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Hey, Mr. Mario Vespasiani al Macro di Roma

Una pubblicazione che pone in evidenza una caratteristica principale del protagonista, la completa fusione tra vita e opere, sottolineando l'aspetto vitale e coraggioso di un'arte che va oltre il confine del quadro per diventare stile, comportamento, educazione.

Il Museo Macro di Roma sabato 18 maggio alle ore 16,00 si prepara ad accogliere l'artista Mario Vespasiani, in occasione della presentazione del recente libro intitolato Hey, Mr. Mario Vespasiani, un volume molto atteso, sorprendente quanto originale. Una pubblicazione che pone in evidenza una caratteristica principale del protagonista, la completa fusione tra vita e opere, sottolineando l'aspetto vitale e coraggioso di un'arte che va oltre il confine del quadro per diventare stile, comportamento, educazione. A cura del critico Gianluca Marziani, altra eccellenza del panorama culturale - che conosce Vespasiani fin dalla sua prima personale e con il quale ha condiviso con ritmo constante mostre, installazioni e cataloghi - la presentazione del volume si pone come un'opportunità per approfondire il pensiero dell'autore, per cogliere in viva voce quella passione che lo guida fin dall'Istituto d'Arte, dove ha incontrato la sua musa Mara -  "regista" della pubblicazione - e con la quale forma una delle coppie più incredibili dell'arte italiana.

Scrive Gian Ruggero Manzoni, finalista al premio Strega 2019: Innegabilmente è sempre piacevole ricevere i libri-cataloghi dell’amico Mario Vespasiani e, in essi, oltre alle opere, scoprire gli scatti fotografici che lo immortalano da solo o assieme alla sua splendida musa-moglie Mara. Mario Vespasiani è un artista che oltrepassa le più comuni classificazioni e che si muove su più versanti, con una vitalità invidiabile. Nato in quel golfo di Venezia i cui toni di colore arrivano fino alle Marche, al compimento dei quarant’anni e dei venti di attività si svela in questo libro che rispecchia il suo essere, tra leggerezza e profondità, semplicità della parola e potenza del messaggio. “Hey, Mr. Mario Vespasiani” è il titolo che proprio Mara ha scelto per la pubblicazione, cioè il richiamando-saluto dei tanti amici stranieri dell’artista, e sempre Mara ha imposto il ritmo delle pagine come una sorta di narrazione cinematografica che ferma, oltre alle opere del marito, anche momenti privati, inaugurazioni, allestimenti, alternando le immagini con frasi e considerazioni di Mario. Così Mara ha scritto del libro: “Il risultato è quello di un manuale di volo, con flashback avanti e indietro, sul questo ventennio di carriera di un artista che ha saputo fondare regole proprie, in uno spazio mobile ma ben definito, dove l’etica corrisponde all’estetica, la luminosità delle opere alla brillantezza dei suoi occhi”. Finora quaranta, tra libri e cataloghi personali, hanno immortalato la ricerca di Vespasiani e questo volume sembra essere un segnale di come lui voglia porsi, anche fisicamente, sottolineando la sparizione del confine tra arte e vita e attualizzando il senso del sacro in ogni tema trattato come in ogni giorno speso in studio, indifferente se la nostra società ha puntato invece a desacralizzare anche quelli che venivano considerati, da sempre, dei valori indiscutibili. Il volume si apre con la personale “Cosmogonia”, un’inaspettata e minuziosa descrizione degli elementi di cui è composta la sua ricerca, elencando sia quelli visibili che quelli invisibili di cui si nutre. Un grazie quindi a Mario, ma, soprattutto, a Mara, per come lo ha celebrato con amore e dedizione.

Presentazione del libro Hey, Mr. Mario Vespasiani, a cura di Gianluca Marziani - Sabato 18 maggio 2019 - ore 16,00

Macro Asilo Museo d'Arte Contemporanea di Roma - Via Nizza 138 Roma

 

 

In Dante Veritas Vasily Klyukin Venezia

 

 "In Dante Veritas" all'Arsenale di Venezia

Un'opera senza tempo come la Divina Commedia di Dante la fonte di ispirazione della mostra con il patrocinio del Museo di Stato Russo di San Pietroburgo e del Comune di Venezia. 

