Mostre

 



art week

 

 Museo Novecento presenta Christian Caliandro CONTRO L'ARTE FIGHETTA

«La realtà completa, nuda e cruda, è indigeribile, inafferrabile, inaffrontabile. Tranne che nel caso dell'arte: l'opera che funziona a dovere è in grado di trasmettere porzioni importanti, non adulterate di mondo e di vita».

Che cos'è l'"arte fighetta"?  Christian Caliandro parte da questo interrogativo per aprire il dibattito all'interno del suo libro Contro l'arte fighetta (Collana Fuoriuscita, Castelvecchi Editore, 2023) che verrà presentato martedì 20 giugno alle ore 18:00 al Museo Novecento, Firenze.

Saranno presenti, insieme all'autore, Sergio Risaliti, Direttore del Museo Novecento; Stefania Rispoli, curatrice del Museo Novecento; Serena Fineschi, artista. Il titolo del volume allude a un'arte che aderisce totalmente ai valori delle élite e delle classi privilegiate, rinunciando di fatto al compito di interpretare criticamente la realtà, con la conseguenza di consegnare opere e autori al territorio della decorazione, strettamente connesso a quello della finanziarizzazione. "Negli ultimi decenni, infatti, il conformismo sociale ha impedito a molte delle opere ammesse nel sistema dell'arte di essere autenticamente radicali" spiega l'autore.     

L'indagine di Caliandro parte così dall'analisi del fighettismo nell'arte degli ultimi decenni, inteso come approccio e come disposizione d'animo, per muoversi poi alla ricerca della nozione di "pop sotterraneo" – emersa nel territorio musicale tra anni Ottanta e Novanta – come possibile modello di un'arte non-fighetta dalle specifiche caratteristiche. Tra critica d'arte e autobiografia, tra sociologia culturale e teoria artistica, il volume si dedica con piglio polemico a scandagliare attentamente riflessi, funzionamenti interni e ruoli dell'arte fighetta.

CHRISTIAN CALIANDRO È storico, critico d'arte contemporanea e curatore. Insegna all'Accademia di Belle Arti di Firenze. Ha diretto le rubriche "inteoria" e "essai" su «Exibart», e cura la rubrica "inpratica" su «Artribune». Tra i suoi ultimi libri: Italia Revolution (Bompiani, 2013), Italia Evolution (Meltemi, 2018), il manuale Storie dell'arte contemporanea (Mondadori Università, 2021) e L'arte rotta (Castelvecchi, 2022). Ha curato numerose mostre personali e collettive e progetti artistici e culturali, in spazi pubblici e privati.

 



art week

 

 "MARIO DONDERO La libertà e l'impegno" a Palazzo Reale a Milano

Per la prima volta esposta a Milano l’ampia retrospettiva del lavoro fotografico di Mario Dondero (1928-2015), uno dei protagonisti della fotografia italiana della seconda metà del Novecento e fotoreporter di spicco nel panorama internazionale.

Dal 21 giugno al 6 settembre 2023 a Palazzo Reale apre la mostra Mario Dondero. La libertà e l’impegno.

Promossa da Comune di Milano – Cultura, e prodotta da Palazzo Reale e Silvana Editoriale in collaborazione con l’archivio Mario Dondero, la mostra è curata da Raffaella Perna e sarà allestita nell’Appartamento dei Principi.

L’esposizione mira a offrire uno sguardo complessivo sull’opera di Dondero, attraverso una selezione di immagini appartenenti a reportage e servizi fotografici realizzati lungo l’intero arco della sua lunga carriera, dagli anni cinquanta agli anni dieci del XXI secolo. Insieme a molte tra le fotografie più iconiche, in mostra vengono presentati diversi scatti inediti, forniti dall’archivio dell’autore, tra cui alcuni ritratti di Pier Paolo Pasolini e Laura Betti.

La mostra a Palazzo Reale vuole restituire il lungo percorso di Dondero attraverso un racconto che segue un duplice criterio espositivo, cronologico e tematico insieme. Il display espositivo delle dieci sale dell’Appartamento dei Principi è concepito come una narrazione che si snoda lungo altrettante tappe, ciascuna pensata come una micro-mostra: dalle fotografie dei primi viaggi in Portogallo negli anni Cinquanta, sino agli scatti realizzati a Kabul negli anni.

