KENRO IZU Requiem for Pompei

Kenro Izu, Pompei, Casa del Menandro, 2016 © Kenro Izu. Courtesy Fondazione di Modena - Fondazione Modena Arti Visive

 

KENRO IZU - Requiem for Pompei

Riapre sabato 30 maggio a ingresso libero la mostra di Kenro Izu.

Dal 30 maggio al 2 giugno, e per ogni fine settimana fino al 28 giugno, si potrà tornare a visitare la mostra del fotografo giapponese Kenro Izu, chiusa dallo scorso 8 marzo per l'emergenza sanitaria negli spazi del MATA di Modena. Al loro interno riapre anche il bookshop di Fondazione Modena Arti Visive, con una selezione di cataloghi – molti dei quali rari e firmati – edizioni limitate e gadget.

Fondazione Modena Arti Visive è felice di annunciare la riapertura di Requiem for Pompei, mostra personale di Kenro Izu (Osaka, 1949), che era rimasta chiusa dallo scorso 8 marzo causa emergenza sanitaria.

A partire da sabato 30 maggio a martedì 2 giugno e ogni sabato e domenica fino al 28 giugno, le sale del MATA accoglieranno nuovamente i visitatori, che potranno visitare, a ingresso libero, l'esposizione curata da Chiara Dall'Olio e Daniele De Luigi, composta da 55 fotografie inedite, donate dall’artista giapponese alla Fondazione di Modena, frutto di una visione lirica di quanto è rimasto a Pompei, il giorno dopo l’eruzione del 79 d.C.

La riapertura della mostra avviene applicando le prescrizioni di sicurezza, con una capienza massima di 10 persone e mascherina obbligatoria.

Il fascino esercitato dalle vestigia delle antiche civiltà, ha portato Kenro Izu a realizzare delle serie di immagini all’interno dei siti archeologici più importanti e conosciuti al mondo, dall’Egitto alla Cambogia, dall’Indonesia all’India, dal Tibet alla Siria.

A Modena l'artista presenta Requiem for Pompei, un progetto iniziato nel 2015, in collaborazione con Fondazione Fotografia Modena, dedicato alla città campana distrutta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. e sepolta sotto la cenere e i lapilli. Gli scavi archeologici hanno restituito non solo gli edifici, ma anche le forme esatte dei corpi degli abitanti nel momento della morte, grazie ai calchi eseguiti sui vuoti che essi hanno lasciato sotto la coltre pietrificata.

L’esposizione propone una selezione di 55 immagini inedite, donate da Kenro Izu alla Fondazione di Modena, scattate tra le rovine di Pompei, dove l'artista ha collocato, con un poetico gesto di pietà, le copie dei calchi originali dei corpi che spiccano come bianche sagome umane.

L’intenzione di Kenro Izu non è quella di documentare i resti di Pompei, quanto di trasmettere il carattere sospeso fra meraviglia e distruzione che proviene dalle rovine, insistendo sull’idea di quanto è rimasto, il giorno dopo l’eruzione del Vesuvio.

 

Kenro Izu. Requiem for Pompei

FMAV - MATA

Informazioni (in orario di mostra)

Tel. +39 059 4270657 | www.fmav.org 

 

 LABIRINTO 035foto di Dario Tettamanzi

 Foto di Dario Tettamanzi

Fondazione Arnaldo Pomodoro presenta Digital tour alla scoperta del Labirinto di Pomodoro

La Fondazione presenta il suo primo digital tour gratuito.

La Fondazione Arnaldo Pomodoro presenta il suo primo digital tour gratuito, ALLA SCOPERTA DEL LABIRINTO DI ARNALDO POMODORO: un viaggio interattivo alla scoperta dell’opera ambientale Ingresso nel Labirinto di Arnaldo Pomodoro.

