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Giuseppe Uncini / Termoli 2019, installation view al MACTE, ph Gino di Paolo

  

 

Max Mara Art Prize for Women, in collaborazione con Whitechapel Gallery annunciano le finaliste dell'ottava edizione 2019-2021

Le finaliste del premio edizione 2019 - 2021 sono state selezionate da una giuria presieduta da Iwona Blazwick, OBE, Direttrice di Whitechapel Gallery e Florence Ingleby (gallerista), Chantal Joffe (artista), Fatima Maleki (collezionista), Hettie Judah (critica d’arte).

Whitechapel Gallery, Collezione Maramotti e Max Mara sono liete di presentare le cinque finaliste dell’ottava edizione del Max Mara Art Prize for Women: Allison Katz, Katie Schwab, Tai Shani, Emma Talbot e Hannah Tuulikki. 

Le artiste si sono trovate oggi alla Collezione Maramotti per presenziare all’annuncio ufficiale e all’inaugurazione del progetto Che si può fare, realizzato dalla settima vincitrice del premio, Helen Cammock ed esposto per la prima volta la scorsa estate alla Whitechapel Gallery di Londra.

Le finaliste del premio edizione 2019 - 2021 sono state selezionate da una giuria presieduta da Iwona Blazwick, OBE, Direttrice di Whitechapel Gallery e composta da: Florence Ingleby (gallerista), Chantal Joffe (artista), Fatima Maleki (collezionista), Hettie Judah (critica d’arte).

Il Max Mara Art Prize for Women nasce nel 2005 da una collaborazione tra la Whitechapel Gallery e il Max Mara Fashion Group, con la finalità di promuovere artiste emergenti che lavorano nel Regno Unito consentendo loro di sviluppare il proprio potenziale, oltre a ispirare nuovi sguardi e prospettive sull’Italia del XXI secolo. La vincitrice – il cui nome sarà annunciato agli inizi del 2020 – potrà trascorrere un periodo di residenza di sei mesi in Italia, ideata a misura dell’artista, dopo aver presentato alla giuria una proposta per un nuovo progetto artistico. L’opera risultante verrà presentata per la prima volta alla Whitechapel Gallery di Londra per poi essere esposta alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia nel 2021. 

Iwona Blazwick, OBE, Direttrice di Whitechapel Gallery e Presidente della giuria del Max Mara Art Prize for Women, ha dichiarato: "Questo premio unico nel suo genere offre tempo, spazio e sostegno economico per consentire alle artiste di sviluppare il proprio potenziale. Per troppo tempo le donne artiste hanno dovuto lottare per conquistare un giusto riconoscimento. Il Max Mara Art Prize offre ad artiste di diverse generazioni l’opportunità di trascorrere un periodo formativo di diversi mesi in Italia e le risorse per creare un nuovo importante progetto che le porrà al centro dell’attenzione del mondo".

Le artiste finaliste del Max Mara Art Prize for Women 2019-2021 sono:

Allison Katz (n. 1980)
Allison Katz è nata in Canada, a Montréal, vive e lavora a Londra. La sua pratica artistica comprende pittura, ceramica, grafica e scrittura. Nel suo lavoro mescola immagini familiari di animali, figure umane e still-life con narrazioni astratte e surreali. Con variazioni di scala, che passano dalla dimensione domestica a quella monumentale, Katz aggiunge una dimensione testurale ai suoi quadri, creando incrostazioni superficiali di sabbia o riso. Battute e giochi di parole abbondano nei suoi lavori, in un gioco di rimandi umoristici tra testo e immagini che crea punti di confluenza paradossali, se non assurdi.

Katie Schwab (n. 1985) 
Katie Schwab vive e lavora a Londra. Le sue opere si sviluppano facendo propri i contesti sociali, storici e formali che ne determinano la creazione. L’artista documenta il sapere e le abilità condivise tra artisti, studenti, operatori museali, tecnici e cittadini comuni, mediante un processo creativo che intende facilitare la partecipazione ad atelier, incontri, lezioni e tour, insieme a una ricerca su materiale d’archivio, storia orale e campionari. Schwab si serve di diverse tecniche, tra cui tessitura, ceramica, ricamo, ebanisteria, stampa, video e molto altro, che trovano una comunanza nella considerazione di una manifattura collettiva.

