcune donne provenienti da paesini del nord Ghana, vicini a dove Mahama è cresciuto. Partite per trovare lavoro come operaie nella capitale Accra, le donne si tatuano le braccia con i loro nomi e i contatti dei loro cari, nel caso venissero uccise o ferite durante uno dei numerosi incidenti stradali o in cantiere. Mahama è convinto che questa particolare crisi rappresenti un’apertura verso nuove conversazioni sull’idea del corpo nel ventunesimo secolo.

Ibrahim Mahama nasce nel 1987 a Tamale, in Ghana; vive e lavora ad Accra, Kumasi e Tamale. Una selezione delle sue mostre personali recenti più rappresentative include: Parliament of Ghosts, The Whitworth, University of Manchester, Gran Bretagna (2019); Labour of Many, Norval Foundation, Cape Town, Sud Africa (2019); A Friend, Fondazione Nicola Trussardi, Porta Venezia, Milano (2019); A straight line through the Carcass of History, 1918-1945, daadgalerie, Berlino (2018); In Dependence, Apalazzo Gallery, Brescia (2018); On Monumental Silences, Extra City Kunsthal, Anversa (2018); In the White Cube: Fragments, White Cube, Londra (2017); Fracture, Tel Aviv Museum of Art (2016). Ha partecipato a numerose collettive di grande prestigio, tra cui No Time for Caution 1966, La Biennale de l’Art africain contemporain: DAK’ART, Dakar, Senegal (2018); Documenta 14, Kassel, Germania e Atene (2017); All the World’s Futures, 56th Biennale di Venezia (2015). Quest’anno è stato uno degli artisti a rappresentare il Ghana al primo padiglione ghanese alla 58esima edizione della Biennale di Venezia.

A marzo 2019 Mahama fonda un centro artistico che comprende spazi espositivi, un centro di ricerca e le residenze degli artisti: il Savannah Centre for Contemporary Arts (SCCA) a Tamale, Ghana. Come estensione della sua stessa pratica artistica, l’intenzione dell’artista è quella di investire nella comunità contribuendo allo sviluppo e all’espansione della scena artistica contemporanea ghanese.

 

 Collecting Art

 

"Collecting Art - Guida NON artistica per Collezionisti ed appassionati" a cura dello studio Loconte&Partners

Una guida per gli appassionati d’arte che hanno o vogliono iniziare una collezione. 

Da sabato 19 ottobre, in edicola con Milano FinanzaCollecting Art - Guida NON artistica per Collezionisti ed appassionati”, a cura di Loconte&Partners, per gli appassionati d’arte che hanno o vogliono iniziare una collezione. I professionisti del team Wealth Management dello Studio, con questa guida, si propongono di accompagnare il lettore attraverso il complesso ed affascinante mondo del mercato dell’arte.

Sia che a questo universo ci si affacci per pura passione artistica e culturale, sia che lo sguardo sia rivolto a ritorni economici in termini di investimento, dietro ogni acquisto, vendita, esposizione, si celano innumerevoli e complessi aspetti giuridici e fiscali, che si ha la necessità di conoscere per operare in modo corretto e accorto, valutando altresì i risvolti in tema di diritto successorio, che interessano i collezionisti chiamati ad affrontare il delicato momento del passaggio generazionale e che si presentano in questo momento particolarmente favorevoli sotto il profilo tributario.

Il lavoro, provando a soddisfare tali esigenze e curiosità, si cimenta pertanto proprio nell’illustrazione, esaustiva ma al contempo agile, di questi aspetti, ed è altresì arricchito dal contributo di autorevoli professionisti del mercato dell’arte, quali Alberto Fiz, Marco Fregonese, Sharon Hecker e Clarice Pecori Giraldi, che partendo da aneddoti di esperienze vissute direttamente offrono spunti di riflessione sulla direzione che il mercato dell’arte sta prendendo.

A impreziosire ulteriormente la guida la prefazione firmata da Francesco Micheli.