Il digital tour è la nuova tappa di un percorso intrapreso qualche anno fa dalla Fondazione per favorire una sempre più ampia conoscenza dell’opera di Arnaldo Pomodoro e rendere accessibile al grande pubblico la propria Collezione, il corpus dei lavori dell’artista, i suoi carteggi con artisti e critici, i bozzetti e tutti gli altri materiali del suo Archivio. Oggi che le visite al Labirinto non sono possibili e i laboratori didattici sono sospesi, la Fondazione e il suo Dipartimento educativo portano comunque avanti la loro missione in una direzione nuova ma coerente, offrendo un’occasione “virtuale” per sperimentare in prima persona come nasce un’idea e come un’ispirazione possa diventare un’opera d’arte.

IL DIGITAL TOUR

L’esperienza multisensoriale ALLA SCOPERTA DEL LABIRINTO DI ARNALDO POMODORO prevede una visita virtuale nel Labirinto di Pomodoro, alla quale seguono alcune attività educative e interattive dedicate a differenti argomenti e divise per grado di difficoltà, pensate per essere accessibili ai più piccoli come agli adulti. Un viaggio che fa leva sulla fantasia e sulla creatività.

Il progetto – curato da Paola Boccaletti, coordinatrice del Dipartimento educativo della Fondazione – nasce da diverse esperienze di divulgazione dell’opera del Maestro intraprese negli scorsi anni, in particolare dal libro per bambini “Il Labirinto di Arnaldo Pomodoro”, edito da Corraini e realizzato grazie a un contributo di Fondazione Cariplo, e da “Labyr-Into”, ricostruzione in VR dell’opera Ingresso nel labirinto, realizzata da Oliver Pavicevic e Steve Piccolo, prodotta dalla Fondazione Arnaldo Pomodoro grazie al contributo di TSS (The Secular Society, Virginia, USA).

 

Ottieni il link per accedere al digital tour: clicca qui

 

 

IL CONCORSO PER LE SCUOLE

Con lo scopo di mantenere vivo il dialogo con la scuola e accorciare la distanza in questo momento di trasformazione, a partire dal digital tour la Fondazione Arnaldo Pomodoro ha inoltre ideato un Concorso dedicato alle scuole primarie e secondarie di primo grado sul tema della 'gita scolastica nel Labirinto di Arnaldo Pomodoro'.

Tutte le classi che si iscriveranno al Concorso riceveranno in omaggio – per la biblioteca della propria scuola – il libro per bambini “Il Labirinto di Arnaldo Pomodoro”.

Le classi che parteciperanno alla visita virtuale e invieranno i materiali ritenuti maggiormente significativi rispetto alla comprensione e interpretazione del labirinto vinceranno un buono omaggio per una visita guidata reale nel Labirinto di via Solari 35 a Milano, non appena sarà possibile.

Il concorso ha inizio martedì 12 maggio e i materiali prodotti dovranno essere inviati alla mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo." target="_blank" moz-do-not-send="true">Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. entro e non oltre il 30 giugno 2020.

 

 

 giuliani

 Foto di Dario Tettamanzi

Riapre la Fondazione Giuliani

La mostra personale di Esther Kläs, "Maybe it can be different", sarà prolungata fino al 13 giugno 2020, in modo da consentire ai visitatori che non l'hanno ancora vista di godere di questa opportunità.

La Fondazione Giuliani riaprirà lunedì 18 maggio. La mostra personale di Esther Kläs, "Maybe it can be different", sarà prolungata fino al 13 giugno 2020, in modo da consentire ai visitatori che non l'hanno ancora vista di godere di questa opportunità.

Ovviamente, la salute dei nostri visitatori e del nostro team è nostra priorità assoluta e seguiremo le misure di social distancing e di igiene per la sicurezza e per la protezione di tutti. La Fondazione, inoltre, per poter prendere tutte le precauzioni necessarie, adotterà temporaneamente nuovi orari di apertura: dal giovedì al sabato dalle 15.00 alle19.30.

Se desiderate visitare la mostra al di fuori del normale orario di apertura, vi preghiamo di inviarci una email a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

Inoltre, siamo felici di comunicare che dal 21 giugno 2020 presso la Fondazione, ci sarà "Permanente", terza tappa del tour della mostra personale di Caroline Achaintre, organizzata in collaborazione con Belvedere Museum, Vienna, MO.CO. Montpellier Contemporain e CAPC Musée d'Art Contemporain, Bordeaux.