Tai Shani (n. 1976)
Tai Shani è nata a Londra, dove vive e lavora. La sua pratica multidisciplinare comprende performance, film, fotografia e installazioni. Shani crea sculture dai colori brillanti poste all’interno di elaborate installazioni che talvolta riportano testi sperimentali scritti dall’artista. Shani intende reimmaginare l’alterità femminile in quanto totalità perfetta, inserita in un mondo che comprende cosmologie, miti e storie che negano il patriarcato. Shani è stata selezionata per il Turner Prize 2019 per la sua partecipazione a Glasgow International 2018, la personale DC: Semiramis a The Tetley, Leeds e la partecipazione alla mostra collettiva Still I Rise: Feminisms, Gender, Resistance.

Emma Talbot (n. 1969)
Emma Talbot vive e lavora a Londra. La sua opera esplora temi autobiografici. L’artista elabora e articola memorie e stati psicologici in poesie visuali o ruminazioni associative, attraverso il disegno, la pittura, installazioni e scultura. Le immagini nelle sue opere sono dirette e tracciate a mano, risultanti in rappresentazioni immediate, aperte e inventive di ciò che è visto nella mente. Incorporando la propria scrittura, riferimenti e citazioni da altre fonti, Talbot combina testi, immagini e modelli per evocare il simbolico, il metaforico e il quotidiano. Il suo lavoro esplora il sé, la politica e la società, il genere, il "mondo naturale", la nostra intimità con la tecnologia e il linguaggio.

Hanna Tuulikki (n. 1982)
Hanna Tuulikki, nata a Brighton, artista, compositrice e performer, lavora a Glasgow, in Scozia. La sua pratica artistica abbraccia performance, film e installazioni audiovisive multicanale, fondendo insieme voce, danza, costume e disegno. I suoi progetti multidisciplinari indagano "i modi in cui il corpo comunica oltre le parole, gravitando verso gli spazi ‘nel mezzo’, sia esso umano-e-più-che-umano, maschio o femmina, antico o contemporaneo”. Con un interesse particolare per la 'mimesi' - l'imitazione o l'incarnazione del 'mondo naturale' - all'interno delle tradizioni interculturali di musica e danza, il suo lavoro esplora i luoghi delle narrazioni popolari, della memoria, del rituale e della tecnologia in ambienti ed ecologie specifici. 

 

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Giuseppe Uncini / Termoli 2019, installation view al MACTE, ph Gino di Paolo

  

 

MACTE Museo di Arte Contemporanea di Termoli partecipa alla Quindicesima Giornata del Contemporaneo

Il Museo aprirà gratuitamente i suoi spazi, con orario prolungato: dalle 11 fino alle 22 il pubblico potrà visitare sia la mostra Giuseppe Uncini / Termoli 2019

Per la prima volta il MACTE – Museo di Arte Contemporanea di Termoli partecipa alla Quindicesima Giornata del Contemporaneo, promossa da AMACI, l'Associazione dei Musei di Arte Contemporanea Italiani. Sabato 12 ottobre il Museo aprirà gratuitamente i suoi spazi, con orario prolungato: dalle 11 fino alle 22 il pubblico potrà visitare sia la mostra Giuseppe Uncini / Termoli 2019 – a cura di Arianna Rosica e Gianluca Riccio, visitabile fino al 12 gennaio 2020 che Art is Easy, il focus curato da Laura Cherubini con Arianna Rosica sulla Collezione Permanente del Premio Termoli.
Il neonato museo molisano, inaugurato lo scorso aprile, offrirà ad appassionati e curiosi l'occasione di visitare non solo l'edificio dell'ex mercato ittico oggi riconvertito a spazio espositivo e luogo di cultura, ma anche di approfondire la storia del Premio Termoli e del suo importante patrimonio, oggi restituito alla città.

In continuità con il progetto di riscoperta e rilettura scientifica delle oltre 470 opere appartenenti al patrimonio del Premio Termoli avviato dal MACTE al momento della sua apertura, la mostra dedicata a Giuseppe Uncini (Fabriano, 1929 – Trevi, 2008) si configura come la prima di una serie di esposizioni personali dedicate ai principali esponenti della ricerca artistica italiana che nel corso del tempo hanno partecipato al Premio – istituito nel 1955 – generando opere che sono entrate a far parte del patrimonio del Comune molisano. Seguendo tali linee guida, l’obiettivo che il MACTE intende perseguire a partire dalla mostra Giuseppe Uncini / Termoli 2019 è quello di valorizzare la storia del Premio Termoli, rendendo la Collezione Permanente del Museo luogo e punto di partenza per un dialogo e un confronto tra artisti di diverse generazioni, grazie a un programma espositivo che, accanto agli approfondimenti sui maestri dell’arte italiana degli anni Sessanta e Settanta, contempli la realizzazione di una serie di mostre dedicate ad artisti contemporanei, aperte a linguaggi differenti, dal design all’architettura, dalla video arte alla fotografia.    
 
