never die

 

Art will never die. Una performance alla Galleria Nazionale

Andrà in scena la performance Art will never die di Elsa Agalbato e Fabio Sargentini.

In occasione dei 60 anni della Galleria l’Attico, nell’ambito della mostra Scorribanda allestita alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, curata da Fabio Sargentini, lunedì 26 febbraio alle ore 19.00 andrà in scena la performance Art will never die  di Elsa Agalbato e Fabio Sargentini. Per salutare la mostra, che rimarrà aperta fino al 4 marzo, è in programma ben più di un finissage.

Lo spazio della Sala delle Colonne, che abitualmente accoglie i visitatori all’entrata, si dilata fino a comprendere il Salone Centrale dove sono esposte le opere di Scorribanda. Un unico palcoscenico per una performance corale che dialoga con il museo, la sua architettura, il suo pubblico. Art will never die ha la durata di 15 minuti e prevede l’intervento di sette attori e un centinaio di performer.

Ingresso libero fino a esaurimento posti. Si raccomanda la puntualità. A performance iniziata non sarà consentito l’ingresso.

 

Info

Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea

viale delle Belle Arti, 131 – 00197 Roma

orari di apertura: dal martedì alla domenica 8.30 – 19.30

ultimo ingresso 18.45

T +39 06 3229 8221

 

cuschera

 

CUSCHERA Sculture 1990-2016

Presentazione del volume presso la GAM a cura e con saggio introduttivodi Giuseppe Appella 

 

Mercoledì 21 febbraio, alle ore 18.00, nella Sala delle Colonne della Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea (Roma, Viale delle Belle Arti 131), lo scultore Nicola Carrino, il critico e storico dell'arte, Presidente della Fondazione "Alberto Burri" Bruno Corà, lo storico dell'arte e curatore di "ALIAS" (supplemento domenicale de "Il Manifesto") Federico De Melis, presentano la monografia dedicata a SALVATORE CUSCHERA da SilvanaEditoriale per le cure di Giuseppe Appella.

Il volume ripercorre 26 anni del lavoro di Cuschera (Scarlino di Grosseto, 1958), dal momento del suo arrivo a Milano per frequentare il Liceo Artistico e l'Accademia di Belle Arti di Brera, allievo di Elisabetta Fermani, Tommaso Trini e Grazia Varisco, alla residenza londinese, iniziata nel 2012, all'Emerson College, avendo a fianco Rudolf Kaesbach e Fritz Manburg. Qui riattiva una vecchia fucina da fabbro e realizza lavori in ferro che alterna al legno e al gesso. Spesso sono materiali di recupero, antichi pezzi di cancellate, chiodi e ferri abbandonati da secoli, che espone in una serie di mostre in vari spazi londinesi, riscuotendo l’interesse di Ian Rosenfeld.

Scultori come Pietro Consagra, Gio e Arnaldo Pomodoro, Salvatore Scarpitta, e la migliore critica d'arte, da Tommaso Trini a Lea Vergine, Francesco Tedeschi, Guido Ballo, James Harithas, Fabrizio D'Amico, Flaminio Gualdoni, Luciano Caramel, Marco Meneguzzo, Maurizio Calvesi, Giovanni Carandente, Arturo Carlo Quintavalle, Gillo Dorfles, Claudio Cerritelli, Luigi Sansone, hanno seguito e incoraggiato l'opera di Cuschera che, con una semplificazione radicale di linee sempre più ardite e inusuali, ha capito che l'arte può avere un proprio linguaggio di forme che corrispondono a una realtà "altra", ma non meno rivelatrice dell'essenza della natura, e che la schematizzazione di queste forme può essere totale. Anche attraverso l'irruzione delle tecnologie elettro-magnetiche e di una qualità architettonica cresciuta insieme a Chillida e a Serra, a Caro e a Smith, alla scultura dell'Africa Nera, assimilando la grande potenza espressiva dei creatori di sculture in legno, al punto di arrivare a recitare con le forme come noi recitiamo con le parole. Nella consapevolezza di questa visione rigeneratrice nascono Bamiyan (2002), gli otto elementi che compongono Sciamani d'Occidente e Sciamani d'oriente (2003), Auriga (2005), Fiore del mali e Fantasma (2006), oggi in collezioni pubbliche e private.