La mostra della Fondazione è realizzata grazie anche al sostegno della Fondazione Nuovi Mecenati.

Per motivi di salute e sicurezza, per accedere ai locali della Fondazione è necessario essere forniti di mascherina. Ci prenderemo cura personalmente di fornire il pubblico di guanti e di gel disinfettante.

 

 mascarilla

Silvia Giambrone, Nobody's room, 2015

MASCARILLA 19 – Codes of Domestic Violence 8 film d’artista prodotti al tempo della pandemia

Mascarilla 19 dà il titolo a un nuovo progetto commissionato e prodotto da In Between Art Film, casa di produzione di Beatrice Bulgari.

Mascarilla 19 è la parola in codice che in Spagna viene usata dalle donne vittime di violenza domestica per denunciare gli abusi subiti. Otto gli artisti invitati a confrontarsi con questa “emergenza nell’emergenza”: Iván Argote, Silvia Giambrone, Eva Giolo, Basir Mahmood, MASBEDO, Elena Mazzi, Adrian Paci, Janis Rafa. I curatori del progetto sono Leonardo Bigazzi, Alessandro Rabottini e Paola Ugolini.

Mascarilla 19 – Codes of Domestic Violence è il nuovo progetto di In Between Art Film, la casa di produzione cinematografica fondata da Beatrice Bulgari per esplorare ed espandere i confini tra le arti visive, il cinema, la performance e i linguaggi dell’immagine in movimento. Attraverso la produzione di 8 film d’artista, tre curatori – Leonardo Bigazzi, Alessandro Rabottini e Paola Ugolini – e otto artisti – Iván Argote (Colombia/Francia, 1983), Silvia Giambrone (Italia/Inghilterra, 1981), Eva Giolo (Belgio, 1991), Basir Mahmood (Pakistan/Paesi Bassi, 1985), MASBEDO (Italia, Nicolò Massazza, 1973 e Iacopo Bedogni, 1970), Elena Mazzi (Italia, 1984), Adrian Paci (Albania/Italia, 1969), Janis Rafa (Grecia, 1984) – sono stati invitati a confrontarsi sul tema drammatico e quanto mai attuale della violenza sulle donne e il suo acuirsi nel contesto attuale della pandemia e delle conseguenti misure di contenimento sociale.

Il nuovo progetto di In Between Art Film risponde a un duplice impulso: da un lato richiamare l’attenzione su un’emergenza globale – come quella della violenza di genere resa ancora più urgente dal confinamento in cui gran parte del mondo si trova attualmente – dall’altro fornire stimolo e sostegno alla produzione artistica, in un momento storico come questo, caratterizzato da sospensione e incertezza.

Inaugurando una nuova fase produttiva e un’inedita formula di commissione rispetto al proprio operato, per la prima volta In Between Art Film invita una serie di artisti a rispondere creativamente a un progetto originale sviluppato in risposta a una situazione transnazionale e quanto mai attuale.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la violenza sulle donne tende ad aumentare nelle situazioni di crisi, come disastri naturali, guerre o epidemie. Dall’inizio della Pandemia da Covid-19, stando a dati dell’ONU, le denunce di violenza domestica a livello globale sono triplicate, senza considerare i moltissimi casi “invisibili”, in cui le donne non hanno nemmeno la possibilità di chiedere aiuto.

Mascarilla 19 (Mascherina 19) è il nome della campagna lanciata dal premier spagnolo Pedro Sanchez, che non solo accoglie l’appello del Segretario Generale dell’ONU Antonio Gutierrez, ma dà conto dello spaventoso aumento di richieste di aiuto arrivate da donne vittime di abusi nel corso delle prime settimane dell’epidemia, quando molte di loro si sono ritrovate prigioniere delle mura domestiche. In un mondo fisicamente isolato e digitalmente iper-connesso, infatti, le vittime di violenze domestiche si trovano in una situazione di “isolamento nell’isolamento” perché private della possibilità di comunicare con l’esterno per richiedere aiuto. È nato così un S.O.S. segreto, una parola in codice che le vittime di violenza possono comunicare al personale di tutte le farmacie in Spagna, permettendo così l’avvio di un protocollo d’emergenza.