Il percorso espositivo

La sala 1, oltre al testo di introduzione alla mostra, accoglie un nucleo di fotografie di taglio sociale realizzate nella penisola iberica, a partire dalla metà degli anni Cinquanta, sino alla fotografia, scattata a Malaga nel 2001, con il ritratto tenuto nel palmo di una mano di un giovane combattente repubblicano, scomparso in una fossa di Franco

Nella sala 2 viene presentata una selezione di 15 fotografie realizzate in Italia, che ritraggono la migrazione interna al Paese, il processo di alfabetizzazione, il lavoro rurale, le manifestazioni politiche e sindacali, l’attività dei pescatori a Chioggia nel 1980.

La sala 3 ospita un corpus di immagini realizzate nel 1968 in Irlanda, dove Dondero documenta diversi aspetti della realtà sociale del Paese, tra cui l’attività della leader cattolica irlandese Bernadette Devlin, durante la sua campagna a sostegno dei diritti degli studenti della Queen’s University.

Le sale 4 e 5 accolgono un focus dedicato a importanti personaggi del mondo dello spettacolo, in Italia e all’estero, con ritratti di Pier Paolo Pasolini ripreso sul set del film Comizi d’amore, Laura Betti, Carla Fracci, Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, Vinicio Capossela, Vittorio Gassman, Eugène Ionesco, Serge Gainsbourg, Jean Seberg.

A seguire, la sala 6 ospita i ritratti di alcuni tra i maggiori scrittori e letterati del XX secolo: dallo scrittore americano di origine armena William Saroyan, ripreso alla macchina da scrivere nel 1959, a Günter Grass ritratto a Milano nel 1962, al poeta sperimentale fondatore dei Novissimi Edoardo Sanguineti, a Dacia Maraini e Pier Paolo Pasolini ritratto insieme alla madre Susanna Colussi nella loro abitazione all’Eur, sino alla celebre fotografia di gruppo del Nouveau Roman.

La sala 7 presenta invece i ritratti di alcuni tra i più significativi pittori, scultori, fotografi, critici d’arte, direttori di museo fotografati da Dondero, tra cui, Francis Bacon, Alexander Calder, Barbara Hepworth, Alberto Giacometti, Palma Bucarelli, Alberto Burri, Fabio Mauri, Elisabetta Catalano, Sergio Lombardo, Mimmo Rotella, Pierre Restany, Fausto Melotti.

La sala 8 raccoglie un nucleo significativo di fotografie scattate in Francia, che documentano la realtà sociale e politica del Paese: i congressi del partito gollista a fine anni Cinquanta, le manifestazioni in favore di Mitterrand dopo l’attentato subito ad opera dell’OAS nel 1959, gli eventi del ’68, la borsa di Parigi, il viaggio di Deng Xiaoping in Francia nel 1975, le recenti manifestazioni in difesa dei diritti sociali avvenute a Parigi nel 2011.

La sala 9 si concentra sui reportage scattati in Africa, dove il fotografo torna a più riprese lungo l’arco della sua carriera: in Algeria durante il conflitto con il Marocco, in Nigeria, in Costa d’Avorio, in Senegal.

La sala 10 raccoglie le fotografie scattate in varie parti del mondo a partire dal 1978: in Brasile dove riprende la vita dei bambini di strada, a Berlino nel 1989 nei giorni che precedono la caduta del muro, a Cuba in pieno período especial, in Russia e a Kabul, nelle carceri e negli ospedali dove operano i medici di Emergency.