 

 ettore

Francesco Bosso, Fluid Columns, 2013 Iceland

Francesco Bosso - Primitive Elements alla Galleria delle Stelline

Primitive Elements propone una selezione di oltre quaranta fotografie e un video documentario con un’intervista all'artista, una sintesi della sua ricerca fotografica condotta negli ultimi 15 anni in zone del mondo ancora incontaminate e primitive. 

Dal 23 ottobre al 14 dicembre CREVAL presenta Primitive Elements, mostra personale del fotografo Francesco Bosso (Barletta, 1959), a cura di Filippo Maggia, realizzata in collaborazione con l’autore negli spazi della Galleria delle Stelline.

Primitive Elements propone una selezione di oltre quaranta fotografie di medio e grande formato e un video documentario con un’intervista a Bosso, una sintesi della sua ricerca fotografica condotta negli ultimi 15 anni in zone del mondo ancora incontaminate, pure e primitive come appaiono ai nostri occhi.
 
Il 2019 sarà ricordato come l’anno in cui il cambiamento climatico è divenuto un’emergenza globale, registrando una serie di record negativi il cui impatto sul pianeta ha provocato e continuerà a provocare “fenomeni di frequenza e intensità mai visti nella storia umana e con essi sofferenze, perdita di vite, sconvolgimento degli ecosistemi e della ricchezza di biodiversità che sostengono la nostra vita” (fonte WWF).
 
A partire da queste considerazioni, Primitive Elements propone un percorso di conoscenza tra scenari e paesaggi naturali fatti di ghiacciai, scogliere, oceani, isole vergini, foreste pluviali: ritratti di una terra ideale, luogo incontaminato ormai in via di sparizione che non siamo in grado di lasciare in eredità alle generazioni future. La scelta delle foto in mostra vuole stimolare nel pubblico la consapevolezza, sempre più urgente, della necessità di tutelare l’ambiente e di promuovere con convinzione un cambiamento culturale che affondi le sue radici nell'uso responsabile delle risorse naturali e in particolare dell’acqua, elemento centrale del paesaggio naturale e antropico su cui Bosso ha lavorato intensamente realizzando immagini in tutto il mondo. Particolarmente significativi, in questo senso, gli scatti realizzati dall’autore in ambiente Artico, dove il riscaldamento globale sta facendo sentire i suoi effetti in modo drammatico, a testimonianza dello stato di emergenza a cui siamo giunti.
 
Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana, nel suo saggio “Un disastro silenzioso” sottolinea: “Sono sintomi di un disastro silenzioso, di un grave malanno del clima terrestre. Il riscaldamento globale – come previsto da decenni – ha effetti più rapidi alle alte latitudini boreali rispetto ad altre zone, un fenomeno noto come “amplificazione artica” […] Se l'immensa quantità di ghiaccio presente sull'inlandsisgroenlandese fondesse, i mari del mondo crescerebbero di circa sette metri: allora sì che tutti sarebbero costretti a prendere atto dell'importanza di quelle remote e inospitali regioni glaciali perché l'acqua irromperebbe nelle proprie vite tanto a Venezia come a Manhattan!”
 
Fotografo di paesaggio formatosi alla scuola americana di Kim Weston – nipote del grande maestro Edward – e di John Sexton e Alan Ross – assistenti di Ansel Adams, uno dei padri fondatori della fotografia paesaggistica – Francesco Bosso lavora esclusivamente in bianco e nero, scattando su pellicola di grande formato con banco ottico e stampando personalmente tutte le opere in camera oscura, su carta baritata alla gelatina d'argento e con successivo trattamento al selenio.
Da anni, Francesco Bosso è rappresentato in Italia dalla galleria Photo & Contemporary di Valerio Tazzetti, punto di riferimento della fotografia contemporanea.
 