In Between Art Film ha voluto fare un richiamo diretto a questa campagna nello scegliere il titolo del suo nuovo progetto, Mascarilla 19 – Codes of Domestic Violence, che prevede la produzione di 8 film d’artista monocanale commissionati ad altrettanti artisti internazionali, ciascuno invitato con il proprio linguaggio e la propria sensibilità a toccare un argomento tanto delicato quanto urgente.

Attraverso una selezione di artisti appartenenti a diverse generazioni e provenienti da differenti contesti culturali, Mascarilla 19 desidera esplorare una molteplicità di significati umani, sociali e linguistici legati all’isolamento psicologico e alla violenza fisica, alla privazione della possibilità di comunicare, alla trasformazione della casa da luogo di protezione a teatro di sopruso.

Inoltre, Mascarilla 19 è anche un interrogativo sui cambiamenti in atto per quanto riguarda la produzione e la distribuzione delle immagini in movimento in un contesto come quello attuale, fatto anche di limitazioni espressive oltre che di movimento.

“Interrogando le visioni degli artisti, attraverso il loro lavoro, intendo aprire uno spazio di riflessione sui concetti di libertà e di limitazione, sul silenzio come spazio di violenza e sulla responsabilità che sento in prima persona, nel fronteggiare l’emergenza culturale anche attraverso il sostegno agli artisti” (Beatrice Bulgari)

La produzione delle nuove opere, già operativa a livello concettuale, sarà realizzata dagli artisti non appena verranno allentate le restrizioni adottate nei vari Paesi di residenza per contenere il diffondersi della pandemia.

Il ciclo completo di Mascarilla 19 – Codes of Domestic Violence sarà presentato in anteprima da In Between Art Film nell’autunno 2020 attraverso una rete di collaborazioni istituzionali, sia in Italia che all’estero, esplicitando la natura profondamente collaborativa di questo progetto anche a livello di distribuzione.

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Emma Talbot è la vincitrice dell'ottava edizione del Max Mara Art Prize for Women

Talbot trascorrerà una residenza di sei mesi in Italia nel 2020 durante la quale avrà l’opportunità di realizzare un nuovo corpus di opere che saranno esposte nel 2021 alla Whitechapel Gallery e alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia.

Max Mara, Whitechapel Gallery e Collezione Maramotti sono lieti di annunciare che Emma Talbot è la vincitrice del Max Mara Art Prize for Women.

Il Max Mara Art Prize for Women è aperto ad artiste con base nel Regno Unito che non hanno ancora esposto le proprie opere in una mostra antologica. Questo prestigioso premio biennale istituito nel 2005 è l’unico riconoscimento per le arti visive dedicato ad artiste nel Regno Unito. In quanto vincitrice del Premio, Talbot trascorrerà una residenza di sei mesi in Italia nel 2020, organizzata a misura del suo progetto, durante la quale avrà l’opportunità di realizzare un nuovo corpus di opere che saranno esposte nel 2021 alla Whitechapel Gallery e alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia.

Iwona Blazwick, OBE, direttrice della Whitechapel Gallery, ha annunciato che Emma Talbot è la vincitrice dell’ottava edizione del Max Mara Art Prize for Women durante la cerimonia che si è tenuta presso la Whitechapel Gallery di Londra. Talbot è stata scelta da una giuria di esperte del mondo dell’arte presieduta da Blazwick e composta dalla gallerista Florence Ingleby, dall’artista Chantal Joffe, dalla collezionista Fatima Maleki e dalla critica d’arte Hettie Judah, tra una rosa di finaliste di cui facevano parte Allison Katz, Katie Schwab, Tai Shani, e Hanna Tuulikki.