 

Molte, nel corso degli anni, le mostre personali, in Italia e all'estero, e le partecipazioni di rilievo di Cuschera, a partire dall'Atelier del Mediterraneo (Gibellina, 1991) con Markus Lupertz, a cura di Achille Bonito Oliva. Tra le ultime: "BNL: una Banca per l'arte oltre il mecenatismo" (Roma, 2000), il "Premio Internazionale di Scultura della Regione Piemonte" (Torino, 2002) vinto con l'opera Omaggio a Elisabetta Fermani, "Nella Materia. Dal Futurismo a Kiefer alfabeti nell'arte del Novecento. Da Burri a Kounellis, metalli e ossidazioni" (Milano, 2003), "XIV Esposizione Quadriennale d'Arte di Roma 2003-2005" (Torino, 2004), "Posizioni attuali dell'arte italiana" (Göppingen, 2005), "La scultura italiana del XX secolo" (Milano, 2005), "Mythos. Miti e archetipi nel mare della conoscenza" (Atene, 2006), "Sculture nella città. Progetti per Milano" (Milano, 2009), "La scultura italiana del XXI secolo" (Milano, 2010), "LIV Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia" - Giardini dell'Arsenale (Venezia, 2011), "Donazioni. I Percorsi della creatività dal Novecento al nuovo Millennio" (Chiasso, 2016). "Exsperience Day initiative on 3 June" (Forest Row, Sussex, 2017).

Intervengono

Nicola Carrino, scultore

Bruno Corà, critico e storico dell'arte, Presidente Fondazione "Alberto Burri"

Federico De Melis, storico dell'arte e curatore di "Alias", supplemento de "Il Manifesto"

sarà presente Giuseppe Appella, storico dell'arte.

 

a cura e con saggio introduttivo di Giuseppe Appella

 

Morocco desert kids

 

INVISIBLE LIGHT - mostra fotografica di SHEILA McKINNON

L'esposizione è ospitata presso la Sala del Cenacolo del Complesso di Vicolo Valdina - Camera dei deputati

La fotografia cattura le realtà della nostra società più di ogni altra forma di comunicazione visiva. L'esposizione sarà vibile dal 14 fino al 24 febbraio preso Sala del Cenacolo del Complesso di Vicolo Valdina - Camera dei deputati. Il lavoro di Sheila McKinnon pone l’attenzione su due dei più pressanti problemi del nostro tempo: diritti delle donne/educazione delle ragazze e cambiamenti climatici. Da una parte è una dei pochi fotografi che offre un’originale prospettiva di entrambi i problemi – in particolare il primo. Il suo lavoro sensibilizza gli spettatori sulla dignità ivi contenuta, la naturale joie de vivre, quando documenta le attività eseguite dalle donne e dalle ragazze in paesi in via di sviluppo con condizioni sociali che le lega ai sistemi nei quali sono inoculate - la continuità dei costumi e la tradizione di leggi ed atteggiamenti in corso da generazioni. 

Nelle sue immagini riguardanti il clima, McKinnon espone la bellezza del nostro pianeta - riassumendo l’impetuosità atmosferica che aleggia sopra e sotto - legata alla terra, in una tavolozza pittorica di spettacolari colori e disegnando la naturale fenomenologia che sgorga dalla pancia della terra.

La sua fotografia e il processo creativo con cui viene presentato invitano a una discussione, che dovrebbe espandersi attorno a tutto il globo su vari livelli, sugli effetti del cambiamento climatico sulle popolazioni migranti, sul nostro approvvigionamento di cibo e acqua e sui tanti svariati modi in cui la nostra reale esistenza è minacciata dall’invasione del cambiamento climatico. Novantasette paesi sono d’accordo su questo e si sono impegnati a partecipare attivamente per invertire il problema.

La mostra è patrocinata dall’Ambasciata del Canada e da Kyoto Club.