È un'opera senza tempo come la Divina Commedia di Dante la fonte di ispirazione della mostra "In Dante Veritas", all'Arsenale di Venezia fino al 26 novembre 2019 dove ha inaugurato lo scorso 7 maggio, organizzata con il patrocinio del Museo di Stato Russo di San Pietroburgo e del Comune di Venezia. Più che una semplice mostra, si tratta di una vera e propria esperienza, come la definisce lo stesso artista, Vasily Klyukin (Mosca, 1976), che da alcuni anni vive a Montecarlo dedicandosi all'arte nelle sue diverse espressioni - scultura, design, scrittura. Più precisamente, è un'esperienza dell'inferno quella che Klyukin intende far vivere a chi si addentra nello spazio maestoso e carico di suggestione della Tesa 94 dell'Arsenale di Venezia, con i suoi oltre 900 mq si superficie espositiva.

L'inferno di Dante appunto, con i suoi nove cerchi, gironi e bolge che Klyukin reinterpreta in una forma originalissima e assolutamente nuova: "una rivisitazione della Commedia che si avvicina non solo alla scultura, ma anche alla performance e all'installazione, dando l'impressione di essere immersi in una pièce teatrale fortemente scenografica e incredibilmente coinvolgente" - afferma la curatrice della mostra Paola Gribaudo. In Dante Veritas potrebbe essere definita un'opera teatrale in 3 atti, un viaggio dentro di sé che prende il via nel Bacino dell'Arsenale con la scultura di 10 metri dal titolo Why People Can't Fly, per poi snodarsi lungo il Tunnel dell'Apocalisse e attraversare l'Inferno vero e proprio, concludendosi nell'ultima stanza, la più significativa, la Sala del Tradimento.

Questo "inferno" è popolato non più dai personaggi danteschi, ma da 22 rappresentazioni scultoree dei vizi umani e della loro punizione nell'aldilà: Gola, Lussuria, Blasfemia, Ipocrisia, Corruzione... A vegliare sulle porte infernali, Beatrice e il suo alter-ego in forma di tigre, a simboleggiare il suo coraggio nel sostenere il sommo poeta - e noi - nel viaggio attraverso gli inferi. All'inferno siamo condotti dal Tunnel dove i 4 Cavalieri dell'Apocalisse svettano imponenti nei loro 3,5 metri di altezza. Interessanti sono i nomi che Vasily Klyukin dà a questi cavalieri: al posto dei nomi biblici (Morte, Pestilenza, Guerra e Carestia), troviamo nuovi nomi che riecheggiano i mali del nostro tempo: Disinformazione, Sovraffollamento, Sfruttamento delle Risorse e Inquinamento - la conseguenza dei nostri peccati e ciò che, senza ravvedimento, porta all'inferno.

Proprio l'inquinamento ha un posto speciale nelle intenzioni dell'artista: se l'uomo non prende consapevolezza e non cambia il suo comportamento, assumendosi responsabilità verso l'ambiente, siamo destinati alla morte, all'Apocalisse che si avvicina. Ma Klyukin va oltre: nella scultura-installazione Why People Can't Fly ("Perché le persone non possono volare") che incontriamo nel Bacino dell'Arsenale, l'inquinamento è raffigurato come il nuovo peccato, che va ad affiancarsi ai 7 peccati capitali, ciò che in ultima analisi trattiene l'uomo a terra, impedendogli di volare: una presa di coscienza morale è quello a cui l'artista ci chiama. E il forte intento introspettivo, di invito alla riflessione, immergendosi nei propri pensieri e nella propria anima, è chiaro fin dall'ingresso in mostra: ogni visitatore è invitato a un percorso individuale, confrontandosi personalmente con ogni opera e lasciandosi interrogare e provocare da essa, con l'aiuto di un'audioguida in poesia scritta dallo stesso Klyukin - originariamente in russo, e poi tradotta in altre 11 lingue mantenendo intatta la rima, che è una parte imprescindibile dell'esperienza.

