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 Dettaglio della Collezione di Zoologia, Sistema Museale di Ateneo | Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, Foto Ornella De Carlo

Il MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna apre la stagione autunnale con The Floating Collection 

Collettiva che nasce dal desiderio di studiare le ricchissime collezioni dei musei bolognesi - del Settore Musei Civici Bologna e di altri sistemi museali cittadini - tramite lo sguardo di sei artiste e artisti.

Il MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna apre la stagione autunnale delle mostre con The Floating Collection, collettiva che nasce dal desiderio di studiare le ricchissime collezioni dei musei bolognesi - del Settore Musei Civici Bologna e di altri sistemi museali cittadini - tramite lo sguardo di sei artiste e artisti: Alex Ayed (Strasburgo, 1989), Rä di Martino (Roma, 1975), Cevdet Erek (Istanbul, 1974), David Jablonowski (Bochum, 1982), Miao Ying (Shanghai, 1985), Alexandra Pirici (Bucarest, 1982).
In preparazione della mostra, tramite visite, incontri di approfondimento con il personale museale e derive spontanee, numerose collezioni e luoghi significativi della città sono stati trasformati in risorse, in una “piattaforma di ricerca” in grado di aprire traiettorie di indagine socio-culturale ed estetica.

The Floating Collection, dal 28 ottobre fino al 8 gennaio è a cura di Lorenzo Balbi e Caterina Molteni. Trae ispirazione dal dibattito e dai processi di decolonizzazione avviati nei musei etnografici e antropologici di tutto il mondo che, dagli anni Novanta, si sono impegnati in una revisione della storia dei propri patrimoni, sperimentando nuovi approcci di indagine sulle collezioni e di mediazione con il pubblico.
Inscrivendosi in tale contesto, la mostra pone attenzione sui linguaggi delle arti visive proponendoli come strumenti in grado di rileggere le storie della città, riattivarle e re-immaginarle con gli occhi sgombri dalle strutture narrative e dagli approcci metodologici consueti.
All'impostazione enciclopedica e catalogatoria che caratterizza il modello museale occidentale e moderno, la “collezione fluttuante” si contrappone muovendosi sui confini delle discipline senza delineare regole o letture unitarie ma ponendo domande, offrendo immaginari e tenendosi aperta a continue oscillazioni e variazioni.
Protagonisti del progetto non sono tanto gli oggetti delle collezioni dei musei bolognesi, quanto le idee e gli immaginari emersi da una loro riconsiderazione. Le artiste e gli artisti ci accompagnano così in una riflessione sulla museologia e sulle sue sovrastrutture, sulla storia socio-culturale del territorio, sulla natura evocativa di manufatti e altre curiositates, sulle potenzialità della creazione di mondi fittizi in grado di fare luce sul modo in cui a tutt'oggi organizziamo e valorizziamo le informazioni.
Soffermandosi sui metodi tramite cui le arti visive si rapportano allo studio della società, la mostra diventa anche un esempio della polifonia di stili, tecniche e approcci che caratterizzano le arti contemporanee più recenti.
Nella programmazione del MAMbo, The Floating Collection si inserisce e al contempo tenta di andare oltre il filone d’indagine inaugurato nel 2020 e proseguito nel 2021, in piena situazione pandemica, dal ciclo di focus espositivi RE-COLLECTING, in cui opere già esistenti, appartenenti alle collezioni dei musei civici, erano sottoposte a nuove prospettive interpretative con l'obiettivo di rinnovare e rendere più dinamica la relazione con i visitatori e proporre inusuali percorsi di senso.