“Fotografo anomalo rispetto al panorama contemporaneo, esclusivo nella ricerca personale quanto nel metodo d’indagine e indifferente ai trend che oggi contraddistinguono l’utilizzo delle immagini,– sottolinea il curatore della mostra, Filippo Maggia – Bosso tende a spiazzare lo spettatore invitandolo al silenzio e alla contemplazione, ben distante dunque dalla necessità di colpire e aggredire che accomuna molta della produzione attuale caratterizzata da immagini che nascono per essere velocemente consumate e immediatamente rimpiazzate da altre.”
 
Primitive Elements presenterà un allestimento in cui isole di luce si alterneranno a zone di ombra profonda, essenziale e funzionale nel voler restituire la condizione di attesa e stupore che il fotografo ha vissuto in prima persona e che vuole ora restituire allo spettatore, come se quei luoghi fossero realmente di fronte a lui.
 
La mostra sarà accompagnata da un’esaustiva pubblicazione edita da Silvana Editoriale, che comprenderà alcuni contributi critici sul lavoro di Francesco Bosso e la riproduzione di tutte le opere esposte.

 

Info

Opening 22 ottobre 2019 ore 19

Galleria delle Stelline
Corso Magenta n. 59 – Milano
da martedì a venerdì 14.00 –19.00
sabato 10.00 – 12.00
chiuso domenica e lunedì; 1 novembre e 7 dicembre
INGRESSO LIBERO
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
www.creval.it

 

 Pino Musi Border Soundscapes

 Pino Musi, Border Soundscapes (Artphilein Editions, 2019)

"#1 - La fotografia un cantiere aperto" mostra ospitata da Artphilein Library di Lugano

Per la prima mostra ospitata da Artphilein Library viene proposta una riflessione sulle percezioni restituite dall’osservazione del paesaggio dei territori di periferia. 

Per la prima mostra ospitata da Artphilein Library viene proposta una riflessione sulle percezioni restituite dall'osservazione del paesaggio dei territori di periferia.

Rispetto alle "regole" (urbanistiche, architettoniche, logistiche, ecc.) che permeano le città e i paesi con un centro ben definito e uno sviluppo controllato, le periferie sono luoghi "altri", spesso di rottura, disarmonici, con stati di fatto e un'organizzazione sovente di difficile interpretazione, a tratti spiazzante. Le periferie ap­ paiono essere degli spazi disorganizzati, incompiuti, sospesi, senza vie di fuga o prospettive rassicuranti, in attesa di una più organica strutturazione.

In seguito alla pubblicazione del libro Border Soundscapes (Artphilein Editions, 2019), abbiamo invitato l'autore Pino Musi a selezionare alcuni libri dalla collezione di Artphilein Library per una riflessione sullo sguardo fotografico alla periferia cittadina. Musi seleziona trenta titoli e, con un breve testo, ci regala una sua riflessione.

Questa mostra è parte dell'undicesima edizione della Biennale dell'immagine, Bi11 CRASH.

A Bi11 De Pietri Artphilein Foundation, Artphilein Editions e Artphilein Library partecipano anche con: la mostra dedicata alla pubblicazione Border Sounscapes accompagnata da due fotografie originali e alcuni appunti visivi dell'autore Pino Musi (CRASH IN TRANSITO/Frequenze, Corso San Gottardo 8A, Chiasso). Per maggiori informazioni sulla manifestazione: www.biennaleimmaqine.ch

De Pietri Artphilein Photobook Project Contest

Sono aperte le iscrizioni al primo Artphilein Photobook Project Contest dal tema "CRASH", in tutti i suoi significati sia negativi (scontro, rottura) che positivi (rinascita, cambiamento).

La partecipazione è gratuita ed aperta a tutti.

Per maggiori informazioni visitate il sito www.artphileinlibrary.org

Artphilein Library è un'iniziativa di De Pietri Artphilein Foundation.

In decenni di ricerche e selezione, con particolare attenzione alla contemporaneità, i signori De Pietri e De Pietri Artphilein Foundation hanno raccolto un consistente nucleo di libri di fotografia e sulla fotografia. Nel contesto di questa tipologia di libri, una particolare cura è dedicata ai libri d'artista fotografici ed all'editoria indipendente.