Mario Dondero nasce a Milano nel 1928. Appena sedicenne si unisce alla lotta partigiana nella Repubblica dell’Ossola, animato da sentimenti di libertà e giustizia sociale che saranno alla base delle sue future scelte sul piano umano e professionale. All’indomani della Seconda guerra mondiale è di nuovo a Milano, dove intraprende la carriera di fotogiornalista, collaborando a partire dal 1951 con testate quali l’“Avanti”, “l’Unità”, “Milano Sera”, “Le Ore”. Protagonista del milieu di intellettuali legati al Bar Giamaica, Dondero appartiene a una generazione di fotografi come Ugo Mulas, Carlo Bavagnoli, Giulia Niccolai, Alfa Castaldi, che hanno contribuito a trasformare la cultura fotografica italiana degli anni cinquanta, mossi dall’urgenza di rinnovare il linguaggio fotografico in un’ottica di forte impegno civile e con il proposito di gettare luce su storie rimaste ai margini del dibattito pubblico. Dello spirito del tempo troviamo una viva testimonianza nel romanzo La vita agra di LucianoBianciardi, amico fraterno di Dondero, alla cui figura lo scrittore s’ispira per tratteggiare il personaggio del fotografo Mario.

Dal 1954 al 1960 Dondero si trasferisce a Parigi, sua città d’elezione, dove documenta la realtà politica, i cambiamenti sociali e molti dei più significativi intellettuali del tempo, pubblicando con regolarità su testate quali “Le Monde”, “France Observateur”, “L’Express”, “L’Humanité Dimanche”. Sua è la fotografia di gruppo, divenuta un’icona, che ritrae nel 1959 gli esponenti del Nouveau Roman, tra cui Alain Robbe-Grillet e Samuel Beckett, davanti alla sede delle Éditions de Minuit di Parigi. Dal 1961 Dondero torna per alcuni anni in Italia, stabilendosi a Roma, dove fotografa la scena artistica e culturale del tempo: pittori, scultori, registi, scrittori, attori e musicisti, di cui restituisce ritratti intensissimi che offrono uno spaccato sulle migliori intelligenze attive allora nel nostro Paese. Pur facendo base in Italia e in Francia, Dondero negli anni compie numerosi viaggi in giro per il mondo ed entra in contatto con culture e realtà diverse: Portogallo, Spagna, Inghilterra, Irlanda, Algeria. Rientrato a Parigi nel 1968, dove riprende i fatti del maggio francese, il fotografo segue la vita politica e sociale parigina per altri tre decenni, fino al trasferimento nelle Marche, a Fermo, negli anni novanta. Dagli anni settanta sino alla morte, avvenuta nel 2015, Dondero continua sempre a viaggiare: Mali, Senegal, Guinea- Bissau, Cambogia, Germania, Brasile, Cuba, sino ai reportage in Russia e a Kabul. Prosegue fino all’ultimo una intensa collaborazione con quotidiani e periodici, quali “il venerdì di Repubblica”, “il manifesto”, “Diario”. Dalla metà degli anni ottanta a oggi le sue fotografie sono state esposte in numerose mostre personali in Italia e all’estero.

Sponsor tecnico sarà Leica, Main sponsor Autoguidovie, oltre agli sponsor Veuve Clicquot Ponsardin, Gatti Pavesi Bianchi Ludovici e Castello6.

La mostra è corredata da un catalogo pubblicato da Silvana Editoriale, curato dalla stessa Raffaella Perna.

 



art week

 

 

Lucia Marcucci. L’OFFESA all' Ar/Ge Kunst di Bolzano

La mostra ad Ar/Ge Kunst si completa con la mostra Lucia Marcucci. Poesie e no presso Museion, Bozen/Bolzano, curata da Frida Carazzato. 

La mostra L’Offesa ad Ar/Ge Kunst presenta alcuni lavori dell’artista Lucia Marcucci (Firenze, 1933), realizzati a partire dagli anni Sessanta, sul versante verbo-visuale della poesia auditiva, della cinepoesia e delle tecniche di montaggio non-lineari, anche attraverso il contributo e l’interpretazione di alcune voci contemporanee, tra cui Wissal Houbabi, Elena Biserna e Annamaria Ajmone con Laura Agnusdei.

Lucia Marcucci si è distinta per il rovesciamento della parola poetica, portando avanti, attraverso l’apporto di ironia nel linguaggio, un riscatto critico sugli stereotipi, sul genere e gli assunti che regolavano la rappresentazione del corpo femminile, sulle forme e abitudini imposte dalla società capitalistica.