Tra le fonti di ispirazione comuni sia a RE-COLLECTING che a The Floating Collection, come evidenzia Lorenzo Balbi in uno dei saggi introduttivi della pubblicazione in uscita con l'apertura della mostra, vi è la visione di Franco Solmi, direttore della Galleria d’Arte Moderna di Bologna, che nel suo discorso di insediamento nel 1975 delineava l'identità, la missione e la visione della nascente GAM:

"Il museo, nel suo essere struttura coinvolgente e coinvolta nella realtà della città e del territorio e, nello stesso tempo, filtro naturale di esperienze che questa realtà travalicano, può divenire centro culturale nel senso più ampio del termine, ove le cose che diciamo della cultura non solo si presentano, ma si creano, si discutono e magari si contestano per dar vita a quel dibattito fra diversi orientamenti ideali in cui si concreta una politica della cultura che non voglia essere solo nominalmente pluralistica. […] I programmi non dovranno essere visti come giustapposizione di una manifestazione all'altra o semplice somma di iniziative diverse, ma come ciclo di attività finalizzate al dibattito su un problema, che non può certo esaurirsi in una soluzione, anche temporale, fissata in anticipo. […] Ecco perché mi sembra giusto sostituire al concetto di mostra quello più comprensivo e aperto di attività".

Facendo propria e attualizzando tale visione, The Floating Collection si spinge oltre quanto già attuato con RE-COLLECTING, chiedendo ad Alex Ayed, Rä di Martino, Cevdet Erek, David Jablonowski, Miao Ying e Alexandra Pirici di produrre, dopo aver visitato e conosciuto le collezioni dei musei bolognesi, opere completamente nuove, ispirate alle suggestioni ricevute durante le visite, che del patrimonio culturale cittadino propongono interpretazioni completamente nuove e originali.
Lo spazio della Sala delle Ciminiere diventa così contenitore di una nuova “collezione fluttuante” che ci interroga, lasciandoci tutt'altro che passivi spettatori, come spiega efficacemente Caterina Molteni nel suo saggio introduttivo sulla mostra:

“La collezione fluttuante galleggia nell'aria per essere nuovamente osservata chiedendosi quali altre traiettorie possono essere generate da essa, in che modo le sue parti, con le storie che custodiscono, sono in grado di suggerirci nuove vie di indagine, non solo sul museo ma sul mondo che ci circonda. L'assenza di gravità diventa quindi l'occasione per togliere le mani dai fianchi, alzarle verso gli oggetti, iniziare a rigirarli con attenzione e porci alcune domande.”

Sono diverse le fonti e gli spunti che si possono rintracciare nei lavori in mostra:
Alex Ayed, per arrivare alla realizzazione della serie Sun Drawings, che include strisce per eliofanografo provenienti dal Museo della Specola, ha trascorso diverse settimane a Bologna visitando le collezioni museali della città, con particolare attenzione a quelle del Sistema Museale di Ateneo. Affascinato dalla natura enciclopedica delle collezioni scientifiche e didattiche raccolte dall’Università di Bologna nei secoli, l’artista si è interessato ai diversi metodi di catalogazione e misurazione messi in atto dall’essere umano per studiare il cosmo e le altre creature terrestri.
Rä di Martino
, nelle musiche composte da Mauro Remiddi per il video Moonbird, rielabora campioni sonori di strumenti musicali antichi, parte della collezione del Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna.
Cevdet Erek, per la sua installazione architettonica site-specific ha adottato una prospettiva ampia: in un processo di misurazione esteso all’intera città, l’artista si è interessato ai ritmi e alle pause rintracciabili lungo le strade, i musei, tra i portici e le torri, fino alla Sala delle Ciminiere del MAMbo che ospita il lavoro. La sua opera include un prestito del calco in gesso del XIX secolo della croce scolpita (IX-X secolo) originariamente posta all’esterno di San Lorenzo a Varignana, proveniente dal Museo Civico Medievale di Bologna.
David Jablonowski presenta in mostra, oltre a una serie di lavori scultorei esistenti, una nuova produzione dal titolo Geo-fenced commodity futures (renewable, traced, hard) I-V, nata da una riflessione sulla storia dei materiali all’interno delle collezioni museali, luoghi in cui è possibile osservare come i concetti di innovazione e di obsolescenza hanno plasmato l’identità di specifici oggetti, e come gli stessi insieme alla tecnologia che proponevano sono stati significanti nel tempo di una certa idea di progresso.
Miao Ying, per Surplus Intelligence, nuova produzione filmica nata da una riflessione sull’azione di collezionare nella società contemporanea, ha tratto spunto dalle collezioni del Museo Civico Medievale e altre testimonianze del Medioevo in città per dar vita a un’opera che mette in relazione forme di sorveglianza e influenza del passato, come il sistema di indulgenze con processi contemporanei di raccolta di dati.
Alexandra Pirici, infine, porta a Bologna una versione a due interpreti della performance Re-collection, che si struttura come una collezione “vivente” i cui oggetti sono trasformati in movimenti, senza etichette né bisogno di classificazione. Opere d’arte reali e fittizie, frammenti di canzoni o poesie, oppure forme di vita reali e immaginarie sono ricordati attraverso i corpi, le voci e i movimenti dei performer.