Tutte le sculture sono realizzate interamente in acciaio, attraverso una speciale tecnica definita "live sculpture" (letteralmente "scultura viva"), frutto dell'esperienza ingegneristica dell'autore, e basate su calcoli precisi: le lastre d'acciaio incastrate tra loro senza elementi di fissaggio, creano tridimensionalità mantenendo al contempo flessibilità e creando molteplici prospettive, ricordando così le pagine di un libro aperto da sfogliare. Sono state tutte create in meno di un anno, in un momento di grande ispirazione, nel corso del 2018. Alle sculture si affiancano lightboxes - raffiguranti i guardiani dei cerchi infernali - un sottofondo sonoro, luci e un'atmosfera fumosa, oltre alla voce narrante in poesia e all'installazione interattiva Betrayal (Tradimento), in un percorso composto da oltre 100 elementi multimediali: più di una mostra, un'esperienza immersiva in cui ognuno è invitato a confrontarsi con il proprio male - "Occorre visualizzare il nemico per poterlo combattere", afferma Klyukin - quel male che, intessuto al bene, è parte di ogni uomo e in cui ognuno può riconoscere se stesso in diversi momenti della sua vita ed esperienza quotidiana.

L'intento è quello di riflettere, indagare nelle pieghe della propria anima, e poter poi agire, contrastare il male, e infine cambiare. Cambiare noi stessi e il mondo che ci circonda. "Ogni persona che visita questa mostra uscirà diversa da come è entrata" dice Klyukin, in quello che in ultima analisi è un messaggio di profonda speranza: lo capiamo nell'ultima e forse più importante parte del percorso, la Sala del Tradimento: qui ognuno è invitato a scrivere sulle pareti le iniziali o il nome di una persona - ma anche di un'organizzazione, di un'azienda, eccetera - che nel corso della sua vita lo ha tradito, lasciando aperto uno spiraglio al perdono.

Scrivere il nome di qualcuno non significa necessariamente condannarlo, ma prendere la decisione di perdonarlo, o, addirittura, quello che può uscire dalla nostra penna è il nome di qualcuno che noi stessi abbiamo tradito, e da cui vorremmo essere perdonati. Una mostra drammatica, un viaggio che è prima di tutto un viaggio interiore, un dialogo con se stessi, un percorso di riflessione da cui possiamo uscire cambiati, rivolti verso il bene come frutto di una decisione consapevole, fatti come siamo di luce e oscurità. Un percorso che sembra lasciarci una domanda che l'artista ha posto prima di tutto a sé e che ora pone a noi come provocazione: "Dove stai andando? Sei pronto a cambiare?".

Prima di essere esposta a Venezia, In Dante Veritas si è svolta con largo successo di pubblico e critica al Museo di Stato di San Pietroburgo, diventando la mostra più visitata in città, con un afflusso di oltre 200mila visitatori in soli 3 mesi. Inaugurata lo scorso 7 maggio all'Arsenale di Venezia, la mostra è aperta al pubblico fino al 26 novembre, per tutta la durata della Biennale Arte. È accompagnata da un importante catalogo edito da Skira.


VASILY KLYUKIN
Nato a Mosca nel 1976, Vasily Klyukin, dopo studi nel campo della finanza e una brillante carriera negli affari come fondatore di una banca e di un fondo immobiliare, si trasferisce a Montecarlo nel 2011 per dedicarsi completamente all'arte nelle sue diverse forme: architettura, scultura, design e scrittura. Raggiunge la notorietà con il volume "Designing Legends" del 2013 (Skira), dove pubblica una raccolta dei suoi concept architettonici più visionari, suscitando reazioni controverse ma anche grande ispirazione tra bambini e ragazzi, che sfogliando quelle pagine decidono di dedicarsi all'architettura. Dal suo interesse originario per l'architettura, Klyukin, riducendo la scala delle sue opere si volge poi alla scultura - che mostra un forte gusto per il design - inventando nel 2016 la tecnica detta "live sculpture", creando sculture composte da lastre d'acciaio incastrate tra loro, conferendo all'opera la mobilità delle pagine di un libro. Nel 2017 la sua statuetta della "Golden Madonina" realizzata con questa tecnica è il premio ufficiale Design Prize per la Milano Design Week. Nel 2016 pubblica il romanzo fantascientifico "Collective Mind", al cui seguito sta attualmente lavorando. Tra i diversi enti, Klyukin sostiene amfAR, la fondazione di Elton John per la ricerca sull'AIDS, e le sue opere si trovano spesso ad importanti aste di beneficienza. Tra i suoi collezionisti ricordiamo Alberto II, Principe di Monaco, Charles Saatchi, Sir Leonard Blavatnik, Eva Longoria e Leonardo di Caprio.