Per il novantesimo compleanno dell’artista, la mostra L’Offesa ad Ar/Ge Kunst ripercorre alcuni lavori di Marcucci realizzati tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta in prestito dall’archivio di Lucia Marcucci e da Frittelli Arte Contemporanea. La mostra affronta come la parola, la pubblicità, i media e la carta sono state messe in discussione negli anni Sessanta e Settanta attraverso una pratica militante che intensifica la presenza verbale e corporale.

La mostra ad Ar/Ge Kunst si completa con la mostra Lucia Marcucci. Poesie e no presso Museion, Bozen/Bolzano, curata da Frida Carazzato.

PROGRAMMA 09.06 e 10.06.2023

Ore 21:00, passeggiata collettiva Elena Biserna, Feminist Steps: Walkshop notturno per donne, persone queer e non binarie (3 ore)

A partire da alcune partiture verbali e protocolli di Pauline Oliveros, del collettivo Blank Noise e di Elena Biserna, questo incontro/passeggiata è un’occasione per riflettere assieme sulle esperienze (uditive) nello spazio pubblico da una prospettiva di genere e disimparare alcuni dei comportamenti considerati appropriati, sicuri o attesi quando camminiamo. Alcuni passi per riflettere sulle asimmetrie dei corpi nelle relazioni spaziali, condividere esperienze, immaginare assieme delle pratiche di attenzione, risonanza, solidarietà, riappropriazione e rovesciamento per provare a nutrire altre configurazioni e modalità di occupazione dello spazio.

Massimo 15 persone, su prenotazione: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 



art week

 

 Andare con le radici e Il parlamento delle cose al PAV

Una programmazione che mette in relazione la produzione dello storico collettivo milanese con una generazione di giovani artisti formatisi presso il Biennio Specialistico in Arti Visive e Studi Curatoriali e il Master Accademico in Art and Ecology del campus di Milano di NABA, Nuova Accademia di Belle Arti.

Andare con le radici 

Wurmkos

A sei anni dalla personale La Passione del Grano realizzata nel 2017, il gruppo Wurmkos torna al PAV con il progetto inedito Andare con le radici, a cura di Marco Scotini. La mostra, in continuità con le urgenze delineate nella precedente bipersonale Macchine del Dissenso di Marcelo Expósito e Oliver Ressler, individua nel mondo vegetale un ambito dal quale è possibile attingere per apprendere nuovi modelli di vita volti a immaginare forme virtuose di convivenza sociale, nel tentativo di scardinare le gerarchie costitutive delle politiche neoliberiste.

Il laboratorio di arti visive Wurmkos, fondato nel 1987 a Sesto San Giovanni, è un’esperienza ‘basagliana’ che mette in relazione arte e disagio psichico senza porsi obiettivi di salvezza. Al progetto presentato al PAV, così come in tutte le altre attività del gruppo, prendono parte e cooperano artisti, con disagio e non, critici e persone che partecipano alle molteplici azioni di nascita, crescita e sviluppo dei progetti. Andare con le radici prende forma a partire dalla primavera del 2020 ed è il frutto di un percorso di autoriflessione e trasformazione che ha come soggetto in primo luogo le metodologie adottate dal gruppo stesso. In questo processo diviene un riferimento fondamentale la pratica del mutuo appoggio teorizzata dal pensatore militante Pëtr A. Kropotkin: spinta primaria che sta al centro di ogni forma di vita biologica e sociale, il mutuo appoggio si configura come una sorta di principio guida dell’evoluzione della vita sulla terra.