Negli ultimi vent’anni le fotografie di Sheila McKinnon hanno ritratto donne, ragazze e bambine. Nella sua più recente mostra “BORN INVISIBLE,” le sue fotografie ritraggono donne e ragazze giovani nel loro quotidiano ambiente familiare in tre continenti: Africa, India e Asia. Il progetto sottolinea l’eredità del silenzio – l’inaudibile presenza di ragazze e donne senza voce: esseri fantasmi sulle cui vite spesso vengono prese decisioni senza il loro consenso.

L’arte visiva, nonostante il rumore sottinteso, è una forma d’arte silenziosa. Nella raffigurazione delle donne e delle ragazze della McKinnon, il silenzio della sua fotografia accompagna il silenzio ereditario dei suoi soggetti, entrambi esponendo la spettanza di “diritti”. Cattura le conseguenze nella loro vita nel contesto del loro presente.

La storia è cambiata poco da quando McKinnon documenta la situazione di queste donne e ragazze. Tuttora è spiegabile solo dal complicato modello di trinceramento e dai costumi generazionali, che ancora dominano le loro società e, più recentemente, dai pericoli dovuti al cambiamento climatico.

Per quanto conosciamo, tanti dei soggetti potrebbero essere diventati rifugiati climatici, che hanno perso i propri mezzi di sussistenza per l’invasione del cambiamento climatico nell’ambiente, non diversamente dagli immigrati che cercano rifugio in Europa, in particolare in Italia.

Quel che non si vede nelle sue fotografie è che il Cambiamento Climatico è incubato da molto tempo: scientificamente dichiarato il maggiore problema del nostro tempo e il fatto, che potrebbe determinare non solo se possa essere raggiunta la pace ancora durante la nostra vita, ma anche la possibile disintegrazione di popolazioni e delle condizione del nostro pianeta come lo conosciamo oggi.  

Questa mostra cerca di incoraggiare tutti a scegliere di contribuire a una piattaforma di attivismo politico o personale per supportare aziende, ricerca e lavoro individuale per invertire gli effetti del cambiamento climatico, un’enorme sfida, che deve essere la nostra priorità maggiore.

Una nuova selezione di lavori descrive i pericoli del cambiamento climatico mascherati dietro un’abile esecuzione di un’immaginaria, romantica tavolozza di colori da sogno e un’esplosione di paesaggi astratti; in qualche caso stratificazioni di miscele atmosferiche nascondono la triste e lenta trasformazione del clima sulla terra.

Il cambiamento climatico determina la nostra sicurezza nazionale ed economica, destabilizza le popolazioni, crea condizioni ancora peggiori che inevitabilmente portano ad un ancora maggiore incremento di povertà, malattie e violenza. Continuando a mantenere pratiche culturali tradizionali, gli effetti del cambiamento climatico restringeranno ulteriormente la priorità dei diritti di educazione per le donne e le ragazze.

McKinnon affronta entrambe le questioni simultaneamente, consapevole, che vanno in parallelo e che sono inseparabili.

 

Toulouse Lautrec La Goulue arrivant au Moulin Rouge

 Toulouse-Lautrec, La Goulue arrivant au Moulin Rouge

 

IL GENIO IN OPERA. L’arte sullo schermo

Terzo appuntamento del ciclo di proiezioni dedicate ai maestri della storia dell’arte. Due documentari su Claude Monet e su Henri Toulouse-Lautrec

Il ciclo di documentari “Il genio in opera” presenta alcuni dei principali protagonisti dell’arte occidentale ed è realizzato, in un’ottica di sinergia per la promozione territoriale dell’arte e della cultura, dalla Fondazione Ragghianti in collaborazione con l’Opera del Duomo - Centro di Arte e Cultura e con Lucca Film Festival - Europa Cinema, con il sostegno di Artemachina.

Nel solco tracciato da Carlo Ludovico Ragghianti, teorico e pioniere dell’utilizzo del mezzo audiovisivo come strumento per illustrare l’opera d’arte e il processo creativo che la genera, “Il genio in opera” raccoglie una serie di documentari di alta qualità, alla cui realizzazione hanno contribuito storici dell’arte internazionali e prestigiose istituzioni museali e di ricerca. 