 

 

 

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Annapaola Negri-Clementi é l'avvocato dell'anno nel settore diritto dell'arte 2019

 Annapaola Negri-Clementi è stata premiata alla quattordicesima edizione dei IP&TMT Awards organizzata da Legalcommunity,

Lunedì 13 maggio 2019, alla quattordicesima edizione dei IP&TMT Awards organizzata da Legalcommunity, Annapaola Negri-Clementi, managing partner di Negri-Clementi Studio Legale Associato, è stata premiata come Avvocato dell’Anno Arte 2019.

L’avv. Annapaola Negri-Clementi si è distinta nella rosa dei cinque finalisti con “voto plebiscitario”. Come sottolineano le motivazioni del premio, conferito da una selezionata giuria di esperti in materia, “l’avvocato in questo ambito non ha rivali. La sua assistenza è approfondita e completa e riceve sempre il plauso del mercato per l’impegno instancabile e la sua sterminata esperienza.” Annapaola Negri-Clementi è socio fondatore e managing partner dell’omonimo studio, il cui motto è “Appassionati d’arte, esperti di diritto”. Negri-Clementi è infatti una boutique legale tra le prime in Italia a credere nelle potenzialità e nell’importanza di questa (nuova) practice che interessa un numero sempre crescente di soggetti.

La premiazione si è svolta a Milano, allo Spirit de Milan, davanti a oltre 550 professionisti IP & TMT per festeggiare le eccellenze del settore. A invitare sul palco e premiare l’avv. Negri-Clementi è stata la Coordinatrice Artistica Giuliana Picarelli.

“Sono onorata di ricevere questo importante riconoscimento nel settore dell’Arte che condivido con tutto lo Studio. Il mio merito e talento più grande è quello di dirigere, credere e promuovere un Team che si distingue per competenza e professionalità e che è senza dubbio il migliore in questo campo”, ha commentato Annapaola Negri-Clementi.

Negri-Clementi Studio Legale Associato, inoltre, è stato selezionato tra i cinque finalisti del premio Studio dell’Anno Arte, di cui detiene il premio per la scorsa edizione, e un suo partner, l’avv. Gilberto Cavagna di Gualdana, è stato riconosciuto tra i cinque finalisti nella categoria di Avvocato dell’Anno Diritto d’Autore.

NEGRI CLEMENTI STUDIO LEGALE ASSOCIATO

Negri-Clementi Studio Legale Associato è uno «studio-boutique» con sedi a Milano, Brescia, Verona e Vicenza. Lo Studio offre un servizio integrato di assistenza e consulenza nell’ambito del diritto d’impresa: diritto societario e M&A; contenzioso e arbitrati; diritto immobiliare; proprietà intellettuale; diritto del lavoro; diritto penale d’impresa sicurezza e ambiente; e diritto dell’arte. Oltre il diritto dell’arte, Negri-Clementi Studio Legale fornisce un servizio completo di assistenza e consulenza specializzato nel settore dell’arte, orientando la propria clientela nei mercati dell’arte antica, moderna e contemporanea. Il servizio di art advisory è gestito da un dipartimento interno con competenze artistiche ed economiche specifiche che si distingue per talento, assicurando un servizio di consulenza altamente qualificato. Grazie ad una pluriennale esperienza nel settore dell’arte, lo Studio vanta collaborazioni con un network di partners che si distingue per talento e professionalità, garantendo così una copertura a 360° dell’intero settore. 