Svariati esempi di alleanze fra piante, funghi e diverse forme di vita rendono evidente come in natura la sopravvivenza in condizioni talvolta inadatte alla vita sia possibile grazie al sostegno reciproco. Conoscere e studiare esseri viventi che abitano il pianeta Terra da molto più tempo dell’essere umano significa imparare nuove strategie da chi ha sviluppato migliori strumenti di adattamento e, come scrive Stefano Mancuso, attraverso lo studio della biodiversità possiamo coltivare sguardi utili a comprendere la nostra pluralità. Guardando alle radici, si può apprendere come gestire collettivamente i rischi e le difficoltà della ‘vita sotterranea’ attraverso movimenti coordinati volti alla creazione di uno spazio comune, immaginando un agire che prende forma attraverso relazioni di alleanza. Così, nel sottosuolo urbano, lontano da un centro distratto, artisti dai percorsi eterogenei, proprio come specie di piante differenti, intrecciano storie e segni che non dobbiamo necessariamente interpretare ma accogliere.

La mostra si articola a partire da un dispositivo calpestabile dove lo spazio è immaginato per essere vissuto come un suolo, una piazza, un universo, un flusso che ospita una comunità vegetale non più conforme a una visione antropocentrica. Il lavoro collettivo sonda lo spazio non solo come campo visivo ma anche come ambiente sul quale fare esperienza e abolire le gerarchie, passando da una condizione verticale a una orizzontale. Il progetto è il frutto di una serie di elementi che si mescolano senza fondersi e dell’intenzione collettiva di ‘fare mondi’ senza perdere la propria unicità.

Attraverso un processo di trasformazione e di valorizzazione della diversità, Andare con le radici connette il nostro corpo con il corpo del territorio, interpretando il laboratorio come ambiente plurale. Una selva che da bosco diviene foresta: un ecosistema basato sull’interdipendenza di organismi, una gigantesca trama vitale la cui esistenza si compie grazie alla varietà degli elementi che la compongono.

Nell’ambito della programmazione di Workshop con gli artisti a cura di AEF Attività Educative e Formative del PAV, venerdì 9 giugno 2023 il gruppo Wurmkos condurrà un seminario aperto a studenti delle Accademie di Belle Arti, mentre venerdì 15 settembre 2023 attiverà un workshop pubblico dal titolo Andare con le radici.

Il gruppo Wurmkos è composto da: Susanna Abate, Cecilia Amaya, Michela Blandini, Simona Camisani, Marco Campanella, Pasquale Campanella, Walter Carnì, Caterina Caserta, Roberta Colombo, Moira Cretti, Giulia Croce, Alice Cutuli, Angela Di Bartolomeo, Salvatore Fede, Antonio Ferro, Tina Mastrolembo, Jelena Milosevic, Francesco Munari, Elisabetta Notarangelo, Laura Plebani, Patrizio Raso, Michael Rotondi, Greta Sassone, Monica Sgrò, Marta Tonetti, Vincenzo Trunfio, Daniele Warm, Chiara Zappella.

In collaborazione con: Francesco Bertelé, Francesca Marconi

Si ringraziano: Filippo Ballarin, Cecilia Galli, Giuseppe Iavicoli, Antonio Maniscalco

Il parlamento delle cose

Chiara Antonelli, Davide Barberi, Alessandro Cavallini, Traian Cherecheș, Chiara Scodeller

Dal 9 giugno 2023 la project room e gli spazi esterni del PAV ospitano la mostra collettiva Il parlamento delle cose a cura di Marco Scotini (NABA Visual Arts Department Head) con Chiara Antonelli, Davide Barberi, Alessandro Cavallini, Traian Cherecheș e Chiara Scodeller, giovani artiste e artisti formatisi presso il Biennio Specialistico in Arti Visive e Studi Curatoriali e il Master Accademico in Art and Ecology del campus di Milano di NABA, Nuova Accademia di Belle Arti.

Dalla mostra Il parlamento delle cose emerge come le teorie e le pratiche che animano l’ecologia politica e l’ecofemminismo a partire dalla seconda metà del secolo scorso abbiano smosso e dissestato il suolo compatto e monolitico del modello neoliberale e eteropatriarcale. Tale “smottamento” ha assicurato alle generazioni successive nuovi solchi da percorrere e nuovi substrati da abitare, nel tentativo di portare in superficie forme estetiche imperniate su visioni ormai nodali quali il superamento delle categorizzazioni oppositive tra natura e cultura e di genere e la ri-significazione di esperienze autobiografiche e collettive.