Nel terzo appuntamento della rassegna, in programma sabato 3 febbraio alle ore 17:30 nel Salone dell’Arcivescovato (in piazzale Arrigoni 2 a Lucca), protagonisti saranno due grandi artisti francesi della seconda metà del XIX secolo, ossia Claude Monet, uno dei padri dell’Impressionismo, inesausto sperimentatore fino al celebre ciclo delle “Ninfee”, e Henri Toulouse-Lautrec, che con la sua arte ha aperto la strada al superamento dell’esperienza impressionista e all’affermazione di una nuova tecnica grafica e pittorica, cantore della Parigi di fine Ottocento. La Goulue è una celebre vedette di Montmartre che godette di un effimero periodo di gloria, e che fu rappresentata da Toulouse-Lautrec in opere indimenticabili.

Entrambi i documentari, della durata di circa 30 minuti, saranno introdotti da una breve presentazione a cura di Alessandro Romanini.

 Van Gogh e Gauguin saranno i protagonisti della quarta proiezione, che si terrà, sempre nel Salone dell’Arcivescovato, sabato 10 febbraio alle ore 17:30. Il ciclo si concluderà il 17 febbraio nella Sala conferenze “Vincenzo da Massa Carrara” della Fondazione Ragghianti, con due documentari dedicati a Matisse e Picasso.

I documentari sono stati promossi dal Centro Nazionale della Cinematografia Francese, con la collaborazione di istituzioni museali internazionali quali il Musée d’Orsay, il Victoria and Albert Museum di Londra, la National Gallery di Washington e l’Ermitage di San Pietroburgo.

Determinante è il contributo dei registi e montatori e dei tecnici, cui si devono le spettacolari animazioni digitali, grafiche e pittoriche che consentono l’analisi diretta delle opere dal punto di vista tecnico e materico e la loro “animazione”.

Tutti gli incontri sono a ingresso libero.

PROGRAMMA DELLE PROIEZIONI

Salone dell’Arcivescovato, sabato 3 febbraio 2018, ore 17:30

La realtà fra impressione e immaginazione

Claude Monet. Le ninfee (30 minuti)

Henri Toulouse-Lautrec. La baracca della Goulue (30 minuti)

Salone dell’Arcivescovato, sabato 10 febbraio 2018, ore 17:30

In fuga alla ricerca di nuove forme creative

Vincent Van Gogh. Una camera ad Arles (30 minuti)

Paul Gauguin. Arearea (30 minuti)

 

FONDAZIONE RAGGHIANTI, sabato 17 febbraio 2018, ore 17:30

I Moderni. Fra tradizione e innovazione

Pablo Picasso. Crocifissione (30 minuti)

Henri Matisse. La tristezza del re (30 minuti)

 

Per informazioni:

Fondazione Ragghianti - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - tel. 0583 467205

Museo della Cattedrale - Centro di Arte e Cultura - tel. 0583 490530

 

2. Adelita Husni Bey Action for a Sandbag Brigade preview

 

ADELITA HUSNI-BEY Frangente/Breaker

Terzo appuntamento di FURLA SERIES #01 - Time after Time, Space after Space, a cura di Bruna Roccasalva e Vincenzo de Bellis

Museo del Novecento e Fondazione Furla il 17 e il 18 gennaio presentano Adelita Husni-Bey, artista italo-libica che per il terzo appuntamento di Furla Series #01 - Time after Time, Space after Space presenta Frangente/Breaker, una performance in tre atti che si snoda lungo un percorso all’interno e all’esterno degli spazi museali.

I rapporti di potere, le dinamiche relazionali e la pedagogia sono tematiche centrali nella ricerca di Adelita Husni-Bey che si declina in vari media e spesso si avvale di collaborazioni multidisciplinari. Basandosi su un’idea partecipativa di performance, l’artista organizza articolate situazioni laboratoriali, indagando il rapporto tra dimensione individuale e collettiva.

Frangente/Breaker è una performance in tre atti che mette insieme un intervento site-specific, la rielaborazione in chiave performativa di un lavoro sonoro del 2013 e un’azione pubblica del 2011 per creare un unico momento di riflessione sull’autorità, sull’idea di barriera e di confine, sul concetto di nazionalismo e la percezione dell’altro.