Le istituzioni e i musei che, oltre al MAMbo, a vario titolo, sono stati oggetto di ricerca per The Floating Collection sono numerosi.
Per il Settore Musei Civici Bologna: Museo Civico Archelogico, Museo Civico Medievale, Museo Civico d'Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini, Museo del Tessuto e della Tappezzeria "Vittorio Zironi", Museo Morandi, Museo internazionale e biblioteca della musica, Museo del Patrimonio Industriale, Museo civico del Risorgimento.
Per il Sistema Museale di Ateneo | Alma Mater Studiorum - Università di Bologna: Museo di Palazzo Poggi, Museo della Specola, Collezione di Zoologia, Collezione di Anatomia Comparata, Collezione di Antropologia.
Altre istituzioni cittadine: Pinacoteca Nazionale di Bologna, Cimitero Monumentale della Certosa, Opificio delle Acque.

In concomitanza con l'esposizione esce il volume The Floating Collection (Edizioni MAMbo, testi in italiano e inglese), a cura di Caterina Molteni, pensato come una estensione della ricerca sulle collezioni dei musei bolognesi presi in esame. La pubblicazione si compone di una sezione introduttiva con i saggi dei curatori Lorenzo Balbi e Caterina Molteni; una parte dedicata agli artisti con un testo sull'opera in mostra e una collezione di appunti visivi provenienti dalla loro visita a Bologna come riferimenti che permettono di visualizzare la fase di ricerca; infine un capitolo con tre racconti inediti di Wissal Houbabi, Vaiva Grainytė e Lisa Robertson, che con stili narrativi molto differenti tra loro ampliano la riflessione sulle collezioni.

 



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MATTEO PIZZOLANTE La linea che ci divide dal domani 

Il progetto presenta un nuovo corpo di opere site specific sviluppate in relazione alle peculiarità spaziali e alla storia degli ambienti espositivi di FuturDome.

FuturDome, dal 27 Ottobre al 28 Gennaio è lieta di presentare La linea che ci divide dal domani, mostra personale di Matteo Pizzolante a cura di Atto Belloli Ardessi.

Il progetto presenta un nuovo corpo di opere site specific sviluppate in relazione alle peculiarità spaziali e alla storia degli ambienti espositivi di FuturDome, quanto ai materiali che ne ridefiniscono l’involucro architettonico, attivando un cambiamento di intensità temporale che comporta una riduzione del presente.

La linea che ci divide dal domani investiga l’istante in cui si sviluppa la ricostruzione della narrazione di un evento, determinando come si possa far passare un ricordo dallo stato di sensibilità inerte allo stato di sensibilità attiva.

In psicologia, gli eventi della realtà non sono identificati come fatti quanto invece come vissuti. I vissuti sono lo strumento con cui percepiamo emozionalmente il mondo, l’unico modo con cui possiamo conoscerlo ed alterarlo.

Il titolo della mostra è concepito in riferimento alla linea immaginaria tracciata sulla superficie terrestre che determina il cambio di data, in corrispondenza del 180° meridiano. Il viaggiatore che si muove dall’Asia verso l’America deve contare la stessa data due volte, mentre in direzione opposta è necessario saltare un giorno.

Una piega/paradosso del tempo, un varco materializzato nelle 21 ore di fuso orario che separano il confine tra Russia ed Alaska, nel mezzo delle isole di Diomede nello stretto di Bering. Due isole visibili a occhio nudo distanti poco più di tre chilometri l’una dall’altra dove è possibile, attraversandole, ripercorrere un istante del tempo e rimodulare la nostra memoria in una lucida visione del proprio passato o viceversa.