Sin dalla propria creazione, De Pietri Artphilein Foundation promuove delle iniziative per presentare e aprire al pubblico parti delle proprie collezioni. Alla collezione di libri di fotografia e sulla fotografia la fondazione dedica Artphilein Library.

La fotografia, un cantiere aperto di Pino Musi

Quello fra la città e la fotografia è un legame indissolubile, Jean-Luc Nancy non ha dubbi. È una coincidenza che si radica nella storia e che si riattiva ogni volta che lo sguardo di un fotografo interroga lo spazio urbano, mettendone in luce le articolazioni e gli infiniti rapporti.

La fotografia non è soltanto limite che distingue, esibisce, ma è estensione ideale di ciò che racchiude e che, mentre racchiude, ci fa, finalmente, immaginare. La città è un testo che la fotografia continuamente riscrive. Ma la città è anche - e sempre di più oggi che il visivo ci invade - esperienza di ascolto. In quegli spazi al limi­ te delle città dove non c'è sedimento esistenziale, dove si percepisce uno stato di limbo, dove le strade non sono ancora definite e le funzioni non ancora assegnate, spesso si manifesta, inatteso, un suono difforme, un corto circuito imprevisto. Qualcosa che è in grado di permettere lo sviluppo di un pensiero che può rinnegare e rigenerare la sintassi fotografica. Lo dimostra il lavoro degli autori contenuti in questa proposta di volumi. Tra il 1965 e il 1971, Lewis Baltz creò un corpus di opere concentrate sulla dialettica tra forme geometriche minime e regolari trovate nel panorama industriale americano del dopoguerra e la cultura che generò tali forme. Baltz chiamò le sue opere "Prototipi", con le quali intendeva convenzioni sociali replicabili ed anche "modelli" di produzione, replicabili. Questo lavoro fu alla base delle successive declinazioni visive di ciò che, sempre convenzionalmente, chiamiamo "periferia", ma che non è, per un fotografo, "il luogo del bando e del banale" - per citare ancora Nancy - piuttosto il luogo dove raffreddare la pulsione alla spettacolarizzazione ed ai virtuosismi dello sguardo, per intraprendere la strada di un'osservazione più attenta, acuta, profonda. Della città non resta, quindi, mai niente immobile, tutto è costantemente in divenire, un cantiere aperto. Come del resto sempre aperto (alla sperimentazione) è il cantiere della fotografia.

 

Libri selezionati:

 

Aa. Vv.

Chietera Giuseppe, Tasca Fabio

Pearce Nathan & Carpenter Tim

Paysages photographies en Fran-

The Point and Shoot Series

Stil/ Feel Gone

ce /es années quatre-vingt

Artphilein Editions, 2019

Deadbeat Club, 2018


Hazan, 1989

Aa. Vv.

New Topographics Steidl, 2013


Conolly Berris                                   Piller Peter

Sheffield Photographs 1985-1987        Von Erde Schoner

Devi Lewis Publishing, 2019                Verlag Bernd Detsch, 2017


Aa. Vv.