Il primo atto, Cementarmato (2018), è una performance di natura partecipativa che coinvolge il pubblico attivando una sua interazione con la collezione del museo. Invitando gli spettatori all’osservazione e alla lettura di una selezione di opere esposte, l’artista declina il suo interesse per la pedagogia anarco-collettivista e per il teatro, coinvolgendoli in un esercizio di immaginazione ispirato al Teatro dell’Oppresso.

Il secondo atto intitolato Sull’Esilio (2018) riflette in modo complesso sulle idee di patria, radicamento e lavoro. Basato su un’opera sonora realizzata da Husni-Bey nel 2013, la performance coinvolge alcuni residenti del centro di accoglienza per migranti presso l’ex-caserma Montello di Milano: tre coppie composte da un insegnante di italiano e da una persona recentemente migrata in Italia, leggono una serie di testi scritti da esiliati. Durante la lettura affiora il rapporto tra l’insegnante, che rappresenta il paese “d’accoglienza”, e la persona “esiliata” che chiede supporto nella lettura. Gli autori dei testi includono figure storiche quali lo scrittore palestinese Samih al-Qasim, l’agitatrice anarchica Emma Goldman e il poeta elegiaco Ovidio, attraversando così epoche e territori diversi.

Il terzo e ultimo atto, intitolato Azione per una Catena Umana (2011), prende spunto dalla costruzione dei muri anti-inondazione e vede protagonisti due gruppi di performer che lottano per la realizzazione della propria barriera di protezione, senza mai riuscire nel loro intento. 

Ispirata in parte al saggio Reflections on Exile (2002) in cui Edward W. Said afferma che “tra il nazionalismo e l’altro c’è la proscrizione - il ‘fuori’, dove chi non è benvenuto viene dimenticato. Questo è il pericoloso territorio della non-appartenenza”, Frangente/Breaker – termine dal molteplice significato che indica sia un’onda che la sua estensione, sia una barriera che una situazione difficile o una circostanza rischiosa – è un percorso all’interno delle dinamiche sociali e politiche che regolano la nostra relazione con l’“altro”, un invito a riflettere sulle nozioni di nazione, comunità e dislocamento all’interno del complesso scenario della contemporaneità.

Adelita Husni-Bey. Frangente/Breaker è il terzo appuntamento di Furla Series #01 - Time after Time, Space after Space, un programma dedicato alla performance che, attraverso cinque focus su altrettanti artisti di generazioni e provenienze differenti, presenta una pluralità di approcci a questa forma espressiva.

La programmazione, iniziata nell’autunno 2017 con i due eventi dedicati a Simone Forti e ad Alexandra Bachzetsis, prevede altri due appuntamenti con Paulina Olowska (6 marzo 2018) e Christian Marclay (13-14 aprile 2018).

Si ringraziano Zona 8 Solidale e il gruppo di teatro migranti Macao per la partecipazione alla performance. Zona 8 Solidale è una rete composta da associazioni, partiti, sindacati e singole persone con l’obiettivo di costruire un modello di accoglienza aperto e favorire lo scambio di esperienze dentro e fuori la caserma Montello di Milano, centro di accoglienza temporaneo per circa 270 richiedenti asilo, recentemente smantellato. Zona 8 Solidale si è opposta allo sradicamento dei residenti della Montello dal loro contesto lavorativo, sociale e culturale adottivo.

 

Adelita Husni-Bey. Frangente/Breaker

17 e 18 gennaio 2018 - ore 19.00

Museo del Novecento, Milano

Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria, fino a esaurimento posti
Le prenotazioni verranno aperte mercoledì 10 gennaio
Registrazioni a questo link
https://www.eventbrite.it/d/italy--milan/furla-series-#01/?crt=regular&sort=best

Per informazioni:

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www.museodelnovecento.org

www.fondazionefurla.org

 


 

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Aleksandra Ekster: Composizione. 1914. Olio su tela. 91,3 х 72,5. Mosca, Galleria Tret’jakovskaja

 

LA RIVOLUZIONE RUSSA. Da Djagilev all’Astrattismo (1898-1922)

A Palazzo Attems Petzenstein capolavori dai grandi musei russi per raccontare la Rivoluzione nel mondo delle arti

La mostra sarà visibile dal 21 dicembre al 25 marzo 2018 presso Palazzo Attems Petzenstein, Gorizia. Quest’anno ricorre il centenario della Rivoluzione d’Ottobre, che ha certamente marcato la storia mondiale del XX sec.