La mostra Giuseppe Uncini / Termoli 2019 raccoglie undici opere appartenenti ai diversi periodi della ricerca del maestro marchigiano, dalle sperimentazioni dei primi anni Sessanta, caratterizzate dall’uso del cemento armato come elemento centrale della sua scultura, alla parentesi pittorica connessa alla riflessione sulle strutture primarie e sull’ombra della metà degli anni Settanta, sino alle soluzioni più mature degli anni a cavallo tra Novanta e Duemila, in cui il rapporto con l’architettura e con lo spazio – espositivo e ambientale – è andato definendosi come fulcro della sua produzione.
 
Le opere di Uncini selezionate dai due curatori, di diverse dimensioni e tecniche – dalle grandi sculture appartenenti al ciclo degli Spazi-ferro e degli Spazi-cemento, alle inedite e originali sculture in ceramica e ferro dei primi anni Duemila – saranno distribuite all’interno della grande sala centrale del MACTE in un percorso espositivo circolare progettato dal designer Andrea Anastasio che, oltre a proporsi come un tragitto punteggiato da opere emblematiche dei diversi cicli di ricerca dell’artista di Fabriano, sarà in grado di restituire allo spettatore tutta la duttilità creativa di Uncini assieme alla sua capacità di adottare, all’interno di una continuità formale e poetica, soluzioni linguistiche e materiali continuamente differenti.
 
A completamento della mostra, nel mese di novembre verrà pubblicato un catalogo, a cura di Arianna Rosica e Gianluca Riccio. La pubblicazione verrà in seguito presentata all'interno del programma di appuntamenti MACTE incontri, che accompagneranno la mostra per tutta la sua durata.

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Che si può fare di Helen Cammock e Rhizome and the Dizziness of Freedom di Mona Osman alla Collezione Maramotti

Il progetto include un film, una serie di incisioni su vinile, un fregio serigrafato e una stanza di ricerca in cui sono esposti libri e oggetti raccolti durante la residenza di sei mesi in Italia.

Collezione Maramotti è lieta di annunciare l'apertura di due nuove mostre: Che si può fare di Helen CammockRhizome and the Dizziness of Freedom di Mona Osman.

Helen Cammock, vincitrice della settima edizione del Max Mara Art Prize for Women e nominata al Turner Prize 2019, dopo la prima tappa alla Whitechapel Gallery di Londra presenta la nuova mostra Che si può fare con un allestimento rielaborato per gli spazi della Collezione. Il progetto include un film, una serie di incisioni su vinile, un fregio serigrafato e una stanza di ricerca in cui sono esposti libri e oggetti raccolti durante la residenza di sei mesi in Italia. La mostra sarà inoltre arricchita da un libro d’artista realizzato lo scorso luglio all’Istituto Centrale della Grafica di Roma.
Nell’opera di Cammock si intrecciano la narrativa femminile incentrata sulla perdita e sulla resilienza con la musica barocca composta da musiciste del Seicento, ispirazioni e racconti attraverso cui l’artista ha esplorato il concetto del lamento nella vita delle donne attraverso storie e geografie. 

Mona Osman, giovane artista con base a Bristol alla sua prima mostra personale in Italia, presenta un ciclo di nuovi dipinti realizzati per la Pattern Room della Collezione.
Osman ha lavorato contemporaneamente a tutte le nuove opere, in cui si ritrovano influenze e rimandi derivati da un lavoro concepito nello stesso tempo, in un unico spazio: l’ultimo anno, nello studio dell’artista.
Introdotta da un trittico di ritratti allestito su una parete esterna della sala principale, la mostra include tre grandi tele e due di medie dimensioni. Partendo dall’idea di affiancare episodi biblici a nozioni tratte dalla filosofia esistenzialista – e con l’intento di porre domande, più che di offrire risposte – Osman ha sviluppato pittoricamente una densa riflessione teorica e spirituale sulla ricerca del Sé.