 

 

 

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"Dalla Potenza all'Essenza. From A to Be": un evento speciale con le opere di Giorgio Bevignani, le composizioni di Luigi Bellino

L’evento si configura come un dialogo che unisce le varie forme di arte: l’arte contemporanea si collega così alle musiche contemporanee e allo spazio industriale circostante, pronto ad accogliere la nascita di un concetto, di un Essenza.

Il 10 maggio 2019 alle ore 21.00, Augusta 1966 promuove presso i suoi spazi a Castel San Pietro Terme (BO) un evento speciale “Dalla potenza all’essenza. From A to Be” che vedrà l’esposizione delle opere site-specific dell’artista Giorgio Bevignani, a cura di Silvia Grandi e Jannik Pra Levis, con interventi musicali del pianista Luigi Bellino.

Nel corso della serata sarà presentata la nuova ed esclusiva BMW X7, in collaborazione con TURBOSPORT e Augusta 1966: il nuovo modello di lusso BMW è una fusione elegante di look e personalità con un design essenziale e raffinato che sarà accompagnata dalla presenza di altre autovetture sportive.

L’evento si configura in maniera speciale come un dialogo che unisce le varie forme di arte: l’arte contemporanea si collega così alle musiche contemporanee e allo spazio industriale circostante, pronto ad accogliere la nascita di un concetto, di un Essenza. L’intera serata è ideata e promossa da Augusta 1966, carrozzeria storica dell’hinterland bolognese, crocevia tecnico e culturale e testimone dell’evoluzione dell’auto dagli anni ’60, che ha scelto di essere parte attiva e testimone di una fusione tangibile con l’arte in un passaggio tra auto e opere. Il ricavato della serata sarà devoluto in beneficenza a favore della Clinica Pediatrica Gozzadini dell’Ospedale Sant’Orsola di Bologna.

Nelle sale di Augusta 1966 trovano spazio le opere immaginifiche e fluttuanti di Giorgio Bevignani che ha scelto di presentare per l’occasione alcuni dei suoi lavori inediti. Sarà possibile, infatti, ammirare tre Trittici prodotti negli anni ’90 e mai esposti fino ad ora e un’opera nuova creata ad hoc per l’evento dal titolo “Kinyubi” ossia “Venerdì” in giapponese. Per la tradizione nipponica ogni giorno della settimana sta a rappresentare un elemento della materia e in questo caso il Venerdì è l’oro, sostanza al quale l’opera richiama.

I lavori dell’artista non saranno presentati come opere singole ma bensì come insieme di opere: saranno presenti il “Grande Muro Blu” del 1989, prima installazione di Bevignani prodotta in concomitanza con la caduta del muro di Berlino; il suddetto trittico “Kinyoubi”; alcuni lavori della serie “Al-gher”, della serie “Silenzio Nudo” e dell’opera “Extra Liz”; quattro opere provenienti dalla serie “Iridi”.

Al centro lo spazio è interrotto dalle due grandi reti, note opere dell’artista, “I’m Ready to Live” e “Soul of the Dawn”, accostate in parallelo come un muro ortogonale alto otto metri, il quale evoca il passaggio di Mosè tra le acque del Mar Rosso nella fuga dall’Egitto, archetipo del viaggio (From A to Be). Le due immense e affascinanti reti velano e svelano al contempo l’ultima automobile presente, l’elegante BMW X7.

Tra le opere esposte di Giorgio Bevignani sarà possibile ammirare EosEco, una grande scultura sferoidale incentrata sul tema della luce che riprende le fila della sperimentazione sui materiali, diventata ormai cifra stilistica di Bevignani. Partendo dalla riflessione del libro Breve Riflessione del Verbo Essere di Andrea Moro che afferma che “la luce da sola non si vede così come la materia non si vede senza luce”, l’artista si è chiesto se fosse possibile nell’incontro di questi due fenomeni fisici aggiungere un altro elemento per sua stessa definizione immateriale: il suono. EosEco è nata così, dal desiderio di dar forma a due fenomeni naturali/fisici in un unicum inscindibile. Se in un’occasione precedente l’opera era stata accompagnata dai suoni e dai rumori registrati nelle fasi della sua realizzazione, poi manipolati da due musicisti, per questo evento la sfera si presta a essere animata e fatta vibrare, sospesa su un pianoforte a coda, dall’improvvisazione musicale del maestro Luigi Bellino. L’incontro con la composizione musicale ricca di luci e ombre, di momenti empatici e suggestivi, di melodie e contrappunti virtuosistici crea l’illusione di poter visualizzare quel suono che supponiamo possa esistere nella luce e che si irradia dal movimento della sfera stessa nell’ambiente. 