Incompiuto. La nascita di uno Stile The birth of a style

Humboldt Books, 2018

Adams Robert The New West Steidl, 2015

Ashkin Michael

Horizont

TIS books, 2018

Baltz Lewis

The New Industriai Park near

/rvine

Steidl, 2001

Baltz Lewis

The Prototype Works

Steidl, 2011

Basilico Gabriele Ritratti di Fabbriche SugarCo., 1981

Brohm Joachim

Area1

Steidl, 2002


Fastenaekens Gilbert

Site

Arp, 1997

Graham Paul American Night Steidl, 2004

Greco Pascal Hong Kong INFOLIO, 2018

Johansson Gerry American Winter MACK, 2018

Kirchner Andre

Stadtrand Berlin 1993/1994

Hartmann Projects, 2019

Mahler Ute & Werner

Kfeinstadt

Hartmann Projects, 2018

Mortensen Lars Rolfsted

In Search of Habitat

The Velvet Celi, 2015

Myers John

Looking at the Overlooked

RBB. 2019


Santoro Salvatore Saluti da Pinetamare sei published , 2012

Schmidt Michael

Ber/in Nach 45

Steidl, 2005

Toshio Shibata

Yodaka

Nazraeli Press, 2014

Shore Stephen Uncommon Places Aperture, 2004

Sternfeld Joel On This Site Steidl, 2012

Tschersich Andreas

Peripher

Edition Patrick Frey, 2016

Zielony Tobias

Vele

Spector Books, 2014

 agnelli

 

Hokusai, Hiroshige, Hasui - Viaggio nel Giappone che cambia alla Pinacoteca Agnelli

Il percorso espositivo propone, attraverso una selezione di 100 straordinarie silografie dei tre maestri, Katsushika Hokusai, Utagawa Hiroshige e Kawase Hasui, un viaggio nei luoghi più suggestivi del Giappone, reali e immaginari. 

La Pinacoteca Agnelli di Torino presenta, da sabato 19 ottobre sino a domenica 16 febbraio 2020, la grande esposizione Hokusai Hiroshige Hasui. Viaggio nel Giappone che cambia.
 
In mostra le opere di due grandi Maestri del “Mondo Fluttuante” dell’Ottocento, Katsushika Hokusai (1760 - 1849) e Utagawa Hiroshige (1797 - 1858), insieme alle stampe moderne di Kawase Hasui (1883-1957), pittore esponente del movimento shin hanga ("nuove stampe"), che portò avanti i temi e le tecniche delle silografie policrome anche nelle epoche Meiji (1868-1912), Taishō (1912-1926) e parte della Shōwa, fino a metà degli anni Cinquanta del Novecento quando venne nominato “Tesoro nazionale vivente” nel 1956.
 
L’esposizione è curata da Rossella Menegazzo, docente di storia dell’Arte dell’Asia Orientale dell’Università di Milano, e Sarah E. Thompson curatrice del Boston Museum of Fine Arts, ed è organizzata dalla Pinacoteca Agnelli in collaborazione con il Museo di Boston insieme a MondoMostre. Main partner del progetto è FIAT.
 
Il percorso espositivo propone, attraverso una selezione di 100 straordinarie silografie dei tre maestri, Katsushika Hokusai, Utagawa Hiroshige e Kawase Hasui, un viaggio nei luoghi più suggestivi del Giappone, reali e immaginari, raccontando il mondo artistico di un paese che tra fine Ottocento e inizio Novecento subisce un’enorme trasformazione sotto l’influenza dell’Occidente alla scoperta di come il mondo fluttuante, reso noto dai primi due maestri, scivoli dentro una società che aspira ai canoni artistici europei, e non solo, di cui Hasui è testimone.
 
I visitatori potranno vivere una esperienza completa, prima sperimentando su di sé la meraviglia e l’emozione che all’epoca dovettero provare artisti come Monet, Van Gogh, Degas, Toulouse-Lautrec di fronte alla freschezza, alla semplicità e al forte impatto delle opere di Hokusai e Hiroshige, i due straordinari paesaggisti che contribuirono a rivoluzionare il linguaggio pittorico della Parigi di fine Ottocento; e poi, vedendo l’evoluzione di quelle immagini del Mondo Fluttuante traslate in epoca moderna, attraverso l’abilità, la nostalgia e la tecnica innovativa di Hasui, per la prima volta in un confronto diretto con le opere più importanti dei pittori classici della tradizione giapponese.
 
La mostra sarà corredata da un catalogo.


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Un nuovo caso di censura di Facebook sull'arte

L'opera Uneasy di Francesca Piovesan - un seno con una cicatrice - censurata e cancellata sulla pagina Facebook di Cramum. Di chi abbiamo o dobbiamo aver paura? Chi e da cosa ci sta difendendo? Chi veramente dovremmo combattere? 