Visita con ingresso libero negli orari di apertura della collezione permanente.
13 ottobre 2019: 14.30 – 18.30
17 ottobre 2019 – 16 febbraio 2020
Giovedì e venerdì 14.30 – 18.30
Sabato e domenica 10.30 – 18.30
Chiuso: 1° novembre, 25–26 dicembre, 1 e 6 gennaio

Collezione Maramotti
Via Fratelli Cervi 66, Reggio Emilia
Tel. +39 0522 382484
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
collezionemaramotti.org

 

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La mostra personale di Peter Wächtler alla Fondazione Antonio Dalle Nogare

È la seconda commissione che la Fondazione Antonio Dalle Nogare affida a un artista emergente e che occupa tutto il piano terra degli spazi di via Rafenstein. 

La mostra personale di Peter Wächtler è la seconda commissione che la Fondazione Antonio Dalle Nogare affida a un artista emergente e che occupa tutto il piano terra degli spazi di via Rafenstein. Sarà visibile dal 12 ottobre fino al 9 maggio 2020.

Invitato a pensare a un progetto site-specific per gli spazi e per il contesto sia della città sia della regione, Wächtler è tornato in visita più volte durante l’anno e ha analizzato luoghi fisici e di produzione che lo hanno ispirato nella realizzazione di un progetto composto di opere scultoree, fotografiche, pittoriche e video. 

Il risultato è una mostra complessa nella quale l'artista mette in evidenza alcuni aspetti caratteristici della sua pratica: l'interesse per tecniche artistiche tradizionali e artigianali; la necessità di costruzione narrativa simile a quella di un racconto (Wächtler è anche uno scrittore) e la capacità di muoversi liberamente tra diversi mezzi espressivi. 

Tutti questi mezzi diventano tappe di un racconto nel quale il personale si mescola all'impersonale, il soggettivo all’oggettivo, il reale al surreale o all'irreale. 

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Premio Davide Vignali  VIII edizione al MATA - Ex Manifattura Tabacchi, Modena

Il MATA – Ex Manifattura Tabacchi di Modena ospita la mostra dei vincitori dell’ottava edizione del Premio Davide Vignali 2018/2019, dedicato al ricordo del giovane ex-alunno dell’Istituto d’Arte Venturi di Modena, prematuramente scomparso. 

Dal 12 ottobre al 17 novembre 2019, il MATA – Ex Manifattura Tabacchi di Modena ospita la mostra dei vincitori dell’ottava edizione del Premio Davide Vignali 2018/2019, dedicato al ricordo del giovane ex-alunno dell’Istituto d’Arte Venturi di Modena, prematuramente scomparso.

Promosso da Fondazione Modena Arti Visive, dalla Famiglia Vignali e dall'Istituto d’Arte Venturi di Modena, il concorso seleziona ogni anno le più significative opere fotografiche e video realizzate dagli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori dell’Emilia-Romagna.

La cerimonia di premiazione e l’inaugurazione della mostra, che vedranno la partecipazione straordinaria del noto fotografo Olivo Barbieri, sono in programma sabato 12 ottobre 2019 alle ore 11, al MATA – Ex Manifattura Tabacchi a Modena.

La giuria – composta dal fotografo Olivo Barbieri, dalla Famiglia Vignali, da Paola Micich, da Antonella Battilani e Maria Menziani dell’Istituto d’Arte Venturi e da Daniele Pittèri, Chiara Dall’Olio e Daniele De Luigi di Fondazione Modena Arti Visive - ha attribuito il primo premio a Clara Grilanda e Gianmarco Onofri, studenti del Liceo Artistico e Musicale Statale di Forlì e autori del video Essere Maschi.

Il secondo riconoscimento è andato a Luz Angelica Moccia, una studentessa del Liceo Chierici di Reggio Emilia, per la serie Incontri onirici, mentre il terzo classificato è risultato Mamoudou Cisse dell’Istituto d’Arte Venturi di Modena, per la serie Viaggi.

I vincitori riceveranno un premio di € 1.000; il secondo classificato parteciperà a un workshop di Fondazione Modena Arti Visive; al terzo, verrà donata una selezione di libri editi dalla Fondazione.