Alcune delle composizioni del pianista Luigi Bellino, grande talento del panorama nazionale della musica, sono state scritte ad hoc per l’occasione, ispirandosi e legandosi in una straordinaria sinergia creativa alle opere di Bevignani. La musica di Bellino si sposa, quindi, all’arte di Bevignani in modo da plasmare e formare un’intensa armonia e un unico linguaggio comune di forte impatto.

Bevignani non si limita a fornire la forma “perfetta” dell’idea che sottende all’opera d’arte, ma offre allo spettatore la visione di uno stato pregresso dell’arte. Con la sospensione, l’impacchettamento, l’attesa del momento scatenante, l’artista ci accompagna in quel luogo che connette potenzialità ed essenza, portandoci nel centro nevralgico della creazione. Anche nelle sue forme più compiute, l’opera di Bevignani pulsa di un’aura vitale pronta ad esplodere in tutta la sua potenza.

Per partecipare all’evento è indispensabile registrarsi a questo indirizzo inserendo i dati di tutti gli ospiti che interverranno: www.carrozzeriaugusta.it/eventi

INFO UTILI

TITOLO: Dalla Potenza all’Essenza. From A to Be

DOVE: Augusta 1966, Via Maestri del Lavoro 180, Castel San Pietro Terme (BO)

QUANDO: 10 maggio 2019, ore 21

CON: Le opere di Giorgio Bevignani, a cura di Silvia Grandi e Jannik Pra Levis, e le composizioni del pianista Luigi Bellino. 

Presentazione della nuova BMW X7 in collaborazione con TURBOSPORT e Augusta 1966

INGRESSO: 5 euro

Il ricavato della serata sarà devoluto in beneficenza a favore della Clinica Pediatrica Gozzadini dell’Ospedale Sant’Orsola di Bologna

Per partecipare all’evento è indispensabile registrarsi a questo

indirizzo inserendo i dati di tutti gli ospiti che interverranno: www.carrozzeriaugusta.it/eventi

 

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Al Rivellino LDV di Locarno - Il Giorno di Leonardo, 2 maggio 1519 - 2 maggio 2019

Il 2 maggio 2019, una giornata dedicata a Leonardo per celebrarlo nell'anno in cui ricorrono 500 anni dalla sua scomparsa. Locarno ricorda il personaggio legato al Canton Ticino per il Rivellino, il bastione cinquecentesco del castello Visconteo di Locarno, costruito il 17 luglio 1507.

Una giornata dedicata a Leonardo per celebrare Leonardo da Vinci, nell'anno in cui ricorrono 500 anni dalla sua scomparsa ad Amboise nel 1519.

Il 2 maggio 2019 Locarno ricorda Leonardo da Vinci, scienziato, filosofo, artista, maestro d’acqua, esperto di cucina, uomo di tutto il mondo, legato al Canton Ticino per il Rivellino, il bastione cinquecentesco del castello Visconteo di Locarno, costruito il 17 luglio 1507.

Per festeggiare questo 500 anniversario al Rivellino LDV di Locarno sono presentate opere di diversi artisti con accompagnamento musicale dei musicisti Pietro Bianchi e Roberto Maggini, in modo scoppiettante, con una torta, dei maestri pasticcieri Marnin, come merita una festa, il tutto per sottolineare l’universalità del genio di Leonardo.

Al Centro culturale il Rivellino LDV il 2 maggio 2019, dalle ore 18:00, presentazione di Arminio Sciolli, direttore del Centro culturale il Rivellino LDV di Locarno.  Per l’occasione saranno inaugurate tre diverse esposizioni di opere realizzate da tre artisti che si sono ispirati al genio di Leonardo: Alberto di Fabio: "Quanti". Doncho Donchev: "Codex Metamorphoses". Luca Ferrario: "Sacred Pavilion".