Esiste però, per quanto riguarda la cultura e le arti, un’altra, più ampia Rivoluzione Russa, che ha stabilmente mutato i canoni espressivi precedenti, dal teatro (Cečhov, Mejerchol’d, Stanislavskij) alla musica (Musorskij, Skrjabin, Stravinskij…), dal balletto (Djagilev) alla fotografia (Rodčenko), alle arti figurative, dove, tra molti altri, basterà ricordare alcuni nomi: Benois, Bakst, Kandinskij, Malevič, Končalovskij, Larionov, Tatlin, Gončarova, Stepanova, Ekster.

Mostrare questa “esplosione culturale” è l’ambizione del progetto di Silvia Burini e Giuseppe Barbieri, che dirigono il Centro Studi sulle Arti della Russia (CSAR) dell’Università Ca’ Foscari Venezia, affiancati da Faina Balachovskaja, della Galleria Tret’jakov di Mosca che l’ERPAC – l’Ente Regionale Patrimonio Culturale della Regione Friuli Venezia Giulia – ha accolto per la sua sede museale di Gorizia.
«Questa grande mostra presenta un’originale sequenza di opere emblematiche, ma anche assai poco viste in Italia, e vuole essere quindi l’insolita celebrazione di un evento storico che ha mutato per sempre il mondo contemporaneo. Indicandolo come l’esito di una complessiva dinamica che, poco prima e poco dopo il 1917, ha rivoluzionato radicalmente la cultura e la scena internazionale dell’arte». Ad affermarlo è Raffaella Sgubin, Direttore del Servizio Museo e Archivi Storici dell’ERPAC.
I margini cronologici del percorso espositivo vanno dal 1898, l’anno di fondazione del gruppo Mir iskusstva (Il mondo dell’arte) e della rivista fondata e diretta da Djagilev, sino al 1922, la data di costituzione dell’Unione Sovietica. Il percorso espositivo si articola in 6 sezioni, ciascuna corrispondente a un anno specifico e cruciale, e ciascuna recante un sottotitolo tematico, che incrocia eventi storici, movimenti culturali, pratiche artistiche e opere concrete: dipinti, opere su carta, oggetti, documenti.
«Dalle ricerche che hanno sotteso questa esposizione – anticipano i Curatori – sono emersi anzitutto il valore e il ruolo “rivoluzionari” delle pratiche artistiche all’interno della società russa a cavallo tra XIX e XX sec., a partire dalla sotterranea e decisiva matrice letteraria della cultura russa ottocentesca, e qui basterà ricordare almeno i nomi di Blok, Achmatova, Mandel’stam, Pasternak, Majakovskij. Ma fu una rivoluzione complessiva, che si è estesa alla pittura (esiste un’arte prima dell’Astrattismo e una successiva, quella in cui ancora oggi viviamo) e poi alla grafica, alle scenografie, alla musica, per registrare infine le origini dell’esperienza del cinema, che qualche anno dopo si sarebbe concretata nel magistero di Ėjzenštejn e Vertov».
Questo affascinante percorso, fatto di continue intersezioni tra le Arti e la Storia, è offerto in mostra, all’interno del magnifico Palazzo Attems Petzenstein, con il ricorso a una sofisticata multimedialità, a complemento dell’esposizione di una sequenza spettacolare di oltre cento opere concesse da alcune delle principali istituzioni moscovite, in gran parte dalla Galleria Tret’jakov, cui si aggiungono il Museo delle arti decorative e applicate e il Museo di Storia contemporanea della Russia (già Museo della Rivoluzione), nonché il Fondo Alberto Sandretti presso la Fondazione Feltrinelli di Milano.