Emma Talbot (nata nel 1969 nel Regno Unito) vive e lavora a Londra. La sua attività nell’ambito del disegno, della pittura, dell’installazione e della scultura esplora un paesaggio interiore fatto di pensieri, emozioni e storie personali. Queste esperienze individuali sono poi proiettate nel contesto di narrazioni più ampie, evidenziando tematiche contemporanee diffuse. Le sue opere sono spesso disegnate a mano o dipinte su seta o su altre basi tessili e comprendono parti scritte dall’artista stessa o riprese da altre fonti. Si occupano del personale in quanto entità politica, della politica sociale, del genere, del mondo naturale e del nostro rapporto intimo con la tecnologia e il linguaggio.

La sua proposta vincente per il Max Mara Art Prize for Women propone temi fortemente radicati come il potere, la governance, gli atteggiamenti riguardo alla natura e alle rappresentazioni delle donne visti attraverso una lente squisitamente personale. Il punto di partenza scelto dall’artista è il dipinto Le tre età della donna (1905) di Gustav Klimt, che raffigura una donna anziana nuda in piedi e a capo chino, come a trasmettere un senso di vergogna. Talbot avrà l’opportunità di vedere da vicino il dipinto, che si trova presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, durante la sua residenza in Italia. Nell’opera proposta per il Premio, Talbot intende animare la figura della donna anziana come soggetto dotato di volontà, capace di superare una serie di prove simili alle dodici fatiche di Ercole. Attraverso queste fatiche moderne, Talbot investirà la donna del potenziale necessario a ricostruire la società contemporanea, contrastando una visione negativa dell’invecchiamento, oggi prevalente.

Nel corso della residenza di sei mesi appositamente organizzata per lei dalla Collezione Maramotti, che si svolgerà più avanti quest’anno, Talbot soggiornerà a Roma, a Reggio Emilia e in Sicilia per compiere una ricerca dedicata alla mitologia classica, all’artigianato tessile e alla permacultura.

La residenza prenderà avvio a Roma, dove l’artista sarà ospitata per due mesi dalla prestigiosa accademia di ricerca The British School at Rome. Dedicandosi particolarmente ai miti sorti intorno a Ercole, studierà i disegni dell’arte vascolare etrusca quali potenti veicoli della mitologia classica.

I manufatti tessili occupano un ruolo centrale nell’opera di Talbot che, nel corso della sua permanenza a Reggio Emilia, avrà l’opportunità unica di acquisire nuove abilità in questo tipo di produzione, collaborando con artisti locali al fine di apprendere la tessitura a intarsio, una tecnica di maglieria jacquard utilizzata per creare motivi multicolori della quale si servirà per produrre l’opera finale. Una serie di ulteriori viaggi previsti a Milano, Como, Firenze e Prato le consentirà di approfondire le tradizioni della pittura su seta, principalmente tra le case di moda italiane e con particolare riferimento alle stampe futuristiche anni Sessanta.

A Catania Talbot potrà approfondire diverse epoche storiche attraverso visite ad antichi siti archeologici ed esplorando il terreno vulcanico, per dare forma a una rappresentazione del paesaggio che potrà essere inclusa nell’opera che realizzerà. Studierà anche la tecnica della permacultura, una pratica molto seguita nell’ambito dell’agricoltura siciliana che offre la possibilità di convivere in modo etico e sostenibile con la terra. Nel corso del soggiorno a Catania l’artista raccoglierà materiali che potrà utilizzare direttamente in studio, sviluppando il lavoro in parallelo alla sua ricerca.

Emma Talbot ha affermato: “Questo premio giunge in un momento cruciale che mi appare incredibilmente appropriato, dato che solo di recente ho iniziato a concentrarmi a tempo pieno sulla mia pratica artistica dopo aver lavorato per molti anni come insegnante per sostenere la mia famiglia, essendo una madre single. Il Max Mara Art Prize for Women mi aiuterà a trarre il maggior beneficio possibile da questa importante transizione. Essendo giunta nel momento ideale, questa incredibile e generosa opportunità di concentrarmi totalmente sul mio lavoro e di intraprendere una lunga ricerca con esperienze di prima mano costituirà una vera e propria svolta nella mia vita”.