L'opera Uneasy di Francesca Piovesan - un seno con una cicatrice - censurata e cancellata sulla pagina Facebook di Cramum dovrebbe far ripensare una volta di più al Mondo in cui viviamo: di chi abbiamo o dobbiamo aver paura? Chi e da cosa ci sta difendendo? Chi veramente dovremmo combattere?

Cramum e Ama Nutri Cresci non sono nuovi alla censure di Facebook: in passato erano state censurate immagini di allattamento o le riflessioni critiche sull'ignoranza. Non per questo smettiamo di indignarci e di invitare tutti a continuare a riflettere sul deterioramento dell'informazione, sulla censura e l'atrofia culturale indotta da questa pseudo "social-democrazia".

Condividiamo quindi oggi un nuovo caso di censura da parte di Facebook nei confronti di un'opera d'arte: Facebook ha deciso di censurare (a nulla è valso l'"appello") e rimuovere dalla nostra pagina CRAMUM un articolo vecchio di sei mesi (del 13 aprile) dedicato all'opera Uneasy di Francesca Piovesan, che affronta il tema del dolore e dell'empatia umana. L'opera era stata presentata all'interno della mostra "Una stanza tutta per me" curata da Sabino Maria Frassà per Cramum e Ventura Projects durante la DesignWeek (aprile 2019) e aveva incontrato riscontro unanime di pubblico e critica.

Uneasy si compone di una serie di scatti fotografici di parti di corpi di donne segnate dal dolore. Tutte le fotografie sono ricoperte da una velatura nera termosensibile che si dissolve quando lo spettatore tocca l'opera, "riscaldandola". Tra le immagini di questa opera c'è anche quella di un seno con una cicatrice derivante dall'asportazione di un tumore. Proprio questa è l'immagine che ha determinato la censura irrevocabile di Facebook per presunti riferimenti espliciti alla sessualità. Come spiega il curatore Sabino Maria Frassà invece “queso lavoro riflette sul fatto che ognuno di noi custodisce in sé e persino nasconde/reprime tutte quelle caratteristiche e quelle immagini di sé ‘non facili’, scomode (da qui il titolo Uneasy). Spesso nascondiamo anche a noi stessi questi pensieri, non affrontandoli e passando la vita a seppellirli nel nostro profondo. È solo il nostro calore insieme a quello di chi ci sta accanto a permetterci di riscoprire, vedere e infine affrontare il dolore e le (nostre) paure rappresentate in queste opere. Uneasy è quindi un lavoro dal forte significato "sociale", motore di empatia e compassione collettiva. Un lavoro difficile che parla di dolore, in una società "social" in cui tutto sembra sempre e comunque felice".

Dopo questa ennesima censura è il caso di ripensare una volta di più al Mondo in cui viviamo: di chi abbiamo o dobbiamo aver paura? Chi e da cosa ci sta difendendo? Chi veramente dovremmo combattere? Facebook ci protegge non mostrandoci queste immagini?
Senz'altro troppo semplice imputare la colpa esclusivamente al Sistema o agli altri. Se è vero che i social possono scatenare la parte peggiore di ogni essere umano, trasformando i più vigliacchi in leoni da tastiera, ricordiamoci sempre che sono nati come strumenti per liberare le menti, non per renderle atrofizzate e inermi.  La miglior protesta è perciò continuare a impiegare tutti gli strumenti della tecnologia quale volano di conoscenza e spunto di riflessione individuale e autonoma, non conformandosi a sterili regole, ma cercando di essere soggetti attivi della società, motori di cambiamento.

Speriamo perciò che anche voi possiate parlare dell'accaduto, conoscere e condividere questo incredibile delicato e raffinato lavoro artistico, trasformando la censura di Facebook in un'opportunità se non altro per porsi qualche domanda.

Uneasy si può scaricare liberamente a questo link:
http://amanutricresci.com/wp-content/uploads/2019/10/uneasy2019.pdf