Il Premio Venturi, riservato a uno studente dell’omonimo istituto modenese, è stato assegnato a Sara Perfetto, autrice della serie fotografica Marionetta, a cui andranno € 500.

“Anche quest’anno le immagini presentate al concorso ci hanno messo in contatto con mondi giovanili diversi, introspettivi, di grande intensità emotiva. – affermano Marisa Spallanzani e Doriano Vignali, genitori di Davide e co-promotori del Premio – Ci hanno mostrato diversi stili espressivi e comunicativi, invitato a scoprire percorsi culturali molto diversi tra loro, e fatto nascere ricordi intimi, personali, profondi. È un riaffiorare di visioni, che emergendo dal mondo giovanile di oggi, ci ricordano Davide, la sua giovinezza, la sua energia scalciante e ribelle, la sua fantasia, la sua creatività”.

Il Premio Davide Vignali costituisce per Fondazione Modena Arti Visive un’importante occasione di collaborazione e scambio con le realtà più vicine alle nuove generazioni, riflettendo l’attenzione da sempre rivolta verso la formazione di giovani artisti.

Oltre alle opere dei vincitori, la mostra raccoglie i progetti di Zita Alberti (Liceo Artistico Toschi, Parma), Carlotta Borghi (Istituto d’Arte Venturi di Modena), Rares Stefan Burnea (Liceo Ulivi, Parma), Tommaso Cardia (Istituto Persolino Strocchi, Faenza), Alberto Ferrari (Liceo Artistico Chierici, Reggio Emilia), Elena Guizzardi (Istituto d’Arte Venturi, Modena), Andrea Landi (Istituto Persolino Strocchi, Faenza), Viola Manfrini (Liceo Artistico Arcangeli, Bologna), Nicole Marchetti (Istituto Persolino Strocchi, Faenza), Niccolò Milanesi (Istituto d’Arte Venturi, Modena), Filippo Poppi (Liceo Corni, Modena), Chiara Rossi (Liceo Artistico Cassinari, Piacenza), Serena Zanasi (Istituto d’Arte Venturi, Modena).

Parallelamente alla mostra, prende avvio la nuova edizione 2019/2020 del Premio: il bando, riservato a tutti gli studenti di quinta delle scuole superiori dell'Emilia-Romagna, rimarrà aperto fino al 10 aprile 2020.

Maggiori informazioni sul sito di Fondazione Modena Arti Visive www.fmav.org

 

Premio Davide Vignali 2018/2019

MATA - Ex Manifattura Tabacchi

Via della Manifattura dei Tabacchi 83, Modena

12 ottobre – 17 novembre 2019

Premiazione e inaugurazione della mostra

Sabato 12 ottobre 2019, ore 11

Orari

Mercoledì, giovedì e venerdì: 11-13 / 16-19

Sabato, domenica e festivi: 11-19

Ingresso libero

 

 Informazioni

Tel. +39 059 224418 | Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. | www.fmav.org

 

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L’Archivio Atelier Pharaildis Van den Broeck presenta la Project Room #3

L’artista invitato è Andrea Kvas che ha selezionato alcune opere di Pharaildis Van den Broeck per le quali realizzerà dei dispositivi espositivi.

L’Archivio Atelier Pharaildis Van den Broeck presenta la Project Room #3 dal 1 ottobre al 24 novembre (su appuntamento).

L’artista invitato è Andrea Kvas che ha selezionato alcune opere di Pharaildis Van den Broeck per le quali realizzerà dei dispositivi espositivi.
Il progetto si inserisce in una serie di Project Room che dal febbraio 2019 mira a far conoscere l’opera e la figura dell'artista italo-belga, a sperimentare nuove metodologie di ricerca e valorizzazione dell'archivio d’artista e a promuovere la produzione artistica contemporanea.

La ricerca di Andrea Kvas nell’archivio si focalizza su alcuni disegni, appunti e maquette di cornici che Phara ha progettato nel corso della sua attività artistica ma che non ha mai ultimato.
Come risulta da una lettera del 2 ottobre 2006, inviata in risposta a Phara dalla azienda Schleiper di Bruxelles, le cornici che lei aveva in mente per i suoi lavori erano talmente speciali che non potevano essere realizzate da un mero esecutore: “Queste realizzazioni richiedono molte ricerche e prove, e noi non abbiamo modo di presentarvi un modello. […] Ci chiedete di realizzare un’opera d’arte, ma l’artista siete voi. Voi siete l’unica persona in grado di assistere e guidare la mano di un esecutore.”
Il progetto vede quindi coinvolto, non un tecnico, ma un altro artista, Andrea Kvas che, studiando i materiali dell’archivio, darà forma concreta ad alcuni di questi progetti che per Phara sarebbero stati la reale finalizzazione di alcuni dipinti.