Iwona Blazwick ha affermato: “Emma Talbot crea disegni radiosi e sculture policrome in scala epica e combina parole e immagini per esprimere il lirismo e il dolore della soggettività. Siamo tutti emozionati di conoscere l’impatto che l’esperienza italiana avrà sull’estetica visionaria della vincitrice di questa edizione del Max Mara Art Prize!”.

Luigi Maramotti ha dichiarato: “Sono davvero orgoglioso della lunga collaborazione con Whitechapel Gallery e dell’amicizia che mi lega alla sua direttrice, Iwona Blazwick. Emma Talbot ha ideato un progetto molto originale che speriamo trarrà vantaggio dalle incredibili potenzialità che l’Italia offre, dall’immersione approfondita nella storia dell’arte, dalle tecniche tessili e dalla diversità dei territori: tutti elementi cruciali per la sua futura impresa. Non vediamo l’ora di accoglierla in Italia e alla Collezione Maramotti”.

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UNIFORM INTO THE WORK/OUT OF THE WORK alla Fondazione MAST

Il nuovo progetto dedicato alle uniformi da lavoro che, attraverso oltre 600 scatti mostra le molteplici tipologie di abbigliamento indossate dai lavoratori in contesti storici, sociali e professionali differenti.

La Fondazione MAST presenta UNIFORM INTO THE WORK/OUT OF THE WORK, il nuovo progetto espositivo curato da Urs Stahel dedicato alle uniformi da lavoro che, attraverso oltre 600 scatti di grandi fotografi internazionali, mostra le molteplici tipologie di abbigliamento indossate dai lavoratori in contesti storici, sociali e professionali differenti.

UNIFORM INTO THE WORK/OUT OF THE WORK comprende: una mostra collettiva sulle divise da lavoro nelle immagini di 44 fotografi e un’esposizione monografica di Walead Beshty, che raccoglie centinaia di ritratti di addetti ai lavori del mondo dell’arte incontrati dall’artista per i quali l’abbigliamento professionale è segno distintivo, una sorta di tacito codice dell’anti-uniforme.

 La mostra collettiva "La divisa da lavoro nelle immagini di 44 fotografi", allestita nella PhotoGallery, raccoglie gli scatti di 44 artisti: celebri protagonisti della storia della fotografia tra cui, Manuel Alvarez Bravo, Walker Evans, Arno Fischer, Irving Penn, Herb Ritts, August Sander e fotografi contemporanei come Paola Agosti, Sonja Braas, Song Chao, Clegg & Guttmann, Hans Danuser, Barbara Davatz, Roland Fischer, Andrè Gelpke, Helga Paris, Tobias Kaspar, Herline Koelbl, Paolo Pellegrin, Timm Rautert, Oliver Sieber, Sebastião Salgado, immagini tratte da album di collezionisti sconosciuti e otto contributi video di Marianne Müeller.

La mostra monografica del fotografo americano WALEAD BESHTY RITRATTI INDUSTRIALI, allestita nella Gallery/Foyer, raccoglie 364 ritratti, suddivisi in sette gruppi di 52 fotografie ciascuno: artisti, collezionisti, curatori, galleristi, tecnici, altri professionisti, direttori e operatori di istituzioni museali.

Sono fotografie di persone con cui l’artista è entrato in contatto nel suo ambiente di lavoro, mentre realizzava la sua arte o preparava le mostre. Nel corso degli ultimi dodici anni Walead Beshty ha fotografato circa 1400 persone con una macchina di piccolo formato e pellicola analogica di 36 mm, per lo più in bianco e nero. L’obiettivo di Behsty è quello di rappresentare le persone nel loro ambiente di lavoro, la loro funzione e il ruolo professionale che svolgono nel mondo dell’arte.  

Info 

ORARI DI APERTURA
MARTEDÌ–DOMENICA, 10-19

INGRESSO GRATUITO

VISITE GUIDATE
DAL MARTEDÌ AL VENERDÌ, ORE 11.00 E 17.30
SABATO E DOMENICA, ORE 11.00/15.00/17.00

Partecipazione gratuita, per registrarsi scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

www.mast.org