Tra i progetti presentati al PAV, lo studio etnografico dei sistemi magico-protettivi che caratterizzano l’ecologia storico-culturale di Norcia è il soggetto di In Acqua e terra la mano di Chiara Antonelli. Una performance nella quale sei abitanti del paese umbro, epicentro del sisma del 30 ottobre 2016, recuperano da un’ecologia della memoria locale l’antica ritualità dell’”acqua panata” per riattivare nel presente un conforto alla paura legata al trauma vissuto durante il sisma. Le sculture di Traian Cherecheș ri-significano esperienze autobiografiche attraverso elementi residuali della sua infanzia vissuta in Romania, rimodulando ricordi e elementi fisici attraverso l'assemblamento di materiali organici e inorganici, come in New Skin as sister-nature, dove una pelle artificiale dissimula la decomposizione della materia biologica che è sottostante alla superficie. Nell'installazione Il fungo delle Alpi Davide Barberi traduce in una forma fisica e tangibile l’esperienza di attraversamento e contemplazione di un vasto paesaggio alpino. Il tentativo è quello di rappresentare e controllare, attraverso dispositivi tecnologici, un territorio altrimenti ingovernabile, rievocando lo stordimento abitato dal suo corpo durante questo attraversamento. Chiara Scodeller presenta Erbario di genere - I fiori ermafroditi come concetto di genere nell’antropocene, un manuale nel quale sono raccolte 40 illustrazioni botaniche di fiori ermafroditi messe in relazione a uno slideshow che rimodula le vignette dei Gay Flowers realizzate da Stefania Sala per la rivista Fuori! - Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano. Infine, il progetto di Alessandro Cavallini Il parlamento delle cose dà vita a un manifesto per la rappresentanza degli assenti nel quale ecologie subordinate dialogano tra loro. Un grido d’urgenza che passando dall’antropologia visuale all’etnomusicologia, fonde un’estetica organica con quella tecnologica.

Da qui il titolo della mostra Il parlamento delle cose, un diretto riferimento al programma di ecologia politica sviluppato dal filosofo e antropologo Bruno Latour che, rifiutando la fermezza dell’uomo moderno nel non riconoscere i diritti, l’autonomia e l’agency delle cose, suggerisce la creazione di un “parlamento delle cose”, volto a estendere la democrazia e i diritti di rappresentanza non solo all’umano ma anche e soprattutto al non-umano.

 



art week

Rachel Feinstein, Ballerina, 2018

 

Museo Novecento è lieto di annunciare Rachel Feinstein in Florence

Una serie di opere esposte in alcuni dei luoghi simbolo della città.

Museo Novecento dal 9.06 fino al 18.09 è lieto di annunciare Rachel Feinstein in Florence, una mostra monografica di Rachel Feinstein (Fort Defiance, Arizona, 1971) che presenta una serie di opere esposte per la prima a Firenze in alcuni dei luoghi simbolo della città: Museo Stefano Bardini, Palazzo Medici Riccardi e Museo Marino Marini (dal 9 giugno al 18 settembre 2023). La mostra, a cura di Sergio Risaliti e Stefania Rispoli, è la prima monografica dedicata all'artista americana all'interno di istituzioni museali italiane. Rachel Feinstein (Fort Defiance, Arizona, 1971) è tra le artiste contemporanee più interessanti del panorama internazionale. I suoi lavori, che spaziano dalla scultura alla pittura, hanno una dimensione onirica che trae ispirazione tanto dall'arte classica e dalla pittura rinascimentale quanto dalle favole moderne e dai cartoons. La mostra intende mettere in dialogo le opere realizzate dall'artista americana con le collezioni del Museo Stefano Bardini, di Palazzo Medici Riccardi e del Museo Marino Marini. Verranno quindi presentate una serie di opere pittoriche e scultoree, alcune di esse di nuova produzione, che guardano alla tradizione gotica e rinascimentale, a quella fiorentina e nordica e traggono ispirazione dalle collezioni dei tre musei, giocando sul confronto generoso e aperto con capolavori dei maestri del passato da Donatello a Michelozzo, fino alle sculture di Marino Marini.