La visione a tutto tondo della pittura è un elemento di forte affinità nella pratica di entrambi: appena Kvas ha iniziato a sfogliare i faldoni con la dicitura “cornie” - cornice - che riguardano la progettazione di questi dispositivi, oltre a un’analoga concezione di pittura come oggetto scultoreo ne ha individuato il valore totemico e rituale, in linea con alcune sue ricerche.
Con la Project Room #3 si vuole quindi dare forma a un oggetto che non sia una semplice ricostruzione filologica di un prototipo, ma che miri a riattualizzare un metodo e una concezione della pittura molto specifica, ossia quella che intende l’opera non come semplice immagine ma come oggetto pensato e costruito in ogni minimo dettaglio, dal telaio alla finitura della cornice fino al suo allestimento nello spazio espositivo.

In occasione della Project Room #3 sarà pubblicato il terzo numero del poster-pieghevole a cura di Emiliano Biondelli, una pubblicazione autonoma e complementare alla Project Room.

Pharaildis Van den Broeck (Opwijk, 1952 - Milano, 2014).

Si è diplomata presso il Dipartimento Moda della Royal Academy of Fine Arts di Anversa. È stata la prima stilista belga a collaborare con una casa di moda italiana, nel 1978 con Versace. Da quel momento fino all'inizio degli anni Novanta ha lavorato come stilista (in alcuni casi con lo pseudonimo di Phara Vanden) sia per conto proprio che per importanti firme italiane (oltre a Versace, Trussardi e Missoni). Nel 1994 ha smesso di lavorare nel campo della moda e si è dedicata alla pittura, sebbene nella sua produzione arte e moda siano sempre state integrate. Dal 1994 al maggio 2014 ha realizzato più di duemila opere e altrettanti disegni e schizzi. Il suo lavoro di artista si sviluppa su temi e soggetti specifici e ricorrenti durante l'intero periodo. L'insieme di opere - mai mostrato prima al pubblico - è un corpus unico in continua trasformazione che prende forma al di fuori del sistema dell'arte. Pharaildis Van den Broeck è una vera outsider, ma la sua arte non è affatto naif, le opere sono il risultato di una grande padronanza del mezzo pittorico e l'archivio è testimone di una cultura visiva molto ricca che spazia dalla haute couture all'etnoantropologia, dalle arti applicate antiche all'arte contemporanea. Nella sua pittura, segni e simboli sono composti e ricomposti nella narrazione profondamente intima di un immaginario onirico, psicologico, affettivo e, in alcuni casi, trascendentale. Osservare l'intera collezione equivale a sfogliare le pagine di un diario privato in cui stati d'animo, pensieri e visioni sono registrati giorno per giorno. L’evoluzione della sua ricerca nel corso dei venti anni di produzione segue delle traiettorie molto precise, la costanza e l’esuberanza con cui alcuni elementi sono ripetuti, la serialità e la velocità d'esecuzione lasciano intendere una pulsione espressiva totalizzante.

Andrea Kvas (Trieste, 1986) vive e lavora a Milano.

Il lavoro di Andrea Kvas fonde un approccio giocoso e istintivo alla pittura con un’analisi e riconsiderazione dei codici che contraddistinguono questa disciplina. La sua ricerca pittorica richiede diversi schemi di fruizione che l’hanno portato a trovare diverse intersezioni con pratiche scultoree, relazionali e curatoriali. Nel 2014 cura la prima mostra collettiva “parassita” Dopapine a San Giovanni Valdarno. Tra le principali mostre personali si ricordano quella al Museo Marino Marini di Firenze (2012) e alla Galleria Ermes-Ermes di Vienna (2015), tra le collettive recenti That’s IT! al Mambo di Bologna (2018), Performativity a Centrale Fies di Dro (2019) e Supervulcanos da Tarsia a Napoli (2019).

Opening
lunedì 30 settembre dalle 18 alle 21
Via Marco Antonio Bragadino, 2 - Milano