INFO

La linea che di divide dal domani 
a cura di
Atto Belloli Ardessi

Inaugurazione: Giovedì 27 Ottobre, dalle 18.30 alle 21

Sede: FuturDome, via Paisiello 6, Milano
Periodo espositivo: 27 Ottobre 2022 - 28 Gennaio 2023

Orari: da Mercoledi a Sabato, dalle 16 alle 19.30

Ingresso: gratuito    

 



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A Pisa Gianfranco Meggiato. "Il respiro della forma" 

Le grandi sculture monumentali di Meggiato animano la città, e creano, nel centro storico, un dialogo che unisce arte antica e contemporanea.

A Pisa, le grandi sculture monumentali di Meggiato animano la città, e creano, nel centro storico, un dialogo che unisce arte antica e contemporanea.
L’importante rassegna “Gianfranco Meggiato. Il respiro della forma”, voluta e ospitata dal Comune di Pisa dal 22 ottobre al 4 dicembre, offre al pubblico un evento che vede quattordici opere di grandi dimensioni installate nel centro storico della città e una significativa personale nella suggestiva Chiesa di Santa Maria della Spina. Le sculture approfondiscono la poetica dell’artista, stringono una relazione intima con i visitatori e l’ambiente, inducono alla riflessione, all’introspezione e lanciano un forte messaggio di pace.

L’esposizione, curata da Riccardo Ferrucci e Alessandro Romanini, indaga la fragilità umana, fisica e spirituale oltre alla forza positiva che induce ogni uomo a vivere, resistere e crescere; questi concetti racchiusi nelle opere di Meggiato, si legano idealmente alla città e in particolare al suo simbolo più famoso la Torre di Pisa, emblema universale di resilienza che, con la sua apparente instabilità e fragilità, rappresenta una metafora della condizione umana.

La mostra, promossa dal Comune di Pisa, con il patrocino della Regione Toscana, della Scuola Normale Superiore e della Scuola Superiore Sant’Anna è organizzata dall’associazione culturale C.R.A. (Centro Raccolta Arte), in collaborazione con Casa d'Arte San Lorenzo.  

Meggiato, da anni attento ai temi sociali come la lotta alle mafie, la cooperazione tra gli uomini e la violenza sulle donne, attraverso i suoi lavori esprime il concetto di “introscultura”, invita a porre lo sguardo verso l’interiorità dell’opera, ad andare oltre le tortuose superfici esterne per trovare se stessi e la propria sfera interiore.

In Piazza dei Miracoli si ammira Lo Specchio dell’Assoluto una porta verso un’altra dimensione che mette in contatto l’uomo con l’Universo, invita a una visione contemplativa e si pone in  dialogo con i contenuti simbolici dei monumenti storici che la circondano. In piazza dei Cavalieri, dove ha sede la Scuola Normale di Pisa, si incontra L’Uomo Quantico, (alto 5 metri) rappresentazione di un “uomo nuovo” in cammino verso il futuro, ogni singolo elemento è realizzato indipendentemente e assemblato all’unisono in modo da richiamare le ultime teorie della fisica quantistica; in San Paolo a Ripa d’Arno Oltre evoca un angelo bianco che avvolge una sfera e invita a seguirlo per superare la materialità.
La Chiesa di Santa Maria della Spina, importante esempio di gotico pisano, ospita undici lavori di medie dimensioni, che inducono a riflettere e ad acquisire una nuova consapevolezza.
Gran parte delle sculture di Meggiato possono essere ruotate dai visitatori creando un movimento di alternanza tra pieni e vuoti che l’artista descrive come “respiro delle opere”.
Per Gianfranco Meggiato ogni esistenza è collegata alle altre e ne ricerca l’origine nella convinzione che siamo tutti cellule dello stesso organismo: troviamo Germinazione, una catena di elementi intrecciati che crescono uniti e riportano all’origine dell’esistenza; la scultura Dio è Madre, a forma di uovo, simbolo della nascita, è composta da numerosi anelli vibranti e multiformi con all’interno tre sfere che, secondo l’artista, compongono l’essenza umana formata da razionalità, istinto e anima; Mondo Interiore, invita a non lasciarsi sopraffare dagli eventi, a trovare il coraggio di ascoltare il proprio Io e a non fermarsi alle apparenze.