Durante la serata si esibiranno altri artisti, spaziando dalla pittura, al teatro, fino alla musica: Un “Omaggio a Leonardo” del musicista Pietro Bianchi (con uno strumento di sua costruzione), accompagnato da Roberto Maggini. Per finire la torta d’artista “Leonardo 500”, preparata dai maestri pasticcieri Marnin di Locarno.

Le caratteristiche del baluardo suggeriscono allo storico Marino Viganò (Marino Viganò, “Leonardo a Locarno”, Ed. Casagrande, Bellinzona 2009) due possibilità quanto al periodo di realizzazione: l’occupazione francese del Locarnese, dal 1499 al 1513, o la sovranità svizzera tra il 1513 e il 1532 (data di demolizione del castello, alla quale è registrata l’esistenza del “Rafellin”). Gli archivi danno conferma che si tratta del primo periodo. “Dai radi documenti della Superiorità svizzera – commenta lo storico – si viene a sapere che l’opera è costruita sotto l’occupazione francese, quindi fra il 1499 e il 1513”. L’ordine di fortificare Locarno risulta dato dal “grand maître” a Milano, titolo della corte di Francia portato da Charles II d’Amboise dal 1502 al 1511, data della sua morte. Ecco dunque che il periodo in cui collocare il Rivellino si fa più preciso. Altri documenti provano inoltre che tutto il ducato di Milano è munito di bastioni con modalità simili e in uno stesso anno: il 1507. E tutte le fortificazioni sono ordinate dal d’Amboise. “Il caso di Locarno – precisa lo storico Marino Viganò – si situa dunque in un processo di fortificazione generale”. “All’epoca – puntualizza lo storico - Locarno è forse la piazzaforte più esposta, per cui il d’Amboise deve suggerire una protezione più efficace rispetto al resto dello stato quando, fra il 6 e il 22 luglio 1507, si reca di persona - dicono le cronache - verso Bellinzona e Como a provvedere fortificazioni”.


 

 

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 PH Mariano Bocanegra

 

  

Mariana Telleria artista alla 58. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia con “Il Nome di un Paese” (El nombre de un país)

Marianna Telleria vincitrice del concorso per rappresentare l’Argentina alla 58. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, accompagnata dalla curatela di Florencia Battiti.

Con il suo progetto "Il nome di un paese", Mariana Telleria, l’artista originaria di Santa Fe, ha vinto il concorso aperto per rappresentare l’Argentina alla 58. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, accompagnata dalla curatela di Florencia Battiti, storica dell’arte e docente.

Per la prima volta nella storia degli invii nazionali, il Ministero degli Esteri argentino, attraverso la Direzione per gli Affari Culturali, ha reso pubblico un bando di concorso di notevole carattere federale, ricevendo 68 ante progetti di artisti argentini provenienti da diverse aree del paese.

El nombre de un país (“Il nome di un Paese”) condensa i sedimenti del mondo operativo e concettuale di Mariana Telleria. Il progetto si avvale di sette sculture monumentali che, come una sorta di bestiario punk frankensteiniano, si presenta come il supporto per intuitive trasformazioni sulle cose, come un archivio di sensi sconsacrati, dove l’iconografia religiosa condivide con gli oggetti prodotti dalla cultura popolare, la moda, la spazzatura, lo spettacolo e la natura, una stessa gerarchia orizzontale.

“In queste sculture ho evidenziato il mio interesse a lavorare partendo dalla forma delle singole cose, mettendo in risalto, in qualche modo, il concetto che l’unico elemento naturale è in realtà la convivenza caotica tra oggetti vivi e oggetti inerti, tra cultura e natura, tra ordine e distruzione. Ogni cosa ha una sua anima, la sua impronta formale e la sua storia materiale. C’è tragedia in tutto, ma in tutto c’è anche qualcosa di vivo, segnala l’artista.

Così, con le parole della curatrice, “quando le opere di Telleria mettono le cose (e i loro immaginari) in relazione ad altre cose (e con altri immaginari), esse tracciano collegamenti insospettabili tra i diversi significanti della nostra cultura (l’aspetto sacro, domestico, urbano, naturale) accendendo per attrito, per contatto, nuove scintille di significazione”.

 

ProcessoDiOpera.IlNomeDiUnPaese

Processo di Opera. Il Nome di un Paese

 

Mariana Telleria è nata a Rufino, provincia di Santa Fe il 19 ottobre 1979. Nel 1998 si trasferisce a Rosario per studiare Belle Arti presso l’Università Nazionale di Rosario (UNR). Ha realizzato progetti specifici, installazioni, mostre individuali e collettive in diverse città e istituzioni private e pubbliche in Argentina e all’estero, tra cui: Ficción primitiva (“Finzione primitiva”, galleria Ruth Benzacar, Buenos Aires (2018); Dios es inmigrante (“Dio è immigrato”, Bienalsur, Museo dell’Immigrazione, Buenos Aires, (2017); Repetition (“Ripetizione”), Fondazione Boghossian, Bruxelles (2016), Tumba del soldado desconocido (“Tomba del milite ignoto”), Università Nazionale di La Plata, Buenos Aires (2015), Las noches de los días (“La notte dei giorni”), Museo Municipale di Belle Arti Juan B. Castagnino, Rosario (2014), Some artists’ artists , Marian Goodman Gallery, New York (2013), Queremos ver (“Vogliamo vedere”), Spazio Contemporaneo Fondazione Proa, Buenos Aires, 2013), El primer momento de la existencia de algo (“Il primo momento dell’esistenza di qualcosa”, Stadio River Plate. Saggio di Situazione II, organizzato dal Dipartimento di Arte della UTDT, Buenos Aires, (2013), Los ángeles (“Gli angeli”), Galleria Ruth Benzacar, Buenos Aires (2013), The Ungovernables, New Museum Triennial, New York (2012), Mortal Kombat, Museo d’Arte Moderna, Buenos Aires (2011), El nombre de un país (“Il nome di un Paese”), Galleria Alberto Sendrós (2009). Vive e lavora a Rosario, Argentina.

Florencia Battiti, nata a Buenos Aires il 18 agosto 1965. Ė curatrice, critica d’arte e docente d’arte argentina e latinoamericana. Dal 2000 svolge funzioni di Capo Curatrice del Parco della Memoria, un ambiente consacrato al ricordo dei desaparecidos, dove si occupa del Programma d’Arte Pubblica e della curatela della sala di esposizioni nella quale si sono tenute le prime mostre di Bill Viola, Alfredo Jaar e Anish Kapoor in Argentina. Ė Professoressa del Master in Curatela dell’Università di Tres de Febrero (UNTREF) e del Dipartimento d’Arte dell’Università Torcuato Di Tella (UTDT). Il suo campo di studio è incentrato sull’arte argentina e latinoamericana dei secoli XX e XXI, con particolare enfasi nelle articolazioni tra pratiche artistiche, pratiche politiche, memorie e diritti umani. Nel 2016 ha conseguito il Premio Radio France Internationale e Radio Cultura per la Promozione delle Arti-Categoria Gestione Pubblica/Istituzioni per il Programma Curatoriale del Parco della Memoria. Attualmente è Vice Presidentessa dell’Associazione Argentina e Internazionale dei Critici d’Arte e forma parte del comitato curatoriale di BIENALSUR, Biennale d’Arte Contemporanea di America Latina promossa dall’Università Nazionale di Tres de Febrero. Vive e lavora a Buenos Aires, Argentina.

L'esposizione si avvale del sostegno del Ministero degli Affari Esteri e Culto della Repubblica Argentina.

Apertura: Mercoledì 8 maggio, ore 16:00, Padiglione dell’Argentina, Sale d’Armi, Arsenale.

Tomás Ferrari, Ambasciatore argentino in Italia e Sergio Baur, Direttore Nazionale delle Attività Culturali apriranno l'esposizione in presenza del curatore e dell'artista.