La mostra offre l’occasione per visitare l’affascinante Centro storico di Pisa, alla scoperta dell’arte di Gianfranco Meggiato, attraverso i QR code posizionati vicino alle opere e sui manifesti, è possibile accedere a una mappa virtuale che indica la posizione delle sculture e ne racconta il significato.
L’uomo Quantico, Piazza dei Cavalieri; Sfera Quantica, chiesa di Santa Maria della Spina, Lungarno Gambacorti; Lo Specchio dell’Assoluto, Piazza dei Miracoli; Oltre, chiesa di San Paolo a Ripa d'Arno; Triade, Via S. Maria - Piazza Cavallotti; Cubo con Cubo, Piazza San Matteo antistante il museo; Il Soffio della Vita, chiostro dei Gesuati, Scuola Superiore di Sant’Anna, Piazza Martiri della Libertà; Anima Latina, Corso Italia, da P.zza Vittorio Emanuele; Doppio Totem, Corso Italia angolo Via Toselli; Taurus, Lungarno Simonelli, area pedonale di pertinenza del museo delle Navi; Sfera Sirio e Il Mio Pensiero LiberoPiazza Terzanaia; Sfera Antares, chiesa di San Michele in Borgo, Borgo Stretto; Disco Tensione, Piazza XX Settembre.

A fine mostra verrà presentato un’importante volume bilingue, italiano e inglese, edito da Editoriale Giorgio Mondadori, a cura e con testi di Riccardo Ferrucci e Alessandro Romanini. All’interno troveranno spazio altri contributi critici di personalità del mondo dell’arte e della cultura, oltre che una testimonianza dell’artista stesso.

Gianfranco Meggiato nasce a Venezia nel 1963, frequenta l’Istituto Statale d’Arte studia scultura in pietra, bronzo, legno e ceramica. Guarda ai grandi maestri del 900 come Brancusi per la ricerca dell’essenzialità, Moore per il rapporto interno-esterno delle sue maternità e Calder per l’apertura allo spazio. Artista internazionale dal 1998 partecipa a numerose fiere e mostre personali e collettive in Italia e nel mondo - USA, Canada, Gran Bretagna, Danimarca, Germania, Belgio, Olanda, Francia, Austria, Svizzera, Spagna, Portogallo, Principato di Monaco, Ucraina, Russia, India, Cina, Emirati Arabi, Kuwait, Corea del Sud, Singapore, Taipei, Hong Kong, Australia -. In particolare nel 2011 e 2013 viene invitato alla Biennale di Venezia nei padiglioni nazionali, dal 2017 decide di trattare temi a carattere scientifico e sociale mediante l’esposizione di grandi installazioni in luoghi pubblici: “Il Giardino delle Muse Silenti” (Catanzaro 2017) simbolicamente posto a difesa di valori e cultura dal terrorismo. “La Spirale della Vita” (Palermo 2018) all’interno di “Manifesta 12” dedicata alle vittime innocenti della mafia; “Il Giardino di Zyz” (Matera Capitale Europea della Cultura 2019) vuole essere punto di incontro tra culture in contrasto. “L’Uomo Quantico, non c’è futuro senza memoria” (Valle dei Templi di Agrigento 2021) una grande mostra personale con lavori monumentali che unisce archeologia, filosofia e fisica dei quanti; “La Spirale della Vita” (Comune di Prato e il Museo Pecci 2022) ripropone l’installazione dedicata alle vittime della mafia.
Queste installazioni gli valgono il PREMIO ICOMOS-UNESCO “per aver magistralmente coniugato l'antico e il contemporaneo in installazioni scultoree di grande potere evocativo e valenza estetica”. Vive e lavora a Gran Canaria.
www.gianfrancomeggiato.com 

 



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Renato Leotta, LUCE, 2018 16 mm film. 

 

MACTE presenta Renato Leotta "La soglia" (poesia, poesia, poesia) 

Vincitore del premio mostra della LXII edizione del Premio Termoli.

Grazie al premio mostra assegnato in occasione della LXII edizione del Premio Termoli, dal 22 ottobre 2022 al 29 gennaio 2023 Renato Leotta (Torino, 1982) è protagonista al MACTE Museo di Arte Contemporanea di Termoli della mostra personale La soglia (poesia, poesia, poesia).

Con il suo lavoro, che include film, sculture e fotografie, Renato Leotta osserva un paesaggio che si manifesta in momenti di percezione liminale, intendendo la soglia come un luogo di conflitto nato dall'incontro di uno spazio con un altro. Proprio in questo limite, come in una spiaggia, il tema poetico, narrazioni e tutte le letterature nascono dall'approssimarsi del mare con la terra in un fluire illusorio del tempo.

La rotonda del MACTE raccoglie una selezione di film in 16mm registrati dall’artista: LUCE (2018) in cui la ripresa di un frutto si smargina, perde di fuoco, diventando forma, colore e luce; Fiumi (2021) dove l’acqua delle fontane barocche del centro storico della Capitale, seppur montati su dei monitor senza sonoro, risuonano nel contrasto con una Roma silenziosa e deserta da lockdown. Infine appunti per immagini raccolti in pellicola e tratti dalle esplorazioni fatte dall’artista lungo le coste del Mar Mediterraneo a partire dal 2010 al presente.

Leotta trae ispirazione “dalle linee e forme che il mare crea sulla spiaggia ogni volta che ritira con le maree”. I calchi di gesso che costituiscono Gipsoteca (2012–) sono modellati dal fluire delle maree del Mar Adriatico e portano nelle sale del museo l'immagine immobile di una risacca scolpita.

Ci sono luoghi che ci si lascia alle spalle insieme alle scie di una nave e ci sono fiumane di persone che si riversano scendendo da un treno, come nel film in bianco e nero del 1961 di Gino Brignolo Torino Amara, in prestito dall’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza di Torino, che documenta la perenne condizione che porta ad emigrare in altri luoghi.

La mostra è accompagnata da una selezione di opere della collezione permanente del Premio Termoli, che comprende anche l’opera restaurata Pittura G.R. di Pino Pinelli che vinse nell’edizione del 1983.

 



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Emma Talbot "The Age/L'Età" e Jenna Gribbon | Mirages alla Collezione Maramotti 

Due nuove mostre.

Collezione Maramotti è lieta di annunciare l'apertura di due nuove mostre dal 23 ottobre fino al 19 di febbraio.

Emma Talbot | The Age/L'Età

Talbot, vincitrice dell’ottava edizione del Max Mara Art Prize for Women, presenta il suo progetto alla Collezione Maramotti, dopo la prima tappa presso la Whitechapel Gallery di Londra.

La mostra è composta da animazioni, pannelli di seta dipinti e sospesi, disegni, un'opera tridimensionale, ed esplora temi quali la rappresentazione e l'invecchiamento, il potere e la governance e gli atteggiamenti nei confronti della natura.

Jenna Gribbon | Mirages

Prima esposizione personale in una istituzione europea dell’artista statunitense, che ha concepito un nuovo corpus di dieci opere pittoriche specificamente per la Pattern Room della Collezione. Portatrici di una visione peculiare su un universo femminile in cui bellezza e piacere agiscono come dispositivi politici per scardinare i tradizionali schemi patriarcali ed eterosessuali, le opere di Gribbon pongono l’osservatore all’interno di complesse relazioni di sguardo, in cui si è coinvolti in quanto soggetti attivi.

Maggiori informazioni qui.

Visita con ingresso libero negli orari di apertura della collezione permanente.

23 ottobre 2022: 14.30 – 18.30

27 ottobre 2022 – 19 febbraio 2023

Giovedì e venerdì 14.30 – 18.30

Sabato e domenica 10.30 – 18.30

Chiuso:  1 novembre, 25–26 dicembre, 1 e 